Meir Shalev nella Casa delle donne

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è un romanzo in bilico tra narrazione e introspezione, un libro sensibile che racconta con ironia la storia dell’unico maschio di una famiglia ad avere raggiunto i cinquantadue anni. Rafael sorveglia la preziosa rete di canali di irrigazione nel deserto del Negev. Sentendo vicina la fine immagina di narrare alla sorella la sua storia. E stato cresciuto all’ombra di cinque donne, la mamma, la nonna, due zie e la sorella che diventano la grande madre. Una storia non autobiografica che racconta con molta dolcezza, nostalgia ed ironia la crescita di questo ragazzino in balia dell’amore e delle nevrosi di cinque donne.

Il Chilometro d’oro

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si possono trovare musulmani, copti, turchi cattolici, ciprioti, italiani, inglesi, ebrei, francesi, marocchini, maltesi, polacchi, circassi, ortodossi, rumeni, russi, sudanesi,(…?) ” si chiede, all’inizio del libro, Clément Mosseri, il padre del protagonista.
In Egitto, nella prima metà del secolo scorso, è la risposta.

Il libro è il risultato di questo ambiente straordinario, colorato e cangiante come può esserlo un caleidoscopio che all’epoca vantava quarantaquattro comunità nazionali, cinquantacinque etnie e ventuno confessioni religiose.
Il protagonista, Mondo Mosseri, è un talianin, un italiano d’Egitto, che nasce nell’anno 1900.
Da subito le vicende della sua famiglia

Voci di muto amore

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dell’editore Giuntina si arricchisce di un nuovo titolo, portando così a nove i volumi pubblicati in questa collana che sta diventando uno specchio sempre più interessante della narrativa israeliana di questi anni. Molti scrittori sono stati pubblicati anche da altri editori, pensiamo solo a Yehoshua da Einaudi e Oz da Feltrinelli o a Sifra Horn da Fazi e Tammuz da EO e si potrebbe continuare. Tuttavia Giuntina è l’unica casa editrice ad aver dedicato espressamente una collana solo alla pubblicazione di narratori di Israele.
In realtà il libro di Kenaz non è una novità assoluta in Italia, poiché venne già pubblicato, con la stessa pregevole traduzione di Alessandro Guetta nel 1994 da Anabasi.

Lo stregone

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dalla scomparsa, il ricordo di Indro Montanelli (1909-2001) è tuttora assai vivo e le sue sarcastiche battute vengono spesso ripetute da commentatori politici di ogni tendenza. Ora due studiosi – Sandro Gerbi e Raffaele Liucci – pubblicano da Einaudi una rigorosa biografia dei primi cinquant’anni del celebre giornalista, basata sullo spoglio integrale dei suoi articoli e su inedite carte d’archivio. È da segnalare il capitolo intitolato “Il campo di concentramento”, dedicato agli interventi di Montanelli sulla «questione ebraica», dai tempi della guerra sino alla morte.

Pranzo di famiglia di Alessandra Farkas

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della giornalista Alessandra Farkas corrispondente del Corriere della Sera a New York è un libro intimista, profondo che ci porta in un viaggio parallelo, due strade dolorose ma anche piene di vita che finiscono per ricongiungersi grazie al filo della memoria. La prima è un ultimo pranzo di famiglia nel sud della Francia, un simbolico omaggio al padre malato.

Un esperimento fallito di apartheid sovietico

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il primo in Italia ad essere dedicato esclusivamente alla curiosa e singolare (anzi unica) esperienza della regione autonoma ebraica in URSS. Quindi colma una lacuna, anche se la prospettiva da cui muove l’autore è anch’essa, per molti versi, singolare.
È noto che nel marzo 1928 una risoluzione governativa sovietica stabilì un “Distretto nazionale” riservato all’insediamento ebraico in una regione dell’estremo oriente siberiano, alla confluenza di due fiumi: il Bira (un affluente del grande Amur) e il Bidzhan. Questa scelta avvenne dopo che un apposito comitato aveva esaminato la possibilità di creare un insediamento ebraico nel Caucaso.

Pro Judaeis

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all’inizio della sua introduzione, negli ultimi anni la considerazione storiografica di cui hanno beneficiato gli ebrei italiani “va a colmare, almeno in parte, le lacune di quella che soltanto una dozzina di anni fa appariva come una storia ancora da scrivere” (l’espressione è di David Bidussa). È un dato di fatto, uno dei modi in cui si è espressa la maggior attenzione al mondo ebraico nel corso almeno dell’ultimo decennio.
Tuttavia trovare un libro di ben 223 pagine che parli del filogiudaismo cattolico in un periodo in cui il cattolicesimo raggiunse, anche in Italia, punte elevatissime di antiebraismo, con il ritorno delle accuse e dei processi per omicidio rituale e una virulenza impressionante negli attacchi da parte della stampa e delle autorità cattolico-romane, è qualcosa che incuriosisce davvero. Che esista qualche nuova scoperta storica, qualche ritrovamento d’archivio, qualcosa insomma che possa modificare l’opinione corrente di un periodo in cui l’antiebraismo di matrice religiosa raggiunse punte probabilmente mai viste prima in Italia ?

Le metamorfosi di Israele

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è ben conosciuto dal pubblico italiano, sia ebraico che no, sia per la sua attività di diplomatico che per quella di scrittore di libri dallo stile sempre piacevole e accattivante. Chi ne legge gli articoli su quotidiani e riviste, anche nel caso in cui non condivida fino in fondo le tesi sostenute, non può non notare la lucidità con cui egli affronta i problemi della situazione di Israele e del Medio Oriente oggi e la capacità di porsi da punti di vista nuovi, mai banali o scontati. Tutte queste caratteristiche si ritrovano in questo libro estremamente aggiornato sulla situazione politica attuale di Israele; le ultime pagine giungono sino alla malattia di Ariel Sharon ed alla vittoria elettorale di Hamas.

La storia dell’amore

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per sopravvivere; vive alla giornata, emarginato in una città enorme come New York, legge i libri del figlio, che è un famoso scrittore (ma che non sa della sua esistenza), e ogni sera batte alcuni colpi sui tubi della caldaia di casa, per fare sapere al suo vicino che è ancora vivo.
Ma la sua vita non è sempre stata così. Quando era giovane, ebreo nella Polonia degli anni Trenta in cui era nato, Leo Gursky si era follemente innamorato di Alma e aveva scritto un libro in yiddish, La storia dell’amore, racconto di quel suo impossibile sentimento.

L’odio in rete

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in tutto il mondo, usano Internet. La maggioranza ne fa un uso positivo, altri, gruppi o persone protetti dalla libertà d’espressione garantita dalla legge, lo utilizzano invece per spandere odio e violenza in assoluta libertà soprattutto contro gli ebrei e i neri. La ricerca del sociologo della comunicazione Antonio Roversi parte dal desiderio di informarsi su quanto hanno da dire coloro che, per varie ragioni, ne fanno un uso negativo, ma non si esaurisce nell’arricchimento delle informazioni: serve infatti a riflettere sul fatto che dietro a questi siti non ci sono solo gruppi marginali, ma gruppi di militanti, movimenti reali che fanno dell’odio verso gli “altri”, dello scontro, del rifiuto del dialogo e della guerra la loro ragione d’essere.

Lechaim, a tutte le vite

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di origine algerina, S. insegna filosofia in un liceo della periferia parigina. Passa le sue serate a Belleville, nel caffè di un amico, a bere anisette, a mangiare olive e finocchi, a sentire il sapore della sua Algeria. Ama il surf, il mare, le onde e una bella donna, marocchina ed ebrea, che non desidera altro che un uomo ricco e di successo. Ai suoi studenti, quasi tutti di origine araba, S. parla della Repubblica e dei fondamenti della società francese.

Haim Baharier legge la Genesi

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Il pensatore Haim Baharier non fa l’unanimità: si è conquistato salda stima da parte di coloro che amano ascoltare le sue lezioni e le sue analisi bibliche, ma anche perplessità da parte di chi non si riconosce nella sua maniera di insegnare e di interpretare. Baharier è in ogni caso un ebreo milanese che gode ormai di una forte immagine pubblica. Appare sui giornali e riempie la grande sala del teatro Dal Verme