Se nelle manifestazioni antirazziste si attaccano sinagoghe, è ancora lontano il giorno in cui l’antisemitismo scomparirà

Taccuino

di Paolo Salom

[Voci dal lontano Occidente] Può essere davvero frustrante rendersi conto di come le dinamiche del mondo siano tendenzialmente sempre le stesse. Da millenni. Eppure noi viviamo nella costante speranza di un cambiamento.

Come ebrei, in particolare, sogniamo il giorno in cui l’antisemitismo sarà un sentimento dimenticato, o almeno tanto scorretto politicamente da affondare nel buio dell’indicibile. Un po’ come (giustamente) è accaduto al razzismo, all’oscena idea che gli esseri umani possano avere un valore diverso a seconda del colore della loro pelle. Temo che quel giorno sia ancora lontano, molto lontano. Immagino la reazione di molti di voi, cari lettori: pessimista! Prima o poi il mondo smetterà di guardarci con lo stesso testardo sospetto che persiste da secoli, e anche Israele sarà accettato nella sua legittimità come accade a tutte le nazioni… Anch’io nutro questa speranza. Ma nel frattempo provo a fare i conti con la realtà che ci circonda. Prendete la rivolta nata dalla terribile morte per soffocamento, durante un arresto, di un afroamericano a Minneapolis: gli Stati Uniti sono stati sconvolti per settimane da manifestazioni (per lo più pacifiche) ma anche da disordini e saccheggi. Non è un nostro problema? Tutt’altro: quasi immediatamente accanto agli slogan sul tema “Black Lives Matter”, sono comparse invettive contro gli ebrei, contro Israele, mentre numerose sinagoghe sono state vandalizzate. Non solo, le consuete teorie cospirazioniste hanno ripreso vigore, attribuendo agli ebrei la colpa di qualunque cosa: dall’addestramento dei poliziotti americani così cattivi con i neri al disastro economico portato dal coronavirus (invenzione nostra, ovviamente). I social si sono riempiti di video che inneggiavano alla distruzione di Israele, all’esilio degli ebrei (verso dove se lo Stato ebraico non deve esistere?), all’equazione francamente delirante “no al razzismo, no al sionismo”. Un mondo vicino all’impazzimento? Un mondo che gira come sempre, anche se noi tendiamo a recepirlo soltanto nei momenti di crisi. La dimostrazione? Pensate ai veri pericoli alla pace mondiale: l’Iran, per esempio, un Paese con ambizioni di dominio nell’area mediorientale tali da aver spinto molti Stati arabi ad avvicinarsi (discretamente) ad Israele. Ora, nell’estate che sta volgendo al suo termine, in questo difficile anno 5780 prossimo a concludersi, vari “incidenti” hanno colpito le installazioni che servono agli ayatollah per raggiungere il loro “sogno nucleare”, con il risultato di rallentare il conto alla rovescia verso la Bomba. Ogni volta che questo traguardo viene allontanato, la sicurezza di tutti ne trova giovamento. Non sappiamo chi sia il responsabile di queste giustissime azioni di guerra che hanno lo scopo di preservare la pace. Qualcuno dice che dietro ci sia Israele; gli Stati Uniti o le due nazioni insieme. In ogni caso, gli ebrei (come insieme, come popolo nella sua interezza) e lo Stato degli ebrei dovrebbero essere visti con simpatia crescente: per il loro coraggio, per la loro instancabile dedizione al benessere proprio e altrui. Invece leggiamo e ascoltiamo, nel lontano Occidente e altrove, le frasi più turpi, invettive che hanno raggiunto una simile virulenza soltanto negli anni del nazifascismo. Ed è per questo che siamo convinti della necessità di restare lucidi, uniti, capaci di contrastare i pericoli. Quando e se le cose cambieranno, potremo rilassarci. Shanà Tovà.