L’Onu e l’ammissione (tardiva) di Ban Ki Moon della politica anti-israeliana

Taccuino

di Paolo Salom

Quanto è interessante la politica nel lontano Occidente. Prendete l’Onu, un’istituzione di cui abbiamo, ahimè, dovuto parlare spesso: per la sua predisposizione ossessiva a condannare Israele sempre e comunque, ci sia o meno una ragione. E ignorare tutto il resto, come se non esistesse. Bene, la denuncia di questo atteggiamento squilibrato (negli ultimi anni sono state approvate 223 risoluzioni contro Israele, mentre, tanto per fare un esempio, soltanto otto hanno riguardato la Siria, regime che ha divorato i suoi stessi abitanti), non è mai stata considerata degna di pubblica considerazione: gli ambasciatori di Gerusalemme, l’ultimo è Danny Danon, hanno dedicato tempo ed energie per far emergere la verità. Inutilmente: il segretario generale Ban Ki-Moon sembrava non accorgersi di un’evidenza tanto plateale.

Almeno fino a quando non ha pronunciato il suo ultimo discorso, come rileva, per esempio il Jerusalem Post. Salutando l’Assemblea Generale prima della “pensione” – Ban lascia il posto al suo successore, il portoghese Guterres, alla fine dell’anno -, il segretario uscente ha finalmente detto quello che tutti gli individui dotati di capacità critica sapevano perfettamente: che l’Onu ha peccato di ossessione nei confronti di Israele, che la montagna di risoluzioni di condanna approvate “non hanno aiutato i palestinesi, al contrario hanno reso più complicata la situazione”.

Davvero? E perché non lo ha mai detto prima? Queste parole sì che avrebbero “semplificato la situazione” se pronunciate di fronte al consesso mondiale! Ma questa è la politica. Che nei Paesi liberali, come a livello della massima istituzione internazionale, si fa con i numeri. E i numeri servono per essere rieletti (e mantenuti al proprio posto). Considerato che le Nazioni Unite sono composte da una minoranza di Paesi democratici (e in qualche modo “amici” di Israele) e una maggioranza permanente di regimi autocratici o dittatoriali nemici giurati dello Stato ebraico, i giochi sono fatti. Sempre. L’ambasciatore Danon si augura che questo discorso sia il punto di partenza per un futuro più equilibrato sulla questione mediorientale. Permetteteci di essere scettici: come scriveva Manzoni, “il coraggio uno non se lo può dare”…