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Morto il regista ebreo Americano Stanley Donen, autore di “Cantando sotto la  pioggia”

di Roberto Zadik
È morto all’età di 94 anni per un infarto uno degli autori di riferimento, del musical e della commedia americana, il coreografo e regista ebreo americano Stanley Donen, passato alla storia per classici come “Cantando sotto la pioggia” la cui canzone “Singin’ in the rain”, interpretata da un magistrale Gene Kelly, colpì anche Stanley Kubrick, che la inserì nel brano finale della splendida colonna sonora del suo “Arancia Meccanica”.

Chi era Stanley Donen

Nato il 13 aprile 1924 a Columbia, nella Carolina del Sud,  da Moses Donen manager nell’abbigliamento e da Helen Cohen, ebrea figlia di un gioielliere, della sua identità ebraica non si sa molto, anzi. Vittima di violenza perché ebreo da adolescente quando era a scuola nella sua città di origine, come rivela il “Times of Israel”, egli crebbe in una famiglia fortemente assimilata e sul sito adherents.com vengono raccontati particolari inediti sulla sua complessa vicenda famigliare.

Nato in uno Stato conservatore, la sua famiglia e specialmente sua madre Helen cercava di passare inosservata e di “americanizzarsi”, tanto che i suoi genitori volevano chiamarlo Isaac come suo nonno, ma scelsero un nome più americano come Stanley. In tema di dettagli biografici, il testo citato rievoca la complessa infanzia del regista, noto per la vivace spensieratezza delle sue commedie, ma dal passato piuttosto cupo come quello di tanti intrattenitori. Offeso e denigrato dai suoi compagni di scuola, il regista diceva di sentire “ sempre una canzoncina contro di me e questo riassume abbastanza la mia infanzia. Ovviamente non mi sento di ripeterla perché offenderei anche le altre persone se la ascoltassero”.

Membro di una comunità ebraica molto unita ma esigua, come ha ricordato “venivo considerato un tipo strano e offeso coi soliti stereotipi antisemiti che peggiorarono quando arrivarono ebrei tedeschi, come mia madre o russi come mio padre”.  Stando alle informazioni biografiche sembra che i Donen frequentassero la sinagoga riformata e che suo padre ci tenesse molto al suo Bar Mitzva, ma dopo qualche lezione di ebraico preferì dedicarsi al cinema non sostenendo la cerimonia.  Criticato aspramente dalla famiglia di origine, egli decise di intraprendere la carriera musicale, come ballerino di tip tap, “i miei parenti pensavano fossi matto” ma determinato e ribelle visse una vita molto intensa sia a livello cinematografico che sentimentalmente.

Dopo aver frequentato l’affascinante Elizabeth Taylor, l’autore si sposò cinque volte ed ebbe tre figli, legandosi come partner in una relazione molto profonda con la regista e sceneggiatrice Elaine May, vero cognome Belin, sua correligionaria fino alla fine dei suoi giorni.

Il regista emigrò a New York e a Broadway cominciò il suo percorso artistico sfondando nel mondo del musical e della commedia brillante. Amava la Grande Mela perché “a nessuno importava se fossi di religione ebraica o altro”. Egli visse come un ebreo ateo tutta la sua vita, “a causa di mia madre” e preferì dedicarsi totalmente al cinema stringendo amicizia con varie personalità e venendo ammirato da autori del calibro, da Truffaut, a Almodovar, da Spielberg, a Chaplin, dopo essere stato inizialmente sottovalutato per lungo tempo e considerato, come ricorda il sito di “Haaretz” “autore di puro intrattenimento”. Nella sua lunga carriera, realizzò parecchi film, passando dal musical alla commedia sofisticata, al giallo con “Sciarada” fortemente influenzato dallo stile sobrio ed elegante del grande Hitchcock e ambientato a Parigi con un cast grandioso, da Cary Grant, a Walter Matthau.

Premiato solo nel 1998 da Martin Scorsese con un Oscar alla carriera, l’autore non fu solo abile cineasta ma curò anche le coreografie e i balletti dei suoi film, profonda e intensa la sua amicizia  con Gene Kelly e Fred Astaire e di ogni aspetto atletico e visivo, anche grazie alla collaborazione con il fotografo Richard Avedon come nel suo “Funny face”.

Commosso il commento dell’amico Steven Spielberg, che lo ha definito “mentore e amico, grazie alla sua generosità nel dedicarsi a noi studenti di cinema nei fine settimana, ho imparato preziosi insegnamenti nel raccontare le storie e a dirigere gli attori”.

(Foto: Rollingstone.com)