di Nathan Greppi
Secondo un’inchiesta del giornale economico Calcalist, l’azienda che si occupa di desalinizzazione dell’acqua, ha lavorato nell’ultimo decennio aggirando il boicottaggio delle compagnie israeliane da parte di paesi arabi e musulmani come Arabia Saudita, Pakistan e Kuwait, con cui Israele non ha relazioni diplomatiche ufficiali, operando tramite una “società di facciata” con sede in Svizzera.
IDE Technologies, azienda israeliana gestita da Avshalom Felber che si occupa di desalinizzazione dell’acqua, ha lavorato nell’ultimo decennio aggirando il boicottaggio delle compagnie israeliane da parte di paesi arabi e musulmani come Arabia Saudita, Pakistan e Kuwait, con cui Israele non ha relazioni diplomatiche ufficiali, operando tramite una “società di facciata” con sede in Svizzera.
Secondo un’inchiesta del giornale economico Calcalist, questa azienda ha partecipato a gare d’appalto pubbliche nei paesi islamici, occultato l’identità israeliana dei proprietari. Sullo sfondo di queste attività, che hanno generato ricavi per decine di milioni di dollari per ciascun progetto, è recentemente scoppiata una controversia tra IDE e la società svizzera Swiss Water (SW), che avrebbe occultato il coinvolgimento di IDE nei progetti.
L’azienda
IDE fornisce soluzioni per il trattamento delle acque, tra cui lo sviluppo, progettazione, costruzione e gestione di impianti di desalinizzazione. Fino al 2019, Delek Group deteneva il 50% delle azioni della società, che sono state successivamente cedute ad Alpha Water, una holding gestita da Felber, in un’operazione in cui il valore di IDE è stato stimato intorno ai 406 milioni di dollari.
Circa il 50% del mercato globale della desalinizzazione dell’acqua è concentrato nella regione del Medio Oriente e del Nord Africa (MENA). Siccome molti paesi dell’area non hanno relazioni ufficiali con Israele, IDE è di fatto esclusa da buona parte del mercato.
Aggirare i boicottaggi
Secondo l’azienda svizzera e le informazioni ottenute dal Calcalist, IDE ha trovato un modo per aggirare queste restrizioni utilizzando una “società di facciata” svizzera. Le parti in causa hanno definito un elenco di “Paesi proibiti” in cui SW avrebbe operato in base agli accordi con IDE per accedere alle gare d’appalto locali. L’elenco includeva Qatar, Kuwait, Arabia Saudita, Yemen, Libia, Algeria, Tunisia, Afghanistan e Pakistan. Inizialmente, includeva anche paesi che, prima degli Accordi di Abramo, non avevano relazioni diplomatiche con Israele, tra cui gli Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Sudan e Marocco.
Secondo la SW, il metodo funzionava nel modo seguente: Felber, insieme a degli imprenditori svizzeri, creava una rete di entità giuridiche attraverso le quali, in ultima analisi, deteneva diritti indiretti. Nelle gare d’appalto e nei contratti con “Paesi proibiti”, la Swiss Water gareggiava da sola, lasciando i clienti ignari del suo legame con Israele.
Grazie a questo accordo, la Swiss Water ha firmato diversi contratti del valore di decine di milioni di dollari per ogni progetto nei paesi vietati, mentre IDE ha fornito la tecnologia e realizzato i progetti. Tra questi, figurano il progetto “Red Sea” in Arabia Saudita, uno dei più grandi del Medio Oriente, il progetto “Greater Arabic Sea” in Pakistan, due progetti in Kuwait e due in Oman.



