Il dpinto dell'Orbetello rubato dai nazisti

Ritrovato a Padova dipinto dell’Orbetto (e non di Poussin) rubato dai nazisti ad una famiglia ebraica

di Michael Soncin
Nei giorni scorsi ha fatto parlare molto di sé il dipinto trafugato dai nazisti durante il II Conflitto Mondiale, tra il febbraio e l’agosto del 1944 e recuperato il 1° aprile dai carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio culturale di Monza all’interno dell’abitazione di un antiquario milanese nella provincia di Padova.

Il quadro in questione intitolato Loth avec ses deux filles lui servant à boire, un olio su tela di 120×150 cm è stato erroneamente attribuito – come riportato su quasi tutti i media italiani e internazionali – al pittore francese Nicolas Poussin (Les Andelys, 1594 – Roma, 1665), mentre in verità come riporta Finestre sull’Arte sarebbe dell’artista veneto Alessandro Turchi (Verona, 1578 – Roma, 1649), detto l’Orbetto.

Il quid pro quo sarebbe nato perché l’Arma, nel comunicato l’ha etichettato come opera attribuita al pittore francese Poussin, conosciuto in Italia anche come Niccolò Pussino. “L’opera, in passato, era stata effettivamente attribuita a Poussin, ma si tratta di un’attribuzione talmente vecchia e poco plausibile che nei cataloghi più recenti non è stata neppure presa in considerazione”, si legge dalla rivista. Nel 1999, data della grande mostra a lui dedicata a Verona, città natale dell’artista, la curatrice Daniela Scaglietti Kelescian stilò una scheda dettagliata identificando l’opera in questione – assieme ad altri quattro dipinti dell’omonimo pittore – in possesso durante il XIX secolo al conte Teodoro Lechi di Brescia. “I quadri erano un tempo di proprietà della famiglia Gherardini di Verona, grandi mecenati di Alessandro Turchi, che lo sostennero prima del suo trasferimento a Verona”. Infatti, il dipinto compare nel testamento dei Gherardini stilato il 22 novembre del 1678. “Il rapporto fra il padre e le figlie è dominato dal senso di necessità imposta dalla situazione: e i gesti sono lenti e gravi nella composizione sorvegliata, resa più complessa nello scavo psicologico e negli studiatissimi rapporti tra le figure”, scrisse Scaglietti Kelescian dell’opera nel catalogo del 1999.

Più recentemente nel 2019 è stato esposto presso la TEFAF – The European Fine Art Fair di Maastricht. Prima di esporlo nella città olandese l’antiquario lo aveva segnalato all’ Art Loss Register di Londra. Ed è proprio in quell’occasione, che un visitatore dall’occhio dotto riconobbe che era il dipinto rubato. In seguito, furono avviate le procedure per la restituzione. Il quadro dell’Orbetto finito nella collezione privata di Padova fu soltanto l’ultima tappa di molteplici passaggi d’asta.

Come si legge su Il Giorno, “il dipinto è stato appena restituito agli eredi dei legittimi proprietari: una donna svizzera di 98 anni e un uomo di 65 anni residente negli Stati Uniti”.

I proprietari ebrei

I proprietari del dipinto erano una famiglia di ebrei che viveva a Poitiers in Francia, che in seguito all’emanazione leggi razziste antiebraiche vennero arrestati e deportati nei campi di concentramento e depredati oltre che del dipinto di Turchi anche di tutti i loro beni presenti nella casa. Poco dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale nel 1946, la famiglia cercò subito di recuperare il proprio quadro, ma fu un invano tentativo, nonostante l’opera fosse presente nell’inventario Répertoire des biens spoliés en France durant la guerre 1939-1945 stilato tra il 1947 e il 1949 dal Bureau Central des Restitutions che assieme alla CRACommission de Récupération Artistique sono gli organi che si occupano di restituire ai legittimi proprietari i beni trafugati durante il nazifascismo.

Alessandro Turchi fu un artista che non fuggì nemmeno allo sguardo dello scrittore e poeta tedesco Johann Wolfgang von Goethe che quando giunse a Verona nel settembre 1786 così di lui scrisse: “…nella galleria Gherardini trovai bellissimi quadri dell’Orbetto e feci l’inattesa conoscenza di quest’esimio artista. Da lontano non si ha notizia che dei massimi fra loro, e sovente ci si accontenta dei nomi, ma quando ci si avvicina a questo firmamento e si comincia a scorgere il fulgore anche degli astri di seconda e terza grandezza, e ciascuno di essi risalta anche perché fa parte dell’intera costellazione, ecco che il mondo diventa più grande, l’arte più ricca…”.

Un altro bene depredato che ritorna nelle mani dei famigliari, un’altra piccola goccia che s’aggiunge al mare magnum delle opere che ancora urlano giustizia.

(Foto: Finestre sull’Arte)