di Nina Prenda
Il dossier si inserisce in una fase estremamente delicata delle relazioni tra Gerusalemme e Il Cairo. Dallo scoppio della guerra a Gaza, i canali politici sono rimasti praticamente congelati, con due anni di quasi totale assenza di dialogo formale. Un tassello diplomatico cruciale che il premier israeliano vorrebbe mettere a segno prima delle prossime elezioni.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sta lavorando a un viaggio ufficiale al Cairo per firmare un accordo multimiliardario sulla fornitura di gas naturale all’Egitto. Lo rivelano fonti diplomatiche statunitensi di alto livello, secondo cui negli ultimi giorni emissari israeliani e funzionari americani hanno intensificato i preparativi.
Secondo tali fonti, Netanyahu dovrebbe incontrare il presidente egiziano Abdel-Fattah al-Sisi. Un tassello diplomatico cruciale che il premier israeliano vorrebbe mettere a segno prima delle prossime elezioni, in un momento in cui il dibattito interno è segnato da tensioni e polemiche. Interpellato, l’ufficio del Primo Ministro ha tuttavia dichiarato al Times of Israel che “la questione non ci è nota”.
Negli ambienti diplomatici circolano da settimane indiscrezioni su un possibile vertice trilaterale con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, Netanyahu e al-Sisi, da tenersi alla fine del mese in Florida. Già nell’ottobre scorso al-Sisi aveva invitato Netanyahu a partecipare a un incontro d’emergenza a Sharm el-Sheikh subito dopo il cessate il fuoco a Gaza. Il premier però aveva declinato, citando la festività di Simchat Torah.
A guidare l’organizzazione del possibile incontro al Cairo è l’ambasciatore israeliano a Washington, Yechiel Leiter, divenuto di fatto il principale referente di Netanyahu con l’amministrazione statunitense e con il mondo arabo dopo le dimissioni dell’ex ministro Ron Dermer.
Netanyahu non mette piede ufficialmente in Egitto da quindici anni: l’ultima visita di Stato risale al gennaio 2011, sotto la presidenza di Hosni Mubarak, mentre altri incontri successivi si sono svolti lontano dai riflettori.
Il dossier si inserisce in una fase estremamente delicata delle relazioni tra Gerusalemme e Il Cairo. Dallo scoppio della guerra a Gaza, i canali politici sono rimasti praticamente congelati, con due anni di quasi totale assenza di dialogo formale, fatta eccezione per il coordinamento di sicurezza tra i servizi di intelligence sui dossier ostaggi e confini. Negli ultimi mesi i rapporti si sono ulteriormente irrigiditi a causa delle tensioni sul valico di Rafah, sulla gestione dei rifugiati palestinesi e sul ruolo dell’Egitto nella forza internazionale di stabilizzazione prevista per Gaza. A complicare il quadro, anche recenti episodi di traffici di contrabbando verso Israele tramite droni provenienti dal territorio egiziano.
Nonostante i benefici economici evidenti per entrambe le parti, l’accordo sul gas resta un puzzle complesso. Si tratterebbe di un’intesa di lungo periodo, stimata attorno ai 35 miliardi di dollari. In Israele non mancano le resistenze, come il ministro dell’Energia Eli Cohen teme che un simile flusso di esportazioni possa erodere troppo rapidamente le riserve nazionali e mettere a rischio la sicurezza energetica del Paese. “Non permetterò che Netanyahu firmi finché ogni dettaglio, inclusi i nodi legati alla sicurezza con l’Egitto, non sarà risolto”, ha dichiarato al Times of Israel.
Per Netanyahu, tuttavia, il maxi-accordo rappresenterebbe una carta politica e diplomatica di grande peso: un modo per mostrare che, nonostante la guerra, Israele è in grado di consolidare e ampliare le sue intese di pace nella regione e di valorizzare il patrimonio energetico del Paese come fonte strategica di entrate a lungo termine.



