Zohran Mamdani, eletto sindaco di New York (novembre 2025)

Mamdani cambia New York, ma spacca la comunità ebraica

Mondo

di Nina Deutsch
La vittoria del primo sindaco musulmano accende tensioni in città: rispetto istituzionale ma forti riserve dai vertici religiosi, mentre le nuove generazioni ebraiche progressiste lo vedono come simbolo di cambiamento.

 

In una serata che ha riscritto la geografia del potere nella città più grande degli Stati Uniti, lo sfidante progressista Zohran Mamdani ha trionfato nella corsa per la poltrona di sindaco di New York City, sconfiggendo nel ballottaggio l’ex governatore Andrew Cuomo. A 34 anni, l’assemblyman del Queens – esponente della corrente dei Democratic Socialists of America – diventa non solo il primo musulmano e il più giovane sindaco della Grande Mela in oltre un secolo, ma anche l’emblema di una mobilitazione giovanile e sociale che ha fatto della lotta al costo della vita e degli squilibri economici il suo manifesto.

Il risultato giunge dopo una campagna serrata, nella quale Cuomo – forte di un passato politico ingombrante e di un sostegno incerto anche da parte del mondo repubblicano – ha cercato la rivincita come indipendente sostenuto in modo tiepido da Trump. Ma non è riuscito ad arrestare la marcia della coalizione progressista, capace di intercettare l’emergenza dei redditi, dell’affitto, del trasporto pubblico e della rappresentanza cittadina.

La portata del risultato è stata amplificata dalle reazioni nazionali: Donald Trump – preoccupato per le midterm 2026 che si annunciano sempre più difficili – ha risposto duramente sui social, accusando i sostenitori di Mamdani e minacciando ripercussioni sul flusso di fondi federali – una presa di posizione che i media descrivono come furiosa e che introduce già dal primo momento una frattura tra la nuova amministrazione cittadina e la Casa Bianca.

Ma vediamo quali sono le prime reazioni a caldo nel mondo ebraico.

Il mondo ebraico di New York reagisce alla vittoria di Mamdani: tra cautela, timori e divisioni interne

La vittoria di Zohran Mamdani ha innescato un’immediata ondata di reazioni all’interno della vasta e influente comunità ebraica della città. Tra espressioni di prudenza istituzionale, preoccupazioni esplicite e aperture da parte delle frange più progressiste, l’elezione dell’esponente dem segna un punto di svolta anche nel rapporto tra sinistra newyorchese e mondo ebraico.

A poche ore dallo scrutinio finale, una dichiarazione congiunta diffusa da alcune delle più autorevoli sigle ebraiche – UJA-Federation of New York, Jewish Community Relations Council, Anti-Defamation League, American Jewish Committee e New York Board of Rabbis – ha scelto una linea di rispetto istituzionale ma di netta distanza valoriale.

«I newyorchesi hanno parlato, eleggendo Zohran Mamdani come prossimo sindaco della città. Riconosciamo la legittimità del voto, ma non possiamo ignorare che il sindaco eletto sostiene convinzioni di fondo in contrasto con i nostri valori più profondi», si legge nel testo ufficiale.

La stessa nota ribadisce l’impegno delle organizzazioni a lavorare con ogni livello di governo per garantire che New York resti una città sicura e rispettosa per la comunità ebraica e per tutte le comunità: «Il nostro programma rimane chiaro. Chiederemo a tutti i funzionari eletti, incluso il sindaco eletto Mamdani, di assumersi la piena responsabilità di garantire che New York rimanga un luogo in cui la vita ebraica e il sostegno a Israele siano protetti e possano prosperare. Continueremo ad affrontare, senza esitazione, l’allarmante aumento dell’antisemitismo e dei crimini d’odio, e a denunciare a gran voce qualsiasi retorica o azione che delegittima Israele o giustifichi l’antisemitismo».

Rabbini divisi: tra allarme e apertura

Nel mondo rabbinico newyorchese, le prime reazioni rivelano una frattura generazionale e ideologica.

Il rabbino Elliot Cosgrove della Park Avenue Synagogue – una delle congregazioni conservative più note di Manhattan – in un sermone aveva definito Mamdani «una minaccia per la comunità ebraica di New York», sottolineando le sue passate posizioni critiche verso Israele e il movimento sionista. Una linea sostenuta da più di 1.000 rabbini americani e ripresa nelle pagine di opinione di alcuni dei più grandi quotidiani degli Stati Uniti.

Tra i detrattori che non hanno voluto augurare il meglio al sindaco eletto figura il CEO dell’Anti-Defamation League Jonathan Greenblatt, che oggi ha scritto su X che, alla luce del «lungo e inquietante curriculum di Mamdani su questioni di profonda preoccupazione per la comunità ebraica, affronteremo i prossimi quattro anni con determinazione».

Ma non tutti condividono il tono allarmista: giovani ebrei progressisti e gruppi come Jewish Voice for Peace e Jews for Racial and Economic Justice (JFREJ) hanno invece accolto con favore la svolta politica, definendo Mamdani «una voce autentica contro le disuguaglianze» e lodandone l’impegno su casa e trasporti. Anche in questo caso, The Guardian evidenzia come «una parte crescente di elettori ebrei più giovani si identifichi con la sua agenda sociale».

I numeri del voto e le tensioni latenti

Secondo una stima pubblicata da The Forward, circa il 60 % degli elettori ebrei newyorchesi avrebbe scelto l’ex governatore Andrew Cuomo, mentre una minoranza significativa – intorno al 35 % – avrebbe sostenuto Mamdani. Un dato che riflette una comunità sempre più divisa tra la tradizione e un orientamento progressista sensibile ai temi di giustizia sociale.

Ripercussioni globali

Sulla stampa internazionale, la reazione è stata altrettanto accesa. In un editoriale, il Jerusalem Post ha definito la vittoria di Mamdani «un segnale pericoloso, la prova che l’antisemitismo può vincere le elezioni, con ripercussioni potenzialmente globali». Un giudizio netto, in contrasto con la linea più pragmatica di altri osservatori israeliani e statunitensi, secondo i quali la sfida per Mamdani sarà ora quella di «ricostruire un dialogo credibile con la comunità ebraica senza rinnegare la propria identità politica».