di Davide Cucciati
Il 29 luglio 2025, nel Tempio Centrale dell’Ucraina, si è tenuto un evento commemorativo in occasione del 160° anniversario della nascita di Andrey Sheptytskyi, arcivescovo cattolico-ucraino che, durante la seconda guerra mondiale, salvò la vita di centinaia di bambini ebrei nascondendoli nei monasteri e nelle istituzioni della Chiesa da lui guidata.
L’iniziativa è stata raccontata in un post sui social network da Rav Moshe Reuven Azman, figura centrale dell’ebraismo ucraino. Durante la cerimonia, a cui hanno partecipato esponenti della Chiesa greco-cattolica ucraina, diplomatici, accademici e rappresentanti di altre fedi, è stata inaugurata una targa commemorativa accanto a un castagno piantato in onore dell’arcivescovo.
La figura dell’arcivescovo è tuttavia ancora al centro di un acceso dibattito storiografico. Come ricordano due importanti inchieste pubblicate nel maggio 2020 dal Times of Israel e dal Jerusalem Post, Sheptytskyi accolse inizialmente con favore l’invasione tedesca dell’Unione Sovietica nel 1941, inviando anche cappellani religiosi a seguire i battaglioni ucraini integrati nelle Waffen-SS della Divisione Galizia. Una scelta che, seppur dettata dalla sua forte opposizione all’ateismo di Stato sovietico, ha pesato per decenni sulla sua mancata inclusione tra i “Giusti tra le Nazioni” riconosciuti da Yad Vashem.
Il fratello minore, Klymentiy Sheptytskyi, è invece già stato onorato con questo titolo. Nel 2020, l’apertura temporanea degli archivi vaticani relativi al pontificato di Pio XII ha permesso a un gruppo di ricercatori dell’Università di Munster di scoprire una lettera inedita in cui Sheptytskyi informava il pontefice del massacro di oltre 200.000 ebrei in Ucraina. Scrivere un documento simile, in piena occupazione tedesca, equivaleva a un crimine capitale. Per molti studiosi, questo atto rafforza l’ipotesi che Sheptytskyi abbia consapevolmente messo a rischio la propria vita per salvare quella di altri. Berel Rodal, fondatore dell’Ukrainian Jewish Encounter, ha dichiarato che “questa lettera potrebbe essere la chiave per riaprire il dossier di Yad Vashem”, offrendo all’istituto israeliano “la possibilità di rivedere la propria posizione senza apparire incoerente”.
“Ha combattuto contro l’odio e il culto dello sterminio degli ebrei”, ha scritto Rav Azman. “Sono molto grato a tutti i presenti per questo tempo di unità!”.
La memoria di Andrey Sheptytskyi, sospesa tra atti meritevoli e scelte controverse, continua a interrogare la coscienza collettiva. La cerimonia di Kyiv, con la sua forza simbolica, ha dimostrato che in Ucraina la memoria è diventata materia viva: non una sentenza certa sul passato ma, forse, un’esortazione al futuro.