di Pietro Baragiola
Il presidente francese Emmanuel Macron ha pubblicato un post sulla piattaforma X (giovedì 24 luglio) annunciando che Parigi intende riconoscere la legittimità dello Stato palestinese alla prossima Assemblea Generale delle Nazioni Unite prevista per settembre, fatto che ha attirato le critiche di numerosi ministri israeliani.
“Una mossa del genere premia il terrorismo e rischia di creare un altro proxy iraniano, proprio come è successo con Gaza” ha affermato il primo ministro Benjamin Netanyahu. “Uno Stato palestinese in queste condizioni sarebbe un trampolino di lancio per annientare Israele, non per vivere in pace al suo fianco.”
Se non si discosta da questa decisione la Francia, che al momento ospita la più grande comunità ebraica d’Europa, diventerà il più importante paese occidentale a riconoscere lo Stato palestinese. Ad appoggiarla ci sono già 140 nazioni come la Spagna, la Norvegia e l’Irlanda, mentre la maggior parte dei ministri occidentali, tra cui il premier italiano Giorgia Meloni, continuano ad opporsi, affermando la necessità di una soluzione negoziata a due Stati e definendo ‘controproducente’ il riconoscimento di uno Stato palestinese prima della sua costituzione.
Il tweet, pubblicato in francese, inglese, arabo ed ebraico è stato affiancato da una lettera rivolta al presidente dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas in cui Macron spiega la sua intenzione di convincere altri Paesi europei ad aderire alla sua causa, ma a soli tre giorni dalla notizia le critiche sono state molto numerose e Israele sta già preparando una contromossa.
Le risposte al tweet di Macron
Come ritorsione alla decisione del presidente francese, diversi membri di spicco del governo israeliano hanno chiesto l’annessione della Cisgiordania a Gerusalemme.
“Questa è una degna risposta alla vergognosa decisione di Macron” ha affermato il ministro della Giustizia Yariv Lenin su X, sostenuto dall’ex primo ministro israeliano Naftali Bennett.
C’è anche chi non ha esitato a commentare con ironia la mossa di Macron, come il ministro della Diaspora Amichai Chikli che ha twittato una gif del presidente francese mentre viene schiaffeggiato dalla moglie o come il ministro per la Protezione ambientale Idit Silman che ha postato una foto generata dall’AI in cui Macron bacia l’ex leader di Hamas Yahya Sinwar sopra la didascalia “bacio alla francese”.
Il leader dell’opposizione Yariv Lapid ha utilizzato il suo profilo social per denunciare questi commenti ‘infantili’, invitando il governo israeliano ad investire il proprio tempo nell’elaborare una strategia a lungo termine per porre fine al conflitto. “Ritengo comunque che la decisione della Francia sia stata un errore morale e diplomaticamente nocivo in quanto i palestinesi non dovrebbero essere ricompensati per il 7 ottobre e per aver sostenuto Hamas” ha aggiunto Lapid.
Persino il segretario di Stato americano Marco Rubio ha concordato con i commenti di Lapid, ritenendo la decisione di Macron ‘avventata’ e ‘utile solo alla propaganda di Hamas per ostacolare la pace’.
“È uno schiaffo in faccia alle vittime del 7 ottobre”, ha scritto Rubio su X, aggiungendo che gli Stati Uniti respingono con forza la decisione del presidente francese.
In molti però ritengono che la mossa della Francia sia puramente simbolica se non verrà accompagnata dalla cooperazione di Israele, in quanto uno Stato palestinese può esistere solo come risultato dei negoziati tra le due parti in conflitto.
Per questo motivo, il ministro degli esteri francese Jean-Noel Barrot ha invitato le principali organizzazioni ebraico-americane a discutere della situazione al nuovo incontro delle Nazioni Unite che si sta tenendo in questi giorni a New York.
Invito che, però, è stato rifiutato.
Il rifiuto delle organizzazioni ebraiche
Sono sette le organizzazioni ebraiche statunitensi che hanno rilasciato una dichiarazione ufficiale, rifiutando l’invito di Barrot: la Conference of Presidents of Major American Jewish Organizations, l’Anti-Defamation League, l’American Jewish Committee, l’American Israel Public Affairs Committee, B’nai B’rith International, UJA- Federation of New York e il World Jewish Congress.
“Siamo delusi dal fatto che le nostre organizzazioni siano state invitate a discutere una politica che sembra già essere stata definita, invece di essere consultate in anticipo in qualità di partner impegnati per una pace sostenibile” afferma la dichiarazione congiunta. “Con questo passo unilaterale, la Francia non solo incoraggia gli estremisti ma mette a rischio la sicurezza degli ebrei in tutto il mondo, allontanando le voci moderate.”
Il rifiuto di queste organizzazioni è dipeso anche dal fatto che Macron solo pochi mesi prima aveva dichiarato che non avrebbe mai preso una decisione del genere prima della resa di Hamas e del rilascio degli ostaggi in suo possesso.
“Le misure unilaterali della Francia non faranno altro che spingere Israele a prendere ulteriori provvedimenti” ha confermato il ministro degli Esteri Gideon Sa’ar su X. “L’iniziativa francese compromette la possibilità di raggiungere un accordo sugli ostaggi e il cessate il fuoco e ciò non favorirà in alcun modo alla stabilità della regione.”
A fomentare questi sospetti è stata anche la dichiarazione dei portavoce di Hamas che hanno elogiato la mossa di Macron come ‘un passo positivo nella giusta direzione’.
Barrot ha respinto tali commenti, chiarendo che considera l’Autorità palestinese, e non Hamas, come il leader di un futuro Stato palestinese.
“Hamas ha rifiutato la soluzione dei due Stati, dunque, riconoscendo la Palestina, la Francia dimostra che questo movimento terroristico ha torto” ha spiegato il ministro degli esteri francese durante la sua intervista alla Jewish Telegraphic Agency. “Ci schieriamo dalla parte della pace contro la guerra”.
Secondo Barrot, in occasione della riunione delle Nazioni Unite a New York i Paesi Arabi condanneranno per la prima volta Hamas, chiedendone il disarmo e definitivo isolamento, una mossa volta ad attirare un maggior numero di Paesi europei a riconoscere lo Stato palestinese. Durante l’evento sarà anche presentata una proposta postbellica con una soluzione a due Stati che copra la sicurezza, la ricostruzione e il governo in Medio Oriente, compatibile con gli accordi di Abramo negoziati dal presidente americano Trump.

William Daroff, amministratore delegato della Conference of Presidents of Major American Jewish Organizations, ha affermato che la decisione di respingere l’invito di Barrot può non rappresentare una politica permanente e se in futuro i leader delle comunità ebraiche vedranno che gli obiettivi del governo francese rispecchieranno i loro, allora ci sarà modo di fissare un punto di incontro tra le parti.