Calcio a Betlemme

Mondo

Il calcio non è solo sport ma anche un modo per portare avanti la silenziosa rivoluzione femminile nel mondo arabo.

Si allenano tre volte alla settimana, amano il calcio piu di ogni altra cosa , sono sempre sorridenti, l’importante per loro è solo poter giocare. Sono le ragazze dell’unica squadra di calcio femminile palestinese, quella dell’università di Betlemme.
È stata Samar Araj Mousa, 42 anni, responsabile sportiva dell’università e oggi anche allenatrice della squadra, ad avere avuto l’idea di insegnare alle ragazze a giocare a pallone. “Ho studiato educazione fisica in Giordania, mentre i ragazzi avevano lezione di calcio le ragazze imparavano atletica leggera, ma fin da allora io chiedevo permessi speciali per giocare a pallone. È da allora che risale la mia passione. Ho iniziato a pensare di creare una squadra femminile qui a Betlemme due anni fa”, racconta Samar. “I giovani avevano bisogno di trovare un modo per scaricare le tensioni che vivevano a causa dell’Intifada, che in quei giorni era nel suo periodo peggiore. Insieme all’allenatore della squadra maschile, Raad Harimi, ho iniziato a cercare ragazze che avessero voglia di giocare”.
Samar si è rivolta all’organizzazione SOS, dove i bambini che non hanno una famiglia trovano alloggio e cure amorevoli. Hiba e Sarab non ci hanno pensato due volte e da allora fanno parte della squadra. Hiba incanta gli avversari con i suoi enormi occhi verdi dalla porta, che protegge, mentre la piccola Sarab riesce a passare con il pallone anche attraverso le difese piu dure. Samar è riuscita a raggruppare ragazze mussulmane, cristiane, ricche e meno abbienti, come a esempio la figlia di un ricercato dalla polizia israeliana. “È stato facile scegliere il capitano della squadra”, racconta Samar “Hani Talji, 20 anni, studentessa di economia oltre a essere molto bella è incredibilmente brava e sopratutto ha innato lo spirito di leader. Molte squadre dei paesi arabi, dopo averla vista giocare, mi hanno chiesto se Hani era disposta a trasferirsi. La volevano comprare in molti!”. Per gli abitanti di Betlemme, che conoscono la famiglia di Hani, non è una sorpresa vederla giocare sui campi da calcio. Lo zio infatti è uno dei migliori giocatori palestinesi e tutti ricordano come zio e nipote si divertivano a giocare insieme. Hani e le altre si allenano tre volte alla settimana ma, prima dei tornei, anche tutti i giorni. I risultati non sono mancati: lo scorso aprile sono arrivate quinte al torneo di calcio femminile dei paesi arabi svoltosi in Giordania. Hanno vinto le egiziane, le piu forti, ma le palestinesi si sono aggiudicate il premio della squadra più affiatata ed educata. Non solo per Tala, 14 anni, figlia naturale ed attaccante della squadra, Samar è una mamma, ma anche per tutte le 18 ragazze della squadra. Prima di ogni partita controlla che tutte siano in ordine, si preoccupa che ognuna di loro abbia un buon paio di scarpe da gioco e ci rimane male quando le nuove divise, dono di un amico inglese, sono piccole per le prosperose calciatrici palestinesi.
Il calcio non è per le ragazze solo uno sport, ma un modo per portare avanti la silenziosa rivoluzione femminista del mondo arabo. Le ragazze erano molto orgogliose quando Mehira Al Jamal la prima, e per ora unica, donna arbitro palestinese, ha arbitrato la loro partita contro i quattordicenni di Bet Jalla. “Il calcio dà la possibilita alle ragazze di costruire qualcosa. La societa araba non dà molte opportunità alle nostre giovani”, racconta Mehira tra un tempo e l’altro. “Lo sport è un ottimo metodo per provare cosa sappiamo fare”. “Mi piacerebbe molto far giocare la squadra con altre ragazze israeliane”, dice Samar, “ma non possiamo organizzare tornei senza il permesso dell’autorità palestinese, che per ora non vuole. Senza la pace non si può giocare, mi hanno risposto. Ma io penso che prima venga lo sport e poi la pace”. In attesa che si riesca a organizzare una partita con calciatrici israeliane, il governo egiziano ha invitato l’intera squadra di Samar a un allenamento di due settimane al Cairo, insieme alle ragazze della loro nazionale.