Bambini in condizioni di disagio. Come aiutarli?

Mondo

Bambini in condizioni di disagio. Il simposio internazionale che ha avuto luogo a Parigi è stato promosso da diverse organizzazioni ebraiche internazionali allo scopo di consentire ai professionali e ai responsabili delle Comunità di confrontare le loro esperienze specifiche, di condividere i diversi approcci operativi e di riflettere insieme sulle soluzioni e sulle strategie possibili per la risoluzione dei problemi socio-psicologici dell’infanzia.

Il tema dell’incontro parlava chiaro: “I bambini vivono in un clima di crescente incertezza: come le nuove tendenze,le nuove strutture familiari, la crisi economica, le migrazioni, lo sradicamento influiscono sui bambini e sull’unità familiare”.

La discussione è stata ricca di stimoli e di spunti di riflessione, grazie all’eterogeneità dei contributi dei partecipanti provenienti da ben 15 Paesi e da alcuni significativi interventi di approfondimento su tematiche specifiche.
Particolare attenzione è stata data, sul piano operativo, alla relazione del bambino nella famiglia, nella scuola, nella comunità e nel mondo circostante, nonché all’integrazione dei bambini che presentano problemi specifici, ai particolari bisogni nell’educazione formale e informale e ai programmi di prevenzione e supporto alle famiglie.
Il programma è stato arricchito da alcune visite in strutture di accoglienza e supporto sul piano sociale psicologico ed educativo per bambini, adolescenti e famiglie in condizioni precarie e di grave disagio .

Il gruppo italiano ha potuto visitare due dei Centri parigini:
Maghen Noar –(OPEJ- Centro di indirizzo, informazione, orientamento ,valutazione e supporto psicologico per adolescenti e famiglie).
AEMO Belleville-( OSE-France) Centro diurno di supporto educativo a bambini e famiglie in situazioni di precarietà.
Entrambi i Centri svolgono sia attività orientate alla prevenzione,al supporto e alla tutela dell’età evolutiva e dei giovani adulti, sia un rilevante lavoro di sostegno e di indirizzo alla famiglia nella sua totalità.
Le equipes di lavoro composte da assistenti sociali, psicologi, psichiatri, logopedisti, educatori professionali operano in stretto contatto con le Scuole,i Servizi Ebraici , le Istituzioni territoriali e il Tribunale dei Minori, nei casi sempre più frequenti di violenze fisiche e psicologiche sui minori.
I Centri offrono inoltre una sede calda, accogliente, un servizio di documentazione e di orientamento scolastico e professionale per i giovani, diverse attività ludico-riceative e di sostegno scolastico.
L’ offerta di un ampia gamma di servizi specialistici è agevolata anche da finanziamenti pubblici; ciò determina l’erogazione di alcuni servizi ad una piccola percentuale (il 5%) di utenti non ebrei.

Una parte rilevante dal punto di vista della complessità dei temi e dei contenuti affrontati ha riguardato:

• La costruzione di una identità ebraica che comprenda sia gli aspetti culturali e religiosi sia l’analisi delle problematiche esistenziali in relazione alla fase di incertezza derivante dal cambiamento socio-economico e culturale.
• L’integrazione degli ebrei lontani, con difficoltà di inserimento, dei figli di matrimonio misto e di immigrati.
• L’organizzazione di case Famiglia e Centri diurni di accoglienza per bambini e adolescenti in stato di grave disagio.
• La sensibilizzazione della leadership comunitaria sulla necessità di aderire alla dichiarazione di Budapest (vedi allegato) per incoraggiarne l’applicazione e lo sviluppo.

Il Simposio si è concluso con l’impegno degli operatori e dei dirigenti comunitari a portare avanti queste riflessioni e a rendere operative, ove possibile, le esperienze acquisite.

Per valorizzare l’esperienza di Parigi e farne oggetto di riflessione collettiva, nella Comunità Ebraica di Roma, si è ritenuto opportuno sintetizzarne i contenuti e le modalità operative già attuate in altre sedi.

Queste alcune delle aree problematiche individuate:

– integrazione delle diverse identità
– difficoltà dei genitori nell’affrontare le problematiche identitarie dei figli
– integrazione delle multietnicità
– difficoltà genitoriale di focalizzare e affrontare i problemi propri e dei figli
– difficoltà degli utenti di affrontare le proprie problematiche nei tempi e nelle sedi idonee
– assenza del naturale ed evolutivo contrasto tra genitori e figli
– difficoltà di integrare la libertà individuale con i limiti e le direttive
– considerevole incremento della violenza fisica e psicologica nelle famiglie
– affidamento e adozione
– impegno da parte degli operatori a sospendere il pregiudizio.
– difficoltà delle comunità di farsi carico e di affrontare le problematiche più gravi

Queste le soluzioni individuate e proposte di nuovi percorsi:

1. Interventi sulle famiglie

– Aiutare le famiglie a comprendere il disagio e ad accettare l’aiuto che viene loro offerto sotto varie forme (colloqui psicologici, operatore pedagogico a domicilio, frequenza diurna da parte dei bambini di un centro socio pedagogico)
– Organizzare programmi per genitori con figli portatori di diverse disabilità
– Organizzare campi estivi per genitori e ragazzi appartenenti a classi sociali svantaggiate, come occasione di svago, ma anche di apprendimento e di applicazione di una più adeguata genitorialità.
– Organizzare Case-Famiglia per l’accoglienza di bambini ed adolescenti il cui sviluppo fisico e psicologico è fortemente a rischio nella famiglia d’origine.
– Sensibilizzare al problema dell’adozione e dell’affidamento

2. Attenzione agli aspetti educativi formali ed informali

– Promuovere attività di prevenzione del disagio infantile nella scuola primaria
– Dare vita a un Servizio permanente di orientamento per la scelta degli studi
– Favorire attività di sostegno scolastico(aiuto nei compiti) che possono essere effettuate una o più volte alla settimana da parte di volontari, sotto la supervisione di educatori ed assistenti sociali
– Offrire ai giovani adulti (25-40 anni), con difficoltà di inserimento sociale globale, la possibilità di riflettere su nuove opportunità di studio, di lavoro, di qualificazione. Ciò, anche, a chi è affetto da alcolismo o tossicodipendenza
– Avviare forme di partnership con dirigenti di grandi aziende per ottenere dei posti di lavoro e di formazione per i giovani, anche a carattere temporaneo.

3. Educazione ai valori e rinforzo dell’identità:

– Offrire un’accoglienza calda ed incoraggiante alle persone che si rivolgono alle istituzioni e ai servizi ed operare in modo che la gente si senta “ben trattata”.
– Assumere un atteggiamento non giudicante.
– Organizzare corsi per adulti, su diverse tipologie di problemi, con contenuti sia di carattere psicologico che ebraico, finalizzati all’acquisizione di modalità comportamentali più solide.
– Rinforzare l’identità ebraica dei giovani attraverso programmi ed attività basati sulla cultura ebraica, il rapporto con lo Stato d’Israele, i legami di solidarietà con la società mondiale ed il rispetto e la tutela della natura.
– Considerare la riflessione sulla Shoah, come un’”opportunità” per ricostruire e riappropriarsi dell’identità ebraica della propria famiglia prima e dopo la guerra.

4. Integrazione di soggetti o gruppi particolari

– Operare nelle diverse sedi – scuole, servizi, luoghi di culto, centri di cultura e di attività- per promuovere l’integrazione delle diversità (figli di immigrati, figli di matrimoni misti, disabili, i membri esclusi dalla nostra stessa comunità).

La sfida che è stata lanciata è notevole e impegnativa per tutti. Si tratta infatti di perseguire l’obiettivo globale di integrare in modo equilibrato fede e tradizione, senso di appartenenza e comportamento sociale.

Rehana Dafne Arbib (Deputazione ebraica di assistenza), Anna Palagi – (Deputazione ebraica di assistenza), Manuela Spizzichino – OSE, Simona Zarfati (Centro culturale Il Pitigliani)