di Davide Cucciati
Affianca i soldati sul campo, anche nelle zone di conflitto, portando conforto, ascolto e presenza. Celebra le festività e accende le candele al fronte
Il tempio Brodsky di Kiev è un edificio curato, divenuto negli anni un punto di riferimento non solo per la vita religiosa ma per l’intera rete sociale ebraica della capitale ucraina. Nel piano interrato del tempio si trova la Charity Canteen “Beit Yehuda”, una mensa, che offre ogni Shabbat, a tutti i presenti, ricchi pasti. Ma c’è di più: al tempio Brodsky vengo anche donati, ogni giorno, pasti kasher caldi a chiunque ne abbia bisogno, anziani, famiglie a basso reddito e sfollati interni. Il mio primo impatto, però, è stato con un’immagine che non dimenticherò facilmente: un uomo in mimetica, con la kippà nera, che parlava ai presenti. Era Rav David Milman, primo cappellano ebraico ufficiale dell’esercito ucraino dal 2023. Egli è anche assistente di Rav Moshe Reuven Azman, figura centrale dell’ebraismo ucraino contemporaneo. Rav Milman affianca i soldati sul campo, anche nelle zone di conflitto, portando conforto, ascolto e presenza. Egli celebra le festività sul fronte, accende le candele di Chanukkà in trincea e partecipa ai funerali dei commilitoni caduti. Oggi si stima che almeno un migliaio di ebrei servano nelle Forze Armate ucraine.
Durante lo Shabbat ho avuto l’opportunità di incontrare anche Rav Israel Azman, figlio di Rav Moshe. Con lui ho approfondito le attività portate avanti dalla famiglia che ha saputo costruire, nel cuore del conflitto, una rete di sostegno straordinariamente ampia. I pasti dello Shabbat al tempio Brodsky sono stati un’esperienza che difficilmente dimenticherò: intensi momenti di vera gioia, canti, discorsi di Torà e spirito comunitario, nonostante la possibilità concreta di allarmi per via di missili e droni russi e con un coprifuoco fissato a mezzanotte. La vita ebraica, anche sotto pressione, trova il modo di esprimersi con forza e calore. Il nome più emblematico è Anatevka, “luogo di miracoli per le buone azioni”, come ama definirlo Rav Moshe Azman. Ispirata al villaggio narrato da Sholem Aleichem, Anatevka è una cittadina ebraica fondata nel 2015 nei pressi di Hnativka, a circa 30 km da Kiev. Nata per accogliere gli sfollati della guerra del Donbass, si è trasformata in un progetto a tutto tondo: un tempio, una scuola (Mitzvah-613), un asilo (Gan Zelda), una yeshivà, un centro medico, laboratori artigianali e una rete di distribuzione umanitaria attiva in tutto il Paese. Il Centro Umanitario di Anatevka coordina la raccolta e la distribuzione di cibo, vestiti, medicine e acqua potabile anche nelle zone di guerra. Uno dei progetti innovativi è l’installazione di sistemi mobili di estrazione dell’acqua in aree prive di infrastrutture. Parallelamente, viene garantito supporto psicologico e riabilitazione: psicologi professionisti seguono in presenza e online bambini, sfollati, anziani e persone sopravvissute agli attacchi. Il tutto viene definito, in modo sobrio ma concreto, come “una grande famiglia, dove ognuno trova comprensione, sostegno e speranza in un futuro migliore”. Nel campo medico, il Progetto Sanitario Anatevka fornisce cure accessibili e di qualità, grazie anche a medici volontari da Israele e altri Stati. I check-up vengono offerti sia nel Tempio centrale di Kiev sia presso ospedali pubblici. Inoltre, il progetto “Gizunt” si occupa in particolare della salute degli anziani e della formazione congiunta di medici ucraini e internazionali.
Parallelamente, si sviluppa una rete educativa capillare. Oltre a Gan Zelda e Mitzvah-613, vi è il programma JFuture Brodsky, rivolto ai bambini dai 6 ai 13 anni, con attività ebraiche nel weekend, giochi, laboratori e formazione identitaria. Per i giovani tra i 16 e i 35 anni, invece, opera JYK (Jewish Youth Kyiv) che organizza seminari, viaggi, Shabbat, formazione alla leadership e iniziative di volontariato. Un’attenzione costante è rivolta alle piccole comunità ebraiche nei villaggi e nelle cittadine dell’interno: Rav Azman invia regolarmente emissari e organizza la celebrazione di tutti i riti ebraici fondamentali, dai brit milà ai matrimoni. La Chevra Kadishà nazionale garantisce invece una sepoltura rispettosa e conforme alla halakhà in ogni parte dell’Ucraina. Non mancano progetti di artigianato comunitario (laboratori di sartoria per sfollati), musica ebraica, sostegno agli anziani e iniziative specifiche per donne e israeliani residenti in Ucraina.
Qui la guerra continua. Ma accanto al buio che il conflitto impone, si moltiplicano spazi di luce costruiti con pazienza, organizzazione e visione. Il lavoro quotidiano di figure come Rav Milman e Rav Azman non si limita a “tenere in piedi” una comunità: la fa crescere, la rende visibile, la radica nel presente.
(Tutti i testi e le immagini di questo reportage dall’Ucraina sono © Davide Cucciati per Bet Magazine/Mosaico)