Un’opportunità di crescita professionale e personale

Italia

Seminario insegnanti a Yad Vashem. Gli insegnanti delle scuole ebraiche italiane sono stati invitati a partecipare ad un seminario organizzato da Yad Vashem, fortemente voluto e coordinato dal DEC nelle persone di Odelia Liberanome e Rav Roberto Della Rocca, dal titolo “Imparare per distinguere: insegnare la Shoà, l’antisemitismo e Israele oggi”.

Ci siamo trovati a Gerusalemme in un nutrito gruppo di 23 morim provenienti dalle scuole di Roma, Torino, Milano, Trieste e Firenze, per una sessione intensiva di lezioni e discussioni su più temi: la nuova didattica della Shoà, il come affrontare le risposte all’antisemitismo presente nei diversi livelli delle società, conoscendone le radici più antiche e profonde nonché le diverse matrici, il cosa individuare nelle strategie argomentative negazioniste per ribattervi con precisione.
A questa parte, prettamente accademica, si è aggiunto un corollario interessante e fondamentale di visite al Nuovo Museo Storico di Yad Vashem, incontri con sopravvissuti, lezioni tenute da psicologi e sociologi per poter conoscere anche l’aspetto più intimo delle emozioni di chi è rimasto per testimoniare, con il conseguente impatto sulle generazioni successive.
Generazioni che, come evidenziato dagli psicologi che in Israele seguono il passaggio delle emozioni all’interno delle famiglie colpite, stanno ora elaborando il lutto del popolo ebraico tutto, quando, per esempio, durante le marce per la pace che si tengono da qualche anno nei luoghi dello sterminio, si raccolgono per recitare il Kaddish e poi cantano, come in un rituale collettivo, il dolore del passato e la volontà che tutto ciò non accada mai più.
Di altissimo livello tutte le conferenze in programma, tenute da professori universitari, ricercatori di Yad Vashem, analisti in campo sociale e politico. In alcune abbiamo anche avuto modo di ascoltare professori e testimoni di origine italiana, opportunità che ha, se possibile, ancor più legato questa esperienza di studio alla sfera tangibile della nostra partecipazione emotiva.

Dal punto di vista didattico, come era stato introdotto nel Seminario annuale di Firenze del Novembre scorso, si è voluta ribadire l’importanza di partire dalla positività di storie conclusesi con il ritorno delle vittime alla vita e alla costruzione di una nuova famiglia. Per tutte le fasce di età degli studenti, ma in particolare per le classi della primaria che ancora non affrontano gli aspetti più atroci della Shoà, questa metodologia emerge come indispensabile per attivare il sentimento di fiducia nei confronti dell’umanità e sicurezza che anche il periodo più buio può portare ad una nuova luce. Per questo motivo tra le figure identificate dagli esperti di Yad Vashem, riconducibili ai diversi aspetti della Shoà, ossia “il persecutore”, “la vittima”, “il giusto” e “l’indifferente”, un accento particolare è posto sul ruolo che hanno avuto i Giusti tra le nazioni, sottolineando la grandezza dell’animo e la conclusione felice dell’azione di coloro che hanno aiutato gli ebrei perseguitati, anche a rischio della propria vita, con la sola, profonda, convinzione che ciò che stava accadendo fosse un evento inammissibile nella comunità degli uomini. Analoga e centrale importanza è data all’analisi del comportamento di quelli che sono stati definiti dagli studiosi di Yad Vashem come i “bystanders”, ossia gli indifferenti, i noncuranti del destino di milioni di uomini, donne e bambini, o più ancora della sorte dei loro vicini di casa, con cui fino a poco prima avevano condiviso i momenti della quotidianità. Il ruolo dei bystanders sia da monito per tutte le società che non si levano contro le iniquità, affinché ciascuno di noi si prenda carico di chi ha più bisogno e soffre un’ingiustizia, per non soggiacere mai più alle leggi dell’intolleranza e della discriminazione. Come spiegato da Rav Della Rocca nel suo commento alla parashà, “aver due pesi e due misure” significa essere ambigui, non andare in una direzione chiara e definita.

Questo non deve succedere quando si tratta di difesa dei più deboli, per cui dobbiamo sempre esprimerci con fermezza.
A questo scopo, la produzione didattica di Yad Vashem si sta arricchendo di materiali, per presentare a spirale i vari momenti della Shoà: nel susseguirsi degli anni scolastici i racconti, partendo da storie personali di chi è stato aiutato dai Giusti ed è ritornato a vivere con almeno uno dei genitori, continuano con storie di ghetto, separazione dai familiari e trasporto verso i campi. Storie la cui drammaticità rimane a livello affettivo, creando una completa empatia con i protagonisti delle narrazioni, ma senza ancora entrare nei risvolti più cruenti. Si continua l’approfondimento, nelle classi più alte, presentando la realtà dello sterminio, l’attaccamento alla propria identità anche nei momenti più cruciali (come nel caso del kit didattico per le medie in cui si presenta la celebrazione delle feste nei campi), per arrivare ad insegnare tutte le efferatezze perpetrate, insieme con un’analisi socio-politica che parte dal periodo prebellico.

Per un esame più particolareggiato delle lezioni sono in preparazione gli atti del convegno, che saranno pubblicati sul sito del DEC – UCEI. Dagli atti, che sono come da regola mera trasposizione delle conferenze, non trasparirà tuttavia il vissuto di quei giorni, la coesione del nostro gruppo, la voglia di confrontarci nelle nostre conoscenze ed emozioni, il desiderio di sostenerci nei momenti di più forte impatto con le sensibilità di ciascuno di noi … ma noi che eravamo lì sappiamo come questo seminario ci abbia aiutati a crescere, a conoscerci, a creare sempre più il desiderio di incontrarci per continuare un percorso comune di approfondimento, per costruire una prassi educativo-didattica comune per gli alunni delle nostre scuole. Attendiamo il prossimo convegno annuale con grande aspettativa, e ringraziamo il DEC per questi momenti unici della nostra formazione.
Un’ultima nota: Yad Vashem ha raccolto, nella “Hall of Names” che chiude il percorso del nuovo Museo, più di tre milioni di nomi di ebrei sterminati, sia tramite le liste lasciate dagli aguzzini, sia dalle dichiarazioni dei familiari che hanno inviato le schede di testimonianza. Ancora molti nomi mancano, ci è stata fatta richiesta di aiutare in questa opera di restituire, a ciascuna delle vittime, l’identità spezzata. Chiunque pensi di sapere, conoscere, ricordare un nome può andare sul sito di Yad Vashem per compilare la scheda della testimonianza, per restituire un posto e il nome a tutti coloro che non ci sono più.

Come è scritto in Isaia, capitolo 56, verso 5: “Io darò loro, nella mia casa e dentro le mie mura, un posto ed un nome … Yad Vashem … darò loro un nome eterno, che non perirà più”.