Rav Alfonso Arbib alla cerimonia in via Guastalla per le vittime di Pittsburgh

Pittsburgh, alla Sinagoga Guastalla cerimonia di commemorazione e preghiera

Italia

di Roberto Zadik
Una cerimonia sentita e sobria, quella che si è tenuta lunedì 29 ottobre presso la Sinagoga Centrale di via Guastalla a Milano, in ricordo delle 11 vittime e dei sei feriti dell’attacco alla sinagoga di Pittsburgh. Un’iniziativa importante alla quale hanno partecipato personalità comunitarie, come il co-presidente Hasbani e il Rabbino Capo Rav Alfonso Arbib che hanno tenuto due interventi, e diversi consiglieri, da Antonella Musatti a Daniele Schwarz a Joyce Bigio, al presidente della Fondazione Memoriale della Shoah Roberto Jarach ad alcuni membri delle istituzioni, dalla Regione Lombardia con Manfredi Palmeri all’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) con Roberto Cenati.

“Ci troviamo ancora una volta a dover aprire le sinagoghe” ha subito sottolineato il presidente Milo Hasbani “ per ricordare delle vittime innocenti causate dal cieco odio razziale”. Prima di dare la parola a Rav Arbib, egli ha proseguito: “le 11 vittime della strage di Pittsburgh stavano pregando, stavano celebrando lo Shabbat e probabilmente non si aspettavano di morire in questo modo vile. Mentre  uccideva i fedeli in preghiera il terrorista urlava tutti gli ebrei devono morire.” Concludendo egli ha citato una frase di Golda Meir: “ci rifiutiamo di scomparire. Non importa quanto forte, spietata e brutale possa essere la forza usata contro di noi. Sono sicuro che sia il pensiero di tutti noi, grazie”.

Rav Arbib: “L’antisemitismo è forte anche negli Usa”

Molto intenso l’intervento del Rabbino Capo che ha riflettuto su una serie di punti importanti prima di intonare assieme a Rav Sciunnach e a Rav Della Rocca una serie di Salmi e una preghiera per i feriti dell’attentato.

“Ancora una volta siamo qui a commemorare degli ebrei uccisi in quanto tali e questo nel 2018 fa un po’ rabbrividire” ha subito premesso il Rav prima di riflettere sul fatto che “dopo la Shoah fino a questi ultimi anni, pensavamo che dopo la Shoah tutto questo fosse finito ma l’antisemitismo fa parte della storia europea e anche di quella americana nonostante non se ne parli e negli Stati Uniti esiste da tempo un pensiero antisemita strutturato coi suoi autori. Tanto che perfino Hitler aveva come un suo punto di riferimento un libro di Henry Ford”.

Proseguendo riguardo all’antisemitismo “la cosa tragica è che in esso non c’è mai nulla di nuovo e che esso cambia maschere ma la sostanza resta uguale”. In tema di idee antisemite egli ha specificato “ci sono due idee che restano come costanti. Noi ebrei siamo al centro di un complotto contro il mondo e che veniamo da qualche altra parte, forse da Marte o da un altro mondo a colonizzare il mondo e i Paesi in cui viviamo (anche se spesso ci viviamo da millenni o da secoli prima degli altri)”. “Questa è una costante sia delle persone dichiaratamente antisemite che di coloro che apparentemente non si definiscono tali. “Una volta un politico francese disse che i francesi sono molto vicino agli ebrei” ha evidenziato a questo proposito.

Concludendo e citando la parashà settimanale, Chayei Sarah, e il punto dove Abramo davanti a Efron si definisce “straniero e residente”, ha detto: “questo sembra un concetto contraddittorio ma può essere visto anche positivamente conservando parallelamente entrambe le identità e essendo orgogliosi di questo”. Successivamente è stata la volta delle preghiere e dei Salmi, 91, 110 e dal 120 al 135 che hanno concluso questo momento di raccoglimento.