di Anna Balestrieri
L’appello dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
Nel giorno di apertura delle scuole, diverse iniziative hanno invitato gli studenti a osservare un minuto di silenzio dedicato esclusivamente alle sofferenze dei bambini di Gaza. Una scelta che l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (Ucei) definisce pericolosa e divisiva.
«Dinanzi a numerose iniziative che invitano nel primo giorno di scuola a dedicare l’attenzione unicamente a Gaza, sentiamo il dovere di rimarcare la pericolosità di tali scelte», si legge nella nota rivolta al ministero dell’Istruzione, ai dirigenti scolastici, ai docenti e alle famiglie.
Memoria condivisa, non selettiva
Per l’Ucei, l’apertura dell’anno scolastico dovrebbe diventare “un momento di memoria condivisa”, in cui ricordare i bambini israeliani sopravvissuti al massacro di Hamas del 7 ottobre, i piccoli ucraini deportati in Russia, le bambine afghane private del diritto allo studio.
«Ogni vita, ogni storia merita rispetto – conclude l’appello – e la scuola deve vigilare per garantire un approccio pluralista e informato».
Il rischio della polarizzazione
L’Unione teme che queste iniziative possano trasformare la scuola in un terreno di scontro ideologico. Non di rado, infatti, i minuti di silenzio sono accompagnati da contestazioni politiche, slogan che evocano la cancellazione di Israele ed espressioni come “genocidio” o “scolasticidio”.
«La sofferenza dei bambini di Gaza è indicibile, ma anch’essi sono vittime di organizzazioni terroristiche che indottrinano all’odio e usano scuole e spazi civili come scudo», sottolinea l’Ucei.
La petizione: “Sì ai bambini di Gaza, no ai bambini per Gaza”
La polemica ha trovato eco anche in una petizione lanciata su Change.org con il titolo “Sì ai bambini di Gaza, no ai bambini per Gaza. Contro lo sfruttamento politico dei minori”, che invita famiglie e docenti a non aderire al minuto di silenzio.
La promotrice, Sara Natale Sforni, scrive: «Si ha tutto il diritto di mobilitarsi per i bambini di Gaza, ma non si ha nessun diritto di mobilitare i bambini per Gaza nelle scuole».
L’accusa di cordoglio selettivo
Il testo della petizione è netto: «È proprio in nome della pari dignità dei bambini e del loro diritto a non essere strumentalizzati che questa proposta va rifiutata con la massima fermezza».
E ancora: «I bambini palestinesi sono vittime innocenti, ma i bambini israeliani non sono meno innocenti. Perché ricordare gli uni e dimenticare gli altri?».
La mobilitazione a senso unico, si legge, rischia di diventare una forma di “cordoglio selettivo” che «inevitabilmente prelude a un’altrettanto selettiva condanna» e può innescare tensioni nelle comunità scolastiche, colpendo in particolare le minoranze ebraiche.
Le iniziative dell’estate: lettere, spille e libri
Nei mesi estivi, varie sigle e gruppi di insegnanti hanno lanciato proposte e campagne da portare dentro le scuole.
L’Unione Sindacale di Base (USB) ha diffuso una mozione da presentare ai Collegi docenti “per schierarsi contro il genocidio in Palestina”, introducendo così nel dibattito scolastico una posizione politica esplicita.
Dal canto suo, l’“Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole” ha promosso la proposta del minuto di silenzio del primo giorno di scuola, mentre alcuni docenti hanno invitato a indossare spille con la bandiera palestinese come segno di solidarietà.
Il Manifesto ha poi rilanciato l’iniziativa dei “Docenti per Gaza”, che chiedono di controllare i libri scolastici italiani per verificare come viene rappresentata l’occupazione israeliana, con l’obiettivo di “smontare la narrazione ufficiale” nei testi in adozione.
Una comunità scolastica da preservare
La convergenza tra appelli, petizioni e mozioni dimostra che la scuola è diventata un terreno di confronto diretto sul conflitto in Medio Oriente. Tuttavia, sia l’Ucei sia i firmatari della petizione mettono in guardia: la scuola non deve farsi terreno di contrapposizioni politiche, ma va preservata come spazio di educazione, memoria e inclusione, dove ogni studente possa sentirsi rispettato e tutelato.