Gabriele Nissim e Denis Mukwege

Denis Mukwege, difensore delle donne nel mondo

Italia

di Gabriele Nissim
Pubblichiamo di seguito il discorso di Gabriele Nissim, presidente di Gariwo, in occasione della visita del Premio Nobel Denis Mukwege al Giardino dei Giusti di Milano

A nome dell’Associazione per il Giardino dei Giusti – Comune di Milano, Gariwo UCEI – che qui rappresento voglio fare una promessa al dott. Mukwege, Premio Nobel per la pace 2018: noi non permetteremo che nel nostro Paese vinca l’indifferenza nei confronti dell’Africa.
L’Italia, come ha ricordato Mukwege, è il Paese dei missionari, di Papa Francesco, è il Paese di una anima compassionevole nei confronti di chi soffre, e vogliamo che, a poche ore dalle elezioni europee, preservi il suo carattere morale.
E, anche se continueranno ad esserci coloro che seminano odio verso popoli africani, noi con tutte le associazioni della società civile continueremo a comportarci in modo diverso.

È questo il compito delle persone Giuste. Diventare supplenti quando le istituzioni scelgono una cattiva direzione e preservare in ogni modo i valori di umanità.
Ma cosa vuol dire preservare il carattere morale?

Prima di tutto vorrei dire che siamo con Denis Mukwege nella sua battaglia alle Nazioni Unite perché gli stupri di massa siano considerati un crimine contro l’umanità e perché sia creato un tribunale che li possa giudicare. All’ultimo momento, mezz’ora prima della votazione, Stati Uniti, Russia e Cina hanno annacquato la risoluzione ONU e hanno escluso una politica internazionale per punire gli stupratori. Il motivo è molto semplice: non vogliono che queste decisioni possano colpire i loro soldati all’estero.

Questa posizione è una vergogna perché impedisce di proteggere le donne vittime di violenza. Ma è anche qualche cosa di più: lascia sole le donne in Congo e in altri Paesi, perché queste donne violentate e stuprate vengono rifiutate ed allontanate dalle comunità.
Se non si considera lo stupro di guerra come un crimine contro l’umanità, gli autori di questi stupri rimarranno sempre impuniti.

Vorrei poi dire a Mukwege che ci impegneremo per far conoscere in Italia e in Europa il dramma di un Paese con milioni di vittime di scontri fratricidi e con le donne che sono diventate il centro della persecuzione.

Nonostante si parli di memoria dei genocidi, spesso non siamo in grado di impedire che questi nuove atrocità di massa si ripetano. Esiste un rapporto delle Nazioni Unite, il Mapping Report, che documenta questa situazione, ma nessuno a livello internazionale ne tiene minimamente conto.
Perché questo accade? Perché il Congo è un Paese ricchissimo di miniere di oro, Coltan, cobalto, uranio, in cui vengono sfruttati migliaia di uomini e donne per l’estrazione dei minerali a poco prezzo. È il Coltan del Congo che ci permette di avere dei telefonini a buon mercato.
Dobbiamo trasformare queste miniere di sangue in miniere di sviluppo, come ci chiede Mukwege. Dobbiamo impedire che ci siano contratti capestro con lavoratori sottopagati e denunciare queste pratiche all’opinione pubblica.

Da una parte noi rifiutiamo, con il nostro egoismo, i migranti che vengono in Europa; dall’altra parte, per il nostro benessere impediamo che si ponga fine a questo sfruttamento che genera la guerra per bande e porta alle migrazioni stesse. Oggi ci sono 130 gruppi armati che in guerre fratricide hanno fatto delle donne e dei bambini un campo di battaglia.

Nell’esperienza di questo Giardino vorrei dire che, tra le persone onorate, Denis Mukwege può offrire ai giovani il più alto esempio morale. Il Dr. Mukwege nel suo lavoro rischia la vita ogni giorno, perché le bande di stupratori vorrebbero farlo tacere. È uscito indenne da numerosi attentati e non si è fatto mai intimidire.

Vorrei ricordare che Mukwege non è solo un intellettuale africano che si indigna, ma che nel suo ospedale Panzi (ricordiamo tutti questo nome) si è preso cura di cinquantamila donne e come chirurgo e uomo è impegnato ogni giorno per far ritrovare la loro dignità. Non solo salva le loro vite, ma si batte poi per il recupero psicologico delle vittime. In società tribali, rendere giustizia alle donne significa anche farle riaccettare dalle famiglie di provenienza, che le considerano donne prostituite al nemico.

Vorrei ricordare che Mukwege è un cittadino del mondo perché si batte per ricordare le donne stuprate in ogni genocidio (Bosnia, Colombia, Siria, Iraq, Repubblica Centro africana). Il chirurgo non si cura solo del dolore delle donne del suo Paese, ma di quello delle donne di tutto il mondo. È una lezione per tutti coloro che guardano solo alle loro sofferenze particolari. Mukwege è un uomo che si batte per una giustizia universale. Lo potremmo definire come il grande difensore delle donne di tutta l’umanità.

Vorrei ricordare che è un uomo che non solo chiede giustizia, ma che si batte per dare strumenti all’umanità per prevenire questi stupri di guerra chiedendo istituzioni adatte. Non basta condannare, giudicare i carnefici, per Mukwege, ma bisogna educare le società africane a superare tutti i pregiudizi contro le donne.

Ma la cosa che più mi ha stupito di più in questo uomo che lavora nell’inferno è la sua grande speranza nel futuro. Egli continua a pensare con ostinazione che la giustizia e l’amore potranno presto trionfare e fare cambiare il suo Paese.

Non mi è mai capitato di trovarmi di fronte ad un uomo così straordinario che ci fa capire che il male può essere vinto se uno ha fede non solo in Dio, ma anche nell’umanità.

Chi attraversa il male qualche volta diventa più cattivo e spesso chiede vendetta; Mukwege invece ci trasmette la speranza nell’uomo, nonostante tutto.