di Anna Balestrieri
Gli ordini di leva saranno inviati in più fasi durante il mese di luglio 2025, con appuntamenti di arruolamento distribuiti lungo l’anno di leva 2025–2026. I partiti ultraortodossi Shas e UTJ hanno minacciato di boicottare tutte le votazioni plenarie alla Knesset fino alla consegna del testo finale. Ma per il 2025, l’IDF punta a integrare almeno 4.800 haredim. (Foto: Soldati haredim. Screenshot X, fonte World Israel news).
Israele si trova al centro di una trasformazione epocale in materia di leva militare, con una serie di decisioni senza precedenti che puntano all’arruolamento su larga scala degli ebrei ultraortodossi (Haredim). La controversa riforma, promossa dal governo e sostenuta dalle forze armate, ha scatenato tensioni all’interno della coalizione, critiche da parte dell’opposizione e accese reazioni della società civile.
Netanyahu cerca di evitare la crisi, Lapid attacca
Nel tentativo di prevenire una crisi politica imminente, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha chiesto al presidente della Commissione Difesa della Knesset, Yuli Edelstein, di condividere in anticipo una bozza della legge sulla leva con Ariel Atias, rappresentante politico degli Haredim. La mossa mira a contenere le proteste della componente ultraortodossa della coalizione prima del volo di Atias verso Washington.
Yair Lapid, leader dell’opposizione, ha definito il disegno di legge “una misura pensata per legalizzare l’evasione dalla leva”. Anche le associazioni dei riservisti hanno reagito duramente, accusando il governo di aver tradito le promesse e di “fare politica sulla pelle dei soldati”.
La minaccia degli Haredim: senza progressi immediati, il governo cade
La versione preliminare della legge sulla leva è stata presentata da Yuli Edelstein ad Ariel Atias (Shas) prima della partenza di Netanyahu per Washington, provocando un ritardo nel viaggio del premier. Il testo, più morbido rispetto alle versioni precedenti, è stato condiviso prima ancora con gli Haredim che con i riservisti, scatenando l’indignazione dell’opposizione.
Dalla parte opposta, i rappresentanti del mondo ultraortodosso hanno lanciato un chiaro avvertimento: se la nuova legislazione non avanzerà rapidamente, il sostegno al governo potrebbe venir meno. La posta in gioco è la tenuta stessa dell’esecutivo Netanyahu, fondato su una fragile alleanza tra laici e religiosi. Una recente minaccia di caduta del governo era stata sventata solo il mese scorso, grazie a sforzi concertati del premier e della coalizione di governo.
Dopo l’accordo preliminare sulla legge, un attacco israeliano contro il programma nucleare iraniano ha scatenato una guerra di 12 giorni, che ha sospeso ogni discussione alla Knesset. Edelstein e Deri erano stati informati in anticipo dei raid, facilitando il loro consenso momentaneo.
Gli ordini di leva saranno inviati in più fasi durante il mese di luglio 2025, con appuntamenti di arruolamento distribuiti lungo l’anno di leva 2025–2026.
I partiti ultraortodossi Shas e UTJ hanno minacciato di boicottare tutte le votazioni plenarie alla Knesset fino alla consegna del testo finale. La loro opposizione alla bozza resta, ma non intendono far cadere il governo, almeno per ora.
Contenuti specifici della bozza annacquata
- Validità limitata: sei anni, o quattro se non vengono raggiunti gli obiettivi di reclutamento.
- Sanzioni immediate: divieto di viaggi all’estero, revoca della patente, esclusione da sussidi per università.
- Altre sanzioni, come l’esclusione da asili e trasporti pubblici sovvenzionati, posticipate.
- Niente più sussidi per famiglie con disertori, ma le misure sono state notevolmente diluite rispetto alla bozza originaria.
L’IDF avvia la più vasta campagna di reclutamento degli Haredim della storia israeliana
Nel frattempo, l’esercito ha annunciato l’avvio di un piano senza precedenti: entro fine luglio 2025 verranno inviati 54.000 ordini di leva ai cittadini haredim considerati idonei al servizio militare, di età compresa tra i 16 anni e mezzo e i 26. L’obiettivo è portarli in servizio attivo entro luglio 2026.
Il processo per dichiarare un giovane come disertore sarà ridotto a circa due mesi, contro i diversi mesi richiesti in passato. Questo permetterà arresti molto più rapidi.
Si tratta del più vasto tentativo mai compiuto di integrare gli ultraortodossi nell’IDF. Questo avviene in un contesto di forte pressione pubblica e giudiziaria: il numero crescente di caduti e feriti tra le forze regolari, unito al prolungamento dei turni di riserva, ha spinto la Corte Suprema e l’opinione pubblica a chiedere una maggiore equità nella distribuzione del peso della difesa nazionale.
Finora, nonostante i richiami, la risposta della comunità haredi è stata minima. La leadership ultraortodossa continua a sostenere che “è proibito arruolare studenti di yeshivà la cui professione è lo studio della Torà”, ritenendo che tale studio costituisca una forma di protezione spirituale per lo Stato.
Sanzioni individuali e arresti: stretta dell’IDF sui disertori
L’IDF ha inoltre richiesto al governo l’introduzione di sanzioni dirette contro i singoli haredim che ignorano le convocazioni. Nel frattempo, però, non ha atteso l’approvazione della nuova legge — ferma in Parlamento e bloccata dalla pausa estiva della Knesset — per dare il via alla campagna.
La Polizia Militare e la Polizia di Frontiera saranno autorizzate a istituire checkpoint sia in Cisgiordania che all’interno di Israele, per facilitare l’arresto dei disertori. Già da settembre, l’IDF sarà operativo per arrestare disertori. Chi ignorerà tre convocazioni sarà considerato disertore; chi si sottrarrà per oltre 540 giorni potrà essere incarcerato. In alternativa, per coloro che rientrano in periodi più brevi di diserzione, è prevista la detenzione in unità speciali dell’esercito.
Attualmente, sono disponibili tra i 250 e i 300 posti nelle prigioni militari, ma l’IDF sta valutando l’apertura di una nuova struttura detentiva per aumentare la capacità. L’arresto dei disertori avverrà in modo strategico: anziché irrompere nei quartieri haredi o nei villaggi beduini, l’esercito sfrutterà aeroporti, posti di blocco e controlli lungo le principali arterie del Paese, tra cui i valichi in Giudea e Samaria (Cisgiordania) e la strada per Eilat. Solo all’ingresso delle città ultraortodosse verranno eretti checkpoint, per evitare tensioni nel cuore dei quartieri religiosi.
Negli ultimi mesi, circa 140 disertori sono già stati arrestati all’aeroporto Ben Gurion. Si prevede che entro pochi mesi il numero di individui arrestabili possa salire a 35.000, con una netta prevalenza di Haredim.
A settembre partirà l’operazione “Nuovo Inizio”, che offrirà una possibilità di regolarizzazione a chi ha disertato in passato: questi potranno arruolarsi senza conseguenze penali, prestando un anno di servizio “in prova”. Se completato con successo, il loro status di disertori sarà annullato.
Obiettivo 2025: 4.800 Haredim integrati, ma serve il sostegno dei rabbini
Per il 2025, l’IDF punta a integrare almeno 4.800 haredim, un numero significativamente superiore rispetto agli anni precedenti. Tuttavia, senza il sostegno aperto di rabbini e politici ultraortodossi, pochi si aspettano che la risposta alle convocazioni possa migliorare sensibilmente.
Nonostante le tensioni, alcune unità haredi sono già operative e attivamente coinvolte nei combattimenti. Due compagnie ultraortodosse sono schierate nella Striscia di Gaza e una di esse ha partecipato all’eliminazione di circa 41 terroristi, in operazioni coordinate con l’aviazione.
Il Capo di Stato Maggiore, generale Eyal Zamir, ha visitato la Brigata Hashmonaim, composta da soldati haredim, e si è rivolto a loro con parole di stima: “Voi dimostrate che fede e servizio militare possono coesistere. Siete pionieri, un orgoglio per le vostre famiglie e per l’intera società. So che affrontate difficoltà personali, ma la perseveranza premia sempre.”
Zamir ha concluso ringraziando i soldati per il loro contributo, sottolineando il valore esemplare del loro impegno.
Yair Lapid ha espresso pieno sostegno alle nuove misure dell’IDF, ribadendo che “l’esercito israeliano è l’esercito di tutto il popolo, non di mezzo popolo.”
Lo scontro sulla leva militare in Israele rappresenta molto più di un dibattito tecnico: tocca i nervi scoperti dell’identità collettiva, dei diritti e dei doveri nella società israeliana. Tra l’urgenza operativa dell’IDF, le rivendicazioni religiose, le pressioni dell’opinione pubblica e l’instabilità politica, il Paese si prepara a una trasformazione profonda del proprio contratto sociale.