«Siamo ansiosi e scossi»: così i parenti degli ostaggi israeliani descrivono l’effetto delle notizie sulla possibilità di una liberazione di dieci ostaggi nel contesto di un’imminente operazione dell’IDF nel cuore della Striscia, un’area finora mai battuta dai soldati. «Chi può assicurarci che questa decisione non metterà a rischio la vita dei nostri cari?», chiedono con voce rotta, ricordando l’uccisione di sei prigionieri lo scorso agosto. Per loro, spiegano, gli ostaggi non sono “merce di scambio” ma vite appese a un filo.
La tensione cresce anche nelle piazze: decine di migliaia di persone hanno sfilato sabato sera da Hostages Square a tel Aviv fino all’ambasciata USA di Tel Aviv per invocare «un accordo globale, ora!». L’annuncio arriva dal Forum Famiglie degli Ostaggi e dei Dispersi, che denuncia «promesse vuote» e chiede a Washington di fare pressione decisiva su Israele e Hamas. L’ex ostaggio Doron Steinbrecher ha parlato in inglese al pubblico, seguito da Ilay David e Nadav Rudaeff.
Sul fronte diplomatico, Donald Trump assicura che «altri dieci ostaggi saranno liberati a brevissimo» nell’ambito di un’intesa parziale sostenuta dal suo inviato speciale Steve Witkoff. A Doha, intanto, si discute una tregua di sessanta giorni che includerebbe il rilascio dei dieci prigionieri vivi, le spoglie di diciotto caduti e, per la prima volta, la prospettiva di porre fine alla guerra. Durante la tregua, le parti dovrebbero negoziare il cessate‑il‑fuoco permanente e la liberazione dei restanti ventidue ostaggi. Israele afferma di aver conferito ai propri negoziatori «un mandato ampio e flessibile», ma accusa Hamas di «tirare in lungo» sulla proporzione detenuti‑ostaggi. Nel frattempo, i familiari avvertono: «I nostri figli e la popolazione di Gaza non hanno più tempo».
Evacuazione lampo a Deir al‑Balah
L’esercito ha ordinato l’evacuazione immediata della zona sud‑occidentale di Deir al‑Balah, inclusi gli sfollati nei campi tenda. Il portavoce arabo dell’IDF, Avichay Adraee, parla di operazioni «con grande forza» in un settore sinora inesplorato, alimentando il timore di un’ulteriore escalation.
Assalto al deputato Ayman Odeh: fermati tre sospetti
Durante una manifestazione anti‑governativa a Nes Tziona, l’auto del politico arabo‑israeliano Ayman Odeh è stata accerchiata e colpita da attivisti della destra radicale. Tre persone sono state arrestate con l’accusa di minacce e danneggiamento di un pubblico ufficiale. La polizia rivendica di aver agito «in modo professionale» grazie a ventiquattro agenti schierati in anticipo.
Lieberman punta dritto a Teheran
Il leader di Yisrael Beiteinu, Avigdor Lieberman, chiede di concentrare «ogni sforzo sul rovesciamento del regime iraniano». A suo dire, tra pochi anni Teheran disporrà di «migliaia di missili balistici»; intanto accusa Netanyahu di prolungare la guerra «per interesse elettorale».
Siria, la finestra diplomatica e il monito di Washington
L’inviato USA Tom Barrack plaude alla revoca delle sanzioni da parte di Trump e invita le fazioni siriane a «deporre subito le armi». Il segretario di Stato Marco Rubio avverte Damasco: senza un’azione rapida nel sud del Paese «svaniranno le speranze di una Siria unita e libera dall’influenza iraniana». Nonostante un fragile cessate‑il‑fuoco, continuano scontri tra drusi e beduini a Sweida.