Cancellare il veleno dall’anima

di Fiona Diwan


La preghiera per le vittime della strage di Tolosa (foto Daniela Haggiag)

Il Tempio Maggiore di via Guastalla era gremito oltre ogni dire, più di 500 persone di cui moltissime in piedi, una platea muta e commossa, tutti accorsi per la preghiera in memoria delle quattro vittime della strage di Tolosa: i piccoli Gabriel, Arieh, Miriam e il rabbino Jonathan Sandler, le cui esequie in Israele avvenivano poche ore prima, sempre nella giornata del 22 marzo. C’erano davvero tutti: milanesi, autorità cittadine, Comunità ebraica in tutte le sue svariate componenti, rappresentanze delle comunità musulmane, induiste, cattoliche, valdesi…

“Ciò a cui dobbiamo dire basta è l’educazione all’odio. Senza l’odio inoculato giorno per giorno nessuno avrebbe compiuto gli omicidi di Tolosa: perché nessun essere umano può guardare negli occhi una bambina di otto anni e subito dopo sparare senza questo veleno nell’anima. È ora di porre un limite a qualcosa di intollerabile: ovvero l’educazione all’odio, un sentimento che alimenta a tal punto l’avversione verso l’altro da arrivare a disumanizzarlo completamente. Solo così, appunto disumanizzandolo, lo si può uccidere. È come se il filo rosso dell’antigiudasimo non si fosse mai spezzato in una linea di continuità dal Medioevo ad oggi. Senza dimenticarci che l’odio è gratuito, sempre. Non ha motivazione”. Con la voce rotta dall’emozione, a braccio, ha parlato il Rabbino capo di Milano, rav Alfonso Arbib. Parole forti, capaci di colpire al cuore tutti coloro che si sono voluti riunire in Tempio nella serata del 22 marzo, per ricordare quattro vite cancellate dalla follia omicida di un assassino franco algerino figlio malato delle banlieu.

Ma andiamo con ordine. Il sindaco Giuliano Pisapia ha esordito dicendo che la prima e più importante sfida oggi è educare alla democrazia. “Non permetteremo a nessuno di colpirvi. Amiamo la vita, la pace, la libertà. Nessuno colpirà le minoranze, occorre dare un senso a  queste morti”, ha detto il sindaco.

Ma a puntare il dito sull’antisemitismo è stato Guido Podestà, Presidente della Provincia, l’unico a nominare con nome e cognome tutte e quattro le vittime. “Pensavamo che questi episodi fossero lontani nel tempo, relegati nelle parole dei nostri nonni o genitori. Invece no. Improvvisamente è come se una breccia nel tempo e nella storia si fosse di nuovo aperta. Ma la domanda giusta è: e domani? Che sarà?  Lo sdegno di oggi deve essere seguito dalle azioni di domani e non appassire con la giornata che si sta consumando ora. Guai a chi gira la testa dall’altra parte”.

Il presidente Jarach apre il suo intervento citando Elie Wiesel, Primo Levi (il suo discorso è pubblicato integralmente qui sotto). “Sono troppo emozionato per andare a braccio. Il dolore mi sovrasta e quindi preferisco leggere. A Tolosa abbiamo assistito a un atto scellerato che non dovrebbe più trovare spazio nella società civile. Dobbiamo prendere atto tristemente che l’odio per il diverso è oggi presente in tutta Europa e che deve trovare strenui oppositori in noi tutti, cittadini italiani: dobbiamo agire sui giovani, sulle scuole, sui media per tacitare le voci di odio e educare al rispetto reciproco”.

“Sono commosso dall’abbraccio dei milanesi e della cittadinanza. La giunta comunale ha interrotto apposta la seduta in corso per partecipare a questa commemorazione, così come ha fatto anche la giunta provinciale, in segno di vicinanza e empatia. Questo crimine ha riportato indietro le lancette della storia. Oggi la battaglia è contro chi istiga all’odio. Vigilare vuol dire mettere in atto un’azione di monitoraggio continuo verso siti internet, raduni antisemiti e media che inneggiano alla morte e distruzione di gruppi di persone, e combattere qualsiasi forma di istigazione all’annientamento o al non rispetto del diverso. Che si tratti di ebrei, musulmani o rom. Sento che in questo difficile compito le autorità qui presenti non lasceranno da solo nessuno. Ogni forma di estremismo oggi può trovare amplificata la propria voce grazie alla facilità di accesso ai sistemi di comunicazione. Oggi ringrazio chi ci permette di fare una vita normale in questa città”, ha sottolineato Daniele Nahum, vice presidente della Comunità ebraica.

E dopo i discorsi ufficiali, infine la preghiera, la tefillà. Sulla tebà, l’altare, sono stati chiamati una decina di rabbanim che hanno intonato lo Shir HaMaalot -il canto dei gradini-, e il kaddish, la preghiera per i morti. In silenzio, la città di Milano ha detto addio ad altri bambini ebrei morti solo perché erano ebrei.

Il discorso del Presidente della Comunità, Roberto Jarach

Inizio con parole di Elie Wiesel: “si può forse chiamare uomo quello?” che uccide bambini innocenti con l’unica colpa di essere nati ebrei, un antisemita ancora oggi disposto a oltrepassare i limiti dell’umanità. Non a caso mi ricollego attraverso Wiesel al ricordo di Primo Levi, di cui ricorre quest’anno il 25° anniversario della morte. Dal “Se questo è un uomo” della vittima spogliata della propria dignità e personalità, al quesito se possa considerarsi uomo chi ha comportamenti degni degli animali più feroci ed aggressivi.

A Tolosa abbiamo assistito nuovamente ad un gesto scellerato che non dovrebbe più trovare spazio in una cosiddetta “società civile”: si è tolta a dei bambini la possibilità di farsi una vita, nel luogo stesso nel quale essi vengono formati e guidati perché si formino una coscienza etica e morale.

Non voglio ricollegarmi ai fatti tragici della prima metà del secolo scorso, alla Shoah, allo sterminio programmato, voglio però sottolineare quel filo ininterrotto di antisemitismo, come sopraffazione ed eliminazione del diverso, che oggi vediamo risorgere con preoccupazione. Voglio lanciare qui un appello ai mezzi di informazione, ai politici: non cercate motivazioni strumentali e contingenti a fatti e comportamenti che nascono negli anfratti più bui della stessa natura umana, in quei soggetti più portati alla violenza cieca che nasce dall’odio e dal pregiudizio. Non possiamo più accettare le giustificazioni legate a situazioni politiche per atti così atroci e violenti. L’antisemitismo e l’odio basato sulla discriminazione razziale devono essere condannati senza riserve da chiunque abbia a cuore il futuro dell’umanità e della società multietnica e multiconfessionale che sta diventando lo scenario di tutta l’Europa e di gran parte del mondo.

Una Europa nella quale storia criminale e storia politica si mescolano: dai giovani norvegesi di Breivik, agli ebrei e magrebini di Tolosa, dagli attentati di Londra a quelli di Madrid ai fatti preoccupanti di Ungheria. In questo quadro l’Islam diviene di volta in volta aggredito ed aggressore, creando situazioni di instabilità e di malessere crescenti.

Oggi chiediamo con forza e determinazione che i fatti di violenza come quello di Tolosa vengano riconosciuti come gesto di antisemitismo che non ammette attenuanti, e che i mezzi di informazione smettano di dare spazio a infondati collegamenti alla situazione mediorientale ed alla politica dello Stato di Israele. Dobbiamo prendere tristemente atto che l’odio verso il “diverso” è presente in tutta Europa e deve trovare strenui oppositori in tutti coloro che si impegnano per la convivenza, la comprensione e la crescita sociale.

Agiamo sui giovani, sulle scuole, per formare nuove generazioni con alti valori morali, che rifuggano dalla violenza e crescano approfondendo conoscenza e principi di convivenza: dalle diversità nasca un futuro migliore per tutti convogliando sforzi comuni verso la crescita, sconfiggendo la violenza e le sopraffazioni.