di Anna Balestrieri
Beit Avi Chai, centro culturale di Gerusalemme dedicato alla promozione della lingua ebraica e al dialogo culturale, organizza regolarmente seminari, letture pubbliche e laboratori creativi. Il ciclo “Leggiamo Etgar Keret”, parte della più ampia rassegna Idee senza confini, ha trasformato Zoom in un piccolo laboratorio di immaginazione e ascolto, offrendo ai partecipanti un’esperienza immersiva nei racconti brevi dello scrittore israeliano.
Il primo appuntamento del ciclo, il 16 ottobre, ha proposto una lettura lenta di Rompi il porcellino, guidata da Linor Goralik. Apparentemente semplice, il racconto si apre con un padre che vuole insegnare al figlio il valore del denaro. Alla richiesta di ricevere un pupazzo dei Simpson, il bambino riceve invece un salvadanaio a forma di porcellino. Ogni mattina, se berrà il latte senza vomitare, potrà inserire una moneta nel salvadanaio. Solo quando il porcellino sarà pieno il bambino potrà finalmente ottenere il tanto desiderato pupazzo.
Sfumature emotive e ironia
Come spesso accade nei racconti di Keret, la semplicità nasconde un intreccio di emozioni e ironia: il bambino si affeziona al porcellino, che diventa il suo compagno di giochi più caro, e l’idea di distruggerlo con il martello consegnatogli dal padre lo riempie di orrore. La tensione tra disciplina e affetto, tra dovere e desiderio, diventa il cuore emotivo della storia.
Lettura e traduzione
L’appassionata lettura di Linor Goralik ha reso il porcellino quasi “reale” agli occhi dei partecipanti. La lettura lenta ha permesso di assaporare ogni dettaglio: la scelta delle parole, il ritmo dei dialoghi, le sottigliezze dell’ironia keretiana e la delicatezza dei sentimenti del bambino.
Attraverso questo incontro, è emerso anche il ruolo cruciale della traduzione, mostrando come Keret giochi con il ritmo e la musicalità delle frasi, trasformando la lingua in uno strumento di emozione e sorpresa.
Dettagli e memorie familiari
Il secondo appuntamento, il 23 ottobre, ha approfondito Estate ’76, uno dei racconti più personali di Keret. La storia ripercorre l’estate dell’infanzia del narratore, in Israele, tra giochi con la classe, ricordi familiari e tensioni sociali.
La narrazione inizia con un episodio apparentemente banale: l’aggiunta di un nuovo bagno nella casa della famiglia, “mio bagno personale con piastrelle verdi e tende bianche”. Keret trasforma il quotidiano in simbolo di ricchezza, ordine e potere familiare. Attraverso questi dettagli, il racconto esplora l’equilibrio delle dinamiche familiari, in cui il padre ha un ruolo centrale ma la madre è regina del suo spazio e tempo.
Il narratore, bambino, osserva il mondo con innocenza e leggerezza: tragedie globali, tensioni internazionali e incidenti lontani sono percepiti solo come sfondo, senza disturbare la magia della sua estate. Parallelamente, Keret mostra come la memoria e la fantasia si intreccino, alternando eventi reali e percezioni soggettive, con uno sguardo adulto che riflette sull’infanzia con ironia e nostalgia.
Riflessioni sulla crescita
Il racconto affronta temi universali: la preparazione dei bambini alla vita, la gestione di conflitti e tensioni, la percezione del pericolo e della sicurezza, sempre filtrati attraverso lo sguardo curioso e vivace di un bambino. La lettura guidata ha messo in luce il contrasto tra libertà infantile e limiti imposti dagli adulti, e il ruolo delle generazioni precedenti nella costruzione della resilienza emotiva.
Entrambi gli incontri hanno confermato la forza dei racconti brevi di Keret: piccoli mondi in cui ogni oggetto banale, ogni gesto quotidiano, diventa occasione di riflessione, stupore e ironia. La lettura lenta, combinata con spiegazioni e commenti di Linor Goralik, ha permesso ai partecipanti di cogliere la musicalità, l’umorismo e la profondità emotiva dei racconti, mostrando come la letteratura russo-israeliana possa creare ponti culturali, stimolare il pensiero critico e suscitare una profonda empatia.





