Nipoti di Mandela visitano Gaza e Israele, e respingono l’accusa di apartheid

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di Nathan Greppi
Nel corso della visita, organizzata dal National Black Empowerment Council (NBEC) e durata dal 27 settembre al 1 ottobre, le due sorelle sono rimaste scioccate “dalla portata dell’atrocità del 7 ottobre 2023”, e di “persone uccise solo perché erano ebree”, nonché dalla situazione umanitaria a Gaza. Smentendo anche che a Gaza non entrano aiuti umanitari. (Foto NBEC)

 

Zamaswazi “Swati” Dlamini-Mandela e Zaziwe Dlamini-Manaway, nipoti del defunto presidente del Sudafrica Nelson Mandela, hanno recentemente visitato sia Israele che la Striscia di Gaza. Un’esperienza che le ha spinte ad aprire gli occhi “sulla sofferenza di tutte le parti” e sulla “complessità del conflitto”, andando contro la narrazione propal dell’attuale governo sudafricano.

La visita

Nel corso della visita, organizzata dal National Black Empowerment Council (NBEC) e durata dal 27 settembre al 1 ottobre, le due sorelle sono rimaste scioccate “dalla portata dell’atrocità del 7 ottobre 2023”, e di “persone uccise solo perché erano ebree”, nonché dalla situazione umanitaria a Gaza, come hanno raccontato in seguito al giornale ebraico sudafricano SA Jewish Report.

“Dopo il 7 ottobre, quando civili israeliani sono stati brutalmente attaccati da Hamas e centinaia sono stati rapiti, era importante per noi venire in solidarietà con le vittime della violenza, per comprendere in prima persona la realtà della sicurezza di Israele, testimoniare ed essere presenti con coloro che sono ancora in lutto”, ha detto Dlamini-Manaway. Nel corso della visita, hanno incontrato il presidente israeliano Isaac Herzog, visitato Yad Vashem e la Città Vecchia di Gerusalemme.

Incontro con le vittime del 7 ottobre

Visitando i luoghi dei massacri del 7 ottobre, come il Kibbutz Nir Oz e il sito del Nova Music Festival, hanno incontrato i sopravvissuti e coloro che quel giorno hanno perso i loro cari: “Vedere come le famiglie sono state assassinate semplicemente perché erano ebree ci ha segnate per sempre”, ha detto Dlamini-Manaway. “Il dolore è immenso. Abbiamo incontrato una madre i cui due figli sono stati presi in ostaggio. Si vedeva Gaza da casa sua. Ci ha detto che non avrebbe mai immaginato che una cosa del genere potesse accadere perché si erano sempre sentiti al sicuro”.

Per Dlamini-Mandela, un’esperienza particolarmente sconvolgente è stata incontrare Rachel Goldberg-Polin, madre dell’ostaggio ventitreenne Hersh Goldberg-Polin ucciso a Gaza. “La sua storia ci ha spezzato il cuore. Abbiamo visto il dolore nei suoi occhi, ma abbiamo anche visto la determinazione di andare avanti e in qualche modo trovare la luce attraverso l’oscurità”.

Gli aiuti umanitari

Zamaswazi Dlamini-Mandela e Zaziwe Dlamini-Manaway consegnano aiuti umanitari a Gaza (Foto Nbec)

 

Il 30 settembre, le due sorelle sono entrate a Gaza con la GHF (Gaza Humanitarian Foundation), per portare aiuti a donne e bambini. In tale occasione, hanno smontato la narrazione dei media mainstream, secondo i quali non entravano più aiuti umanitari a Gaza.

“Abbiamo visto organizzazioni umanitarie entrare a Gaza, distribuendo cibo, medicine e beni di prima necessità”, ha detto Dlamini-Manaway. “La nostra percezione dai resoconti dei media era che c’erano pochi o nessun aiuto, e questo era totalmente falso”. Ha spiegato che hanno contribuito a distribuire aiuti alimentari a più di 10.000 persone tra donne e bambini, aggiungendo che il “GHF è così ben gestito che gli operatori umanitari conoscevano anche molti dei destinatari per nome”.

L’apartheid e il ricordo di Mandela

La posizione da loro assunta è in aperto contrasto con le posizioni dell’ANC (African National Congress), principale partito di governo in Sudafrica e del quale Nelson Mandela fu a suo tempo il leader, nonché con il loro cugino Nkosi Mandla Mandela, sostenitore dichiarato di Hamas e degli Houthi che era a bordo dell’ultima Flotilla diretta a Gaza.

“La posizione del governo non parla a nome di tutti i sudafricani”, ha detto Dlamini-Mandela in un’intervista al sito Jewish News. “La nostra è stata una visita umanitaria. Siamo venute per ascoltare e imparare. Ciò a cui abbiamo assistito è stato il dolore della gente comune, non la politica”.

Parlando del loro nonno, Dlamini-Manaway ha detto: “Si batteva per il dialogo e l’unità. Chiunque invochi il suo nome dovrebbe ricordarlo. Oggi sarebbe al tavolo (delle trattative, ndr), cercando di riunire i vari leader”.

Le due sorelle hanno anche respinto l’accusa di apartheid spesso rivolta a Israele: “L’apartheid era una separazione razziale imposta dal governo”, hanno detto. “Quello che abbiamo visto in Israele e a Gaza è molto diverso. Non c’è paragone. Abbiamo visto comunità ebraiche e arabe vivere, lavorare, sposarsi fianco a fianco. L’equiparazione delle due storie le travisa entrambe”.

La Dlamini-Mandela ha concluso dicendo: “Siamo cresciute in una casa che rifiutava l’ostilità contro qualsiasi nazione. Ci è stato insegnato a cercare sempre la pace, a unificarci, ad amare. Questo è ciò che abbiamo cercato di portare con noi in Israele e Gaza, l’umanità sopra ogni altra cosa”.