«Fuori i sionisti dalle Università». Caos a Pisa: professore al pronto soccorso

Italia

di Nina Deutsch
«Mi accusano solo perché non sono schierato con loro e perché, insieme a una collega, ho criticato la decisione dell’Ateneo di non restare neutrale», ha dichiarato il professore. La presidente UCEI, Noemi Di Segni: «Appiattimento sulla narrativa propagandistica di Hamas». La ministra Bernini: «Intollerabile». Una frattura che divide il mondo accademico. (Foto: Instagram/@studentxalestina_pisa)

 

Momenti di forte tensione ieri mattina al Polo Piagge dell’Università di Pisa, dove un gruppo di circa quindici studenti dei collettivi pro Palestina ha interrotto una lezione del professor Rino Casella, associato di Diritto Pubblico Comparato. Gli studenti, saliti sulla cattedra e armati di megafono, hanno gridato slogan a favore di Gaza: «Palestina libera. Fuori i sionisti dalle Università».

Secondo quanto riportato dal docente, durante l’irruzione sarebbe stato colpito con calci e pugni: «Non mi è stato solo impedito di fare lezione – ha raccontato – ma sono stato anche aggredito fisicamente, soprattutto perché ho cercato di fare da scudo a uno studente picchiato solo per avere tentato di togliere una bandiera palestinese ai manifestanti». Dopo l’accaduto, Casella si è recato al pronto soccorso, dove gli sono state diagnosticate contusioni ed escoriazioni con prognosi di alcuni giorni. «Mi accusano solo perché non sono schierato con loro e perché, insieme a una collega, ho criticato la decisione dell’Ateneo di non restare neutrale».

Sul profilo Instagram del collettivo Studenti per la Palestina Pisa sono poi comparsi foto e video del blitz, corredati dall’accusa al professore di essere «sionista»: «Gente come questo professore nelle aule non ci deve stare, non deve avere spazio» ha detto una delle attiviste al megafono. «Abbiamo interrotto la lezione del professore – hanno aggiunto gli attivisti – perché il docente ci ha impedito di parlare del genocidio in atto in Palestina e del fatto che l’Università di Pisa è complice tramite accordi e progetti che porta avanti con lo stato genocidario di Israele».

 

Le reazioni istituzionali

La ministra dell’Università Anna Maria Bernini è intervenuta immediatamente e ha telefonato al rettore Riccardo Zucchi, al professor Casella e al prefetto di Pisa, Maria Luisa D’Alessandro.

«Sarà la magistratura ad indagare», ha dichiarato il rettore, precisando che «accusare la nostra Università di sostenere uno stato genocidario mi sembra fuori dal mondo, oltre che un grossolano errore». E ha aggiunto: «Posso dire in generale che, ferma restando la nostra posizione su Gaza ormai nota, il nostro ateneo rifiuta ogni forma di violenza, verbale o fisica, che faccia passare le persone dalla parte del torto. L’interruzione delle lezioni, a maggior ragione se accompagnata da aggressioni fisiche, è assolutamente intollerabile».

Rino Casella, professore associato di Diritto Pubblico Comparato all’Università di Pisa

Bernini a sua volta ha condannato l’episodio con parole nette: «Le università non sono zone franche dove è consentito interrompere lezioni o aggredire professori. Quanto accaduto all’Ateneo di Pisa è intollerabile per una società che si riconosce nei valori della democrazia».

La ministra ha poi aggiunto: «Colpire la libertà accademica significa attaccare il cuore della nostra democrazia: dobbiamo difenderla tutti, senza se e senza ma». (HuffPost).

Durissima anche la presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (UCEI), Noemi Di Segni: «Quel che è successo all’Università di Pisa è proprio l’escalation che da tempo temiamo e avvertiamo come deriva della violenza già lungamente tollerata, in nome della “dialettica democratica”, e come appiattimento sulla narrativa propagandistica di Hamas».

Di Segni ha ammonito: «Va ricordato che i palestinesi sono strumentalizzati da chi li considera scudi umani e nessuna irruzione nelle aule potrà mai soccorrerli. Anzi così si continua a legittimare il terrorismo. Noi speriamo che l’anno accademico si avvii invece con ben altre capacità di comprendere la complessità escludendo giudizi arbitrari e violenza verbale e fisica».

Il comunicato UGEI

«Quanto accaduto oggi all’Università di Pisa, con l’irruzione in aula e il ferimento del professor Rino Casella, rappresenta un’escalation preoccupante, richiamando dinamiche già viste lo scorso maggio al Campus Einaudi di Torino. Non si tratta di una semplice contestazione: è un attacco diretto alla libertà accademica e alla sicurezza della comunità universitaria.

Come UGEI, esprimiamo piena solidarietà al docente coinvolto e ribadiamo con forza che violenza e intimidazione non possono trovare spazio negli atenei italiani. Serve un argine deciso contro questi comportamenti, perché l’università deve restare un luogo di studio, confronto e crescita, non un palcoscenico di propaganda». Così in una nota l’Unione Giovani Ebrei d’Italia (UGEI).

Una frattura che divide il mondo accademico

L’episodio di Pisa si inserisce in una scia di tensioni già viste negli ultimi mesi in altre università italiane. A maggio, al Campus Einaudi di Torino, un’analoga irruzione durante una lezione aveva innescato polemiche e proteste. Non si tratta dunque di un caso isolato, ma di un fenomeno che sta assumendo un carattere ricorrente.

La questione solleva interrogativi cruciali: fino a che punto la protesta studentesca può invadere gli spazi accademici senza trasformarsi in intimidazione? È legittimo che un docente venga marchiato con etichette ideologiche e messo all’indice per le sue opinioni?

In una stagione internazionale segnata dalla guerra a Gaza e da un’ondata di proteste in campus universitari di tutto il mondo, le università italiane si trovano ora al centro di un bivio: restare luoghi di confronto aperto e civile, o diventare arene di scontro in cui il dialogo cede il passo alla forza.