Voci da Israele, oggi: Guerra e normalità o normalità della guerra? Occupazione o ostaggi?

Eventi
di Anna Balestrieri

L’incontro organizzato dall’Associazione Italia Israele di Milano il 9 settembre 2025 ha offerto uno spaccato intenso e sfaccettato della realtà israeliana odierna, segnata da una guerra che sembra non conoscere tregua e da una società che si interroga sulla propria tenuta morale e politica. Guidati dalla moderazione di Davide Assael, Rav Michael Ascoli e Jonathan Sierra hanno intrecciato due registri differenti ma complementari: quello etico-filosofico e quello pragmatico-politico.

La voce di Rav Michael Ascoli

Rav Ascoli ha posto al centro del suo intervento il peso morale che grava su Israele: la sofferenza dei civili palestinesi e la corrosione dell’anima israeliana sono, a suo avviso, due facce della stessa realtà. Il rabbino ha ricordato l’esistenza di un codice etico elevatissimo all’interno delle Forze di Difesa Israeliane, sottolineando tuttavia la difficoltà di mantenerlo in un contesto come Gaza, dove l’asimmetria del conflitto logora anche la coscienza.

Un punto forte della sua analisi è stata la denuncia della “normalizzazione” di fenomeni che fino a poco tempo fa sarebbero stati considerati inaccettabili: dal terrorismo dei coloni in Cisgiordania, sempre più tollerato e persino incoraggiato, all’attacco alle istituzioni democratiche israeliane – giustizia, stampa, società civile, scuola. Per Ascoli, Israele ha senso solo se resta fedele a diritto e giustizia: perdere questo ancoraggio significherebbe svuotare di senso l’intero progetto sionista.

La voce di Jonathan Sierra

Se Rav Ascoli ha parlato in termini di principi, Sierra ha portato il terreno dell’analisi nella concretezza delle piazze, delle famiglie, delle cifre. Il suo intervento si è concentrato sulla questione degli ostaggi, cuore pulsante della società israeliana da quasi un anno.

Sierra ha ricordato i numeri – quante persone sono state liberate, quante uccise, quante rimangono in mano a Hamas – e ha descritto con forza la lacerazione che attraversa la società israeliana: da un lato chi sostiene la continuazione della guerra fino alla caduta di Hamas, dall’altro chi chiede un cessate il fuoco per salvare almeno chi è ancora vivo. Entrambe le opzioni, ha osservato, sono “lose-lose”: la vittoria militare rischia di coincidere con la morte degli ostaggi, mentre il negoziato può indebolire Israele sul piano strategico.

Sierra ha parlato anche delle manifestazioni antigovernative, molto più partecipate di quanto dicano i dati ufficiali, e delle divisioni interne alle famiglie degli ostaggi. Ha poi allargato lo sguardo ai rapporti con il mondo arabo e all’occasione mancata rappresentata da figure moderate come Salam Fayyad, rapidamente marginalizzate dalla scena politica palestinese.

Punti di convergenza

Entrambi i relatori hanno insistito sul rischio di una deriva autoritaria e di una “guerra normalizzata”: uno Stato che perde i suoi principi etici o che misura la propria vittoria sul sacrificio dei più vulnerabili (gli ostaggi) è uno Stato che rischia di consumarsi dall’interno.

Non è mancata l’attenzione alle responsabilità esterne: la propaganda di Hamas che trova terreno fertile in Europa, l’influenza del Qatar nei media e nelle università, la difficoltà dell’Occidente a cogliere la minaccia iraniana. Allo stesso tempo, è stata sottolineata la necessità di guardare anche oltre l’Occidente, verso un dialogo con quei Paesi arabi che hanno già mostrato disponibilità al confronto pragmatico.

L’incontro ha restituito un’immagine complessa di Israele: un Paese che vive “tra guerra e normalità”, con cittadini che continuano a discutere, a manifestare, a cercare soluzioni mentre i missili cadono e gli ostaggi attendono. La domanda che ha attraversato la serata – occupazione o ostaggi? guerra o pace? – non ha trovato risposte definitive, ma ha messo a nudo l’urgenza di scelte che non possono essere rimandate.

Più che fornire soluzioni, Rav Ascoli e Jonathan Sierra hanno mostrato l’essenza stessa del dibattito israeliano: un intreccio di dolore, pragmatismo, memoria e speranza.