Moniti contro il ritorno del nazismo

Libri

di Nathan Greppi
Ne ‘La mente nazi’, Laurence Reese spiega che un ruolo cruciale nel consenso al nazismo venne giocato dalle teorie del complotto, che dopo la Prima Guerra Mondiale trovarono terreno fertile in una Germania che cercava un capro espiatorio da incolpare per la pesante sconfitta.

Sebbene oggi verrebbe naturale a chiunque dire che, se fosse vissuto nella Germania nazista, non sarebbe stato complice dello sterminio degli ebrei, in realtà gli esperti spiegano che non è così semplice distinguersi dalla massa: questo perché tutti noi siamo figli del tempo e del luogo in cui viviamo, che esercitano un influenza alla quale nessuno è immune. Essendo animali sociali, gli esseri umani tendono a seguire la legge del branco, anche quando è sbagliata.

Tanti sono i fattori da prendere in considerazione, e non esiste una spiegazione univoca per tutti i fenomeni sociali. Per questo è di grande aiuto il saggio La mente nazi dello storico britannico Laurence Rees, che analizza dodici fattori che secondo lui hanno caratterizzato la mentalità nazista e portato all’ascesa di Adolf Hitler in Germania.

Autore di diversi documentari televisivi sulla storia della Shoah e del nazismo per conto della BBC, Rees riporta riflessioni dettate non solo dallo studio e dalla consultazione di fonti d’archivio, ma anche da incontri diretti con i sopravvissuti alla Shoah, persone comuni che hanno vissuto nella Germania nazista e persino con dei veterani delle SS. Oltre a citare numerose fonti nelle note, il volume è arricchito anche da alcune foto d’epoca per dare un’idea più chiara delle vicende storiche e dei personaggi coinvolti.

Tracciando un parallelismo con alcuni autoritarismi dei giorni nostri, il libro spiega che un ruolo cruciale venne giocato dalle teorie del complotto, che dopo la Prima Guerra Mondiale trovarono terreno fertile in una Germania che cercava un capro espiatorio da incolpare per la pesante sconfitta. Inoltre, nella sua propaganda Hitler fece più volte ricorso a quelle che oggi chiameremmo “fake news”, ad esempio falsificando ed edulcorando diversi capitoli della sua vita nel Mein Kampf.

Interessante il fatto che l’autore non attinge solo alla storia e alla sociologia, ma anche alla psicologia e alle neuroscienze, spiegando che la contrapposizione “noi/loro”, abilmente sfruttata dalla propaganda nazista, è il frutto di un istinto radicato nel nostro cervello sin da quando, nella preistoria, i nostri antenati dovevano valutare in fretta se chi gli si poneva davanti era alleato o nemico, per una questione di sopravvivenza.

Comprendere la mentalità nazista non significa giustificarla, ma capire come impedire il suo ritorno. La lezione principale del volume di Rees è che non importa quanto una società sia civilizzata, essa correrà sempre il rischio di sprofondare nella barbarie.

 

Laurence Rees, La mente nazi. Dodici moniti dalla storia, traduzione di Jadel Andreetto, Bompiani, pp. 512, 22,00 €.