di Nathan Greppi
Già nel maggio 2024, un rapporto stilato dal NCRI (Network Contagion Research Institute) aveva dimostrato che le proteste filopalestinesi scoppiate negli Stati Uniti dopo il 7 ottobre erano stata almeno in parte foraggiate da una rete di persone e associazioni legate al PCC (Partito Comunista Cinese), al fine di destabilizzare la società americana dall’interno.
Oltre un anno dopo, questa teoria ha ricevuto ulteriori conferme a seguito della recente pubblicazione di un report analogo da parte del Program on Extremism della George Washington University. Redatto da Jennifer Baker, ex-agente del FBI con oltre vent’anni di esperienza negli ambiti della sicurezza nazionale e del controspionaggio, il report si intitola CCP Influence in U.S. Pro-Palestinian Activism.
La galassia filocinese
Nello specifico, il rapporto spiega come l’attivismo filopalestinese negli Stati Uniti sia sempre più collegato a delle operazioni del PCC per esercitare la propria influenza negli Stati Uniti. Viene fatto in particolare il nome di Neville Roy Singham, un imprenditore statunitense residente a Shanghai e legato al PCC, che ha costruito una vasta rete che finanzia gruppi di attivisti con un agenda politica antiamericana e antisraeliana.
Le organizzazioni chiave di questa rete, come il Forum dei Popoli, la ANSWER Coalition e l’Assemblea Internazionale del Popolo, hanno ampiamente sostenuto la campagna “Shut It Down for Palestine” (SID4P), lanciata sull’onda dell’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023. L’evidenza suggerisce che questi gruppi, alcuni dei quali legati ad organizzazioni terroristiche come il FPLP (Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina), beneficiano di finanziamenti e promozioni in linea con la narrazione portata avanti dalla Cina, che si vuole presentare come un difensore della giustizia globale. Il rapporto delinea come queste organizzazioni siano unite tra loro da un’ideologia condivisa, la cooperazione logistica e l’allineamento agli obiettivi della guerra mediatica portata avanti da Pechino.
La propaganda della Cina
Il rapporto analizza anche il modo in cui la Cina si è rapportata alla guerra tra Israele e Hamas. Pur dichiarandosi ufficialmente a favore della Soluzione dei due Stati, il governo cinese ha criticato duramente l’operazione militare israeliana a Gaza, specialmente per bocca del presidente Xi Jinping. E nonostante la repressione interna che il governo cinese porta avanti da anni nei confronti dei musulmani uiguri, Xi ha cercato di dipingersi come un amico degli arabi e dei musulmani, palestinesi in primis.
Ci sono stati anche casi di media cinesi che hanno promosso narrazioni complottiste e stereotipi antisemiti: nell’ottobre 2023, in un programma dell’emittente statale China Central Television (CCTV) si è sentito dire che “gli ebrei, che sono il 3% della popolazione americana, controllano il 70% delle sue ricchezze”.