Dalla rivolta dei gilet gialli: “Macron, sei il pupazzo degli ebrei”!

Mondo

di Fiona Diwan

L’allarme viene dalla Francia, il Paese delle barricate, dei “casseur“ e dei gilet gialli di oggi. Accade adesso ed è inascoltabile, per la scia di passato dolentissimo e infame che si porta dietro. “La Francia muore di fame e gli ebrei accendono la luci di Chanukkà”, si è sentito gridare sotto la Tour Eiffel, una settimana fa, accanto alla grande Chanukkià simbolica in piazza. “Macron, sei la puttana degli ebrei!”, è stato scritto a caratteri cubitali su un ponte della A6, l’autostrada Parigi-Marsiglia. “Macron, sei il pupazzo degli ebrei”, “Ebrei state tirando la corda, la crisi finanziaria è colpa vostra”, “Ebrei, attenti, avete abbassato le tasse ai ricchi!”.  “Macron e Rothschild, c’est la meme chose”…

Era prevedibile che la protesta dei gilet gialli potesse vivere una brusca virata antisemita? Per molti analisti la risposta è sì, poiché da sempre la crisi economica è la madre di ogni nefandezza. Di fatto, oggi, il web francese pullula di video e post pieni di minacce, su alcuni muri di Parigi sono apparsi graffiti intimidatori e, l’ultimo Shabbat di Chanukkà, la Chabad House dei Champs Elyseès ha dovuto chiudere per la prima volta – insieme ad altre sinagoghe del centro tra cui la sinagoga Eli Dray -, senza poter officiare il sabato mattina perché la polizia dichiarava di non avere la situazione sotto controllo e il consiglio era di restarsene a casa. In altre sinagoghe, sempre di Shabbat, si chiede ormai regolarmente di non portare i bambini e di arrivare entro le 9.00 perché dopo i cancelli verranno chiusi e non si farà entrare più nessuno.

Accade adesso, nell’ottantesimo anniversario delle Leggi razziali e della Kristallnacht, la Notte dei cristalli – eventi che rimandano a fughe, vetrine in frantumi, morti ammazzati, cacce all’uomo…-. Accade ancora, e l’evidenza ammutolisce: il malato è ancora in terapia intensiva. Ne uscirà mai, viene da chiedersi? Le ricadute cicliche potranno mai finire? Ci sono dottori capaci in giro? In una Europa affetta da corbinismo, il male sembra infettare soprattutto chi dice di amare gli ebrei ma di odiare soltanto Israele e i suoi politici, ieri Ariel Sharon e Ehud Barak, oggi Netanyahu. O ancora, in un’Europa che pretende di dire agli ebrei a che età circoncidere i propri figli, se possono mangiare carne kasher, e che sbuffa insofferente a ogni protesta contro negazionismi o preoccupate proteste.

L’allarme viene dalla Francia, dicevamo all’inizio. Le istituzioni ne sono consapevoli: il primo ministro del governo d’oltralpe, Edouard Philippe, ha annunciato la creazione di una commissione di vigilanza, sanzioni e leggi più dure contro l’odio online e l’hate-speech sui social-media e in luoghi pubblici. Lo scopo? Tracciare una linea rossa oltre la quale non si deve andare, messa a punto anche dall’EJA, l’European Jewish Association.

Anziché commemorare i morti di ieri e prepararsi a piangere quelli di domani, è tempo che l’Europa garantisca la vita ebraica nel suo territorio, una necessità resa ancora più urgente dall’arrivo di centinaia di migliaia di cittadini extra UE che nulla sanno della storia europea e che «devono riconoscere la vita ebraica è una componente secolare dell’Europa a prescindere dal conflitto israelo-palestinese», ha detto Katharina von Schnurbein della Commissione Ue contro l’antisemitismo. «Così come sono le donne a dover dire che cosa sia la molestia sessuale e i neri a dover dire che cosa sia il razzismo, lasciamo agli ebrei di definire che cosa sia l’antisemitismo», ha puntualizzato. Come dire che, alla fine, siamo sempre noi a dover prendere la rincorsa, noi traditi, ebrei o diverger o diversi che siamo; come dice lo storico Matteo Nucci, «noi che rimaniamo a bocca aperta nel momento in cui vediamo che quel che abbiamo costruito sta vacillando e forse sta per crollare. Siamo noi a dover lottare, a dover vivere fino in fondo l’ira che prende gli esseri umani annebbiando loro la vista ma spingendoli anche a guardare oltre, a vedere lontano ma anche vicino, a cercare dentro la propria anima quello che serve per cambiare». E per agire.

 

“L’antisemita di professione” Dieudonné e i suoi sostenitori si sono infiltrati sabato a Parigi nel raduni dei “Gilets jaunes”