Israele e il diritto internazionale, un dibattito alla Scuola Ebraica

di Nathan Greppi (video di Orazio Di Gregorio)
Spesso nei media si sente parlare di Israele in riferimento a violazioni, vere o presunte, del diritto internazionale. Un tema controverso, per affrontare il quale si è svolto nell’Aula Magna Benatoff della Scuola Ebraica, lunedì 14 gennaio, il dibattito organizzato da Kesher intitolato “Il diritto internazionale e l’informazione scorretta”, che ha avuto come relatori lo storico Claudio Vercelli e il giurista Renzo Ventura.

La storia di Gaza

Dopo una breve introduzione di Rav Roberto Della Rocca, moderatore dell’incontro, il primo dei relatori a prendere la parola è stato Vercelli, il quale ha iniziato fornendo alcuni dati relativi alla situazione a Gaza, poiché secondo lui “un po’ di dati servono sempre, per inquadrare la questione specifica di Gaza: abbiamo una realtà territoriale intorno ai 360 km2, che è un punto di transito e di passaggio tra il Sinai e l’Asia; un elemento estremamente problematico è la densità abitativa: la popolazione, nel 2020, secondo le stime supererà i 2 milioni di abitanti, e il tasso di fecondità dei gazawi è uno dei più alti al mondo. 3/4 della popolazione è costituita da ‘profughi’, un fattore importante.”

Ha aggiunto che “Gaza ha assunto un significato simbolico che fuoriesce dalla stessa questione del cosiddetto conflitto israelo-palestinese. Gaza, negli ultimi 10-15 anni, è diventata un’entità politica autonoma, ed è assai improbabile che vada a costituire nel futuro parte di uno stato palestinese.”

Ha affermato che Gaza “è una realtà che non preesiste alla Guerra d’Indipendenza del ’48: non è una realtà politica, non era un territorio unitario, […] le faglie di frattura sono fortemente presenti all’interno del mondo palestinese.” Ha ricostruito la storia di quella zona, ricordando che nei periodi Ottomano e Britannico non vi era un’unità politica o culturale tra i palestinesi, che invece “è un prodotto degli anni ’60, di percorsi storici che si sviluppano e manifestano durante e dopo la nascita dello Stato d’Israele.”

Parlando invece di Hamas, ha spiegato che oggi “abbiamo a che fare con dei quadri della politica palestinese che sono molto anziani, non solo anagraficamente ma anche dal punto di vista politico, sono persone fuori dal tempo, e quindi maggiormente pericolose perché non avendo più prospettive si consegnano a un radicalismo di ritorno.”

Oggi la realtà politica di Gaza è “di fortissima cristallizzazione, dalla quale non si esce, dinanzi a un movimento, Hamas, che ha tratti dichiaratamente autoritari se non totalitari. […] Come l’Italia uscì dagli anni del fascismo con una generazione di giovani cresciuta sotto il fascismo, che conosceva solo il fascismo come modello di riferimento, oggi la società palestinese di Gaza ha a che fare con una generazione cresciuta sotto Hamas, che conosce solo quel linguaggio lì. Il rischio è che i futuri ‘interlocutori’ siano cresciuti avendo solo quel modello di riferimento.”

Il diritto internazionale

Dopo di lui ha parlato Renzo Ventura il quale, dopo aver riassunto la situazione giuridica di Gaza e dei palestinesi, ha posto una domanda importante: “È Gaza sotto occupazione militare israeliana? Il problema non è semplice, per un motivo banale […]: tra Israele e Gaza è un rapporto bilaterale tra stati o no? Nel diritto internazionale, un’ ‘occupazione’ in genere dura un anno, vedi l’Alto-Adige che dopo l’armistizio viene assorbito dall’Italia. Il problema è che qui invece è 40 anni che la situazione è di questo tipo, allora ci si domanda: se è un territorio da me gestito, perché (Israele) occupa l’aria, il mare e 3 confini su 4?” È molto complesso, in quanto anche i rifornimenti e l’energia elettrica che arrivano a Gaza vengono tutti da Israele.

Ha aggiunto che per quanto riguarda “l’applicazione della normativa nei territori soggetti ad uno stato, Israele dice ‘io non la applico’, mentre la Corte Internazionale ha detto ‘no, la deve applicare’ secondo la Convenzione di Ginevra.”

Dopodiché è passato a parlare della disinformazione su Israele nei media, affermando che “in occasione del Giorno della Memoria […] a tutti piacciono gli ebrei morti e un po’ meno quelli vivi. Il problema fondamentale è che dopo le commemorazioni della Shoah si è sviluppato un nuovo tipo di antisemitismo, per cui gli ebrei morti erano tutti buoni e quelli vivi, che fanno confusione in Israele, sono tutti dei fetenti”. Ha ricordato quando, a Ramallah, nel 2000 vennero linciati due soldati israeliani, e quando Mediaset mandò in onda il filmato, il corrispondente Rai si recò dall’ANP per negare ogni coinvolgimento del servizio pubblico nelle riprese.