L’inizio della vita. Deontologia, giurisprudenza e religioni a confronto

Ebraismo

di Roberto Zadik

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Continua la serie di seminari “Insieme per prenderci cura”, organizzati dall’AME, Associazione Medica Ebraica, in collaborazione con la Biblioteca Ambrosiana, la Coreis, Comunità religiosa islamica e altri enti importanti, come Ipasvi e Fondazione IRCCS Ca’ Granda, al fine di far conoscere a medici, studenti di medicina, personale sanitario una serie di argomenti etici e scientifici affrontati secondo le varie religioni e culture presenti in Lombardia e a Milano.

Stavolta si è parlato delle “Tematiche di inizio vita: deontologia, giurisprudenza e religioni a confronto” con un’iniziativa interessante e suddivisa in due parti, una più medico-scientifica e l’altra più religiosa, etica e filosofica che, condotta dal presidente dell’Ame, Giorgio Mortara, si è tenuta mercoledì 18 novembre, presso l’Aula Magna “Luigi Mangiagalli” del Policlinico di via Commenda.

Un approfondimento pieno di spunti di riflessione interessanti, dalla gravidanza, all’aborto, alle diagnosi prenatali, trattati secondo diverse prospettive e angolazioni, dall’aspetto legale, a quello medico-terapeutico, fino alla fede, seguendo gli orientamenti di ebraismo, cristianesimo, cattolicesimo e chiesa valdese, Islam e buddismo.

Prima di cominciare con la seduta e di dare la parola ai tanti ospiti, Mortara ha voluto sottolineare “il grave periodo di tensioni e di minacce alla democrazia che stiamo vivendo e la necessità ancora più urgente di dialogare fra culture e di essere uniti per tutelare la libertà, che resta il bene più prezioso che abbiamo. La strada è in salita, ma vinceremo e quelli che amano la vita e hanno valori in cui credere vinceranno, anche il Rabbino di Francia, Khorsia, ha invitato all’unità e a non abbassare la guardia contro la violenza. Lo dico soprattutto qui, perché come operatori sanitari, in caso di eventi drammatici siamo coinvolti in prima linea per assistere chiunque, dai famigliari, alle vittime, agli assalitori in linea col nostro spirito deontologico”.

“Lo scopo di questi incontri” ha ribadito Mortara, “è conoscerci meglio per prenderci cura nella maniera migliore del prossimo con questo corso che intende formare, informare e sensibilizzare gli operatori sanitari. Oggi affrontiamo una delle fasi principali di questo corso, la salute della donna, come portatrice di vita e fasi fondamentali come la procreazione, la gravidanza e aborto nel pieno rispetto della sua integrità e del suo benessere psicofisico”.

L’incontro è poi cominciato con la parte legislativo-giuridica, dove il giurista e bioeticista Sergio Fucci ha analizzato rapidamente ma con efficacia, alcuni articoli del codice penale e civile, sottolineando le contraddizioni e la vaghezza della giurisprudenza in materia e che “anche il legislatore può fare dei danni, quando in questi casi dovrebbe vigere il buon senso tutelando sia la salvaguardia della vita e la salvaguardia dell’embrione”. Invece tante sono le storture e le imprecisioni, ha fatto notare Fucci e ci sono stati diversi interventi della Corte Costituzionale anche molto recenti per modificare alcune ambiguità della legge e tutelare anche la salute degli embrioni che non sono un semplice coacervo biologico ma l’inizio della vita“.

Presentati da Mortara e dal professor Muttillo, presidente dell’Ispavi (Collegio interprovinciale degli infermieri, degli assistenti sanitari e dei vigilatori dell’Infanzia) uno degli enti promotori dell’iniziativa, vari relatori hanno successivamente preso la parola. Ad esempio il ginecologo Gabriele Rossi ha analizzato nel dettaglio “il concetto di diagnosi prenatale, fondamentale per conoscere la salute del feto e della madre e se ci saranno complicazioni in futuro”. Il medico scegliendo “di essere più divulgativo che tecnico” come ha ribadito ha spiegato che per questa diagnosi esistono vari metodi. “Fra questi – ha detto – ci sono l’amniocentesi, la traslucenza nucale, rappresentazione dei tessuti della nuca del feto che lo analizza nella sua completezza, fino a un altro test, ancora meno invasivo che è il Dna fetale che si rivela molto efficace perché riesce a valutare anche i rischi intermedi e non solo i casi di pericolo estremo”.

Proseguendo con la serie di interventi, la dottoressa Francesca Squillace, ostetrica presso l’ospedale San Paolo, si è soffermata sul tema dell’aborto, argomento complesso e delicato, fornendo dati e statistiche sull’interruzione volontaria di gravidanza nel nostro Paese “un fenomeno in diminuzione rispetto al passato” come ha ricordato che “varia a seconda delle regioni e delle fasce sociali e culturali, con una maggiore incidenza al Sud rispetto al Nord Italia e molto diffuso fra gli stranieri più che fra gli italiani, specialmente se si tratta di aborto clandestino”.

Successivamente, riassumendo gli interventi della prima parte, molto interessante anche l’intervento del professor Fabio Mosca, che ha descritto le patologie prenatali e i parti prematuri che possono generare diverse complicazioni fisiche o cerebrali nei bambini e negli adulti. “Nel mondo, ogni anno, su 135 milioni di bambini che nascono 15 milioni sono prematuri e 17mila di questi muoiono” ha specificato lo studioso che ha puntualizzato come questo accada specialmente in Asia e nell’Africa Subsahariana dove ancora oggi c’è una elevata mortalità infantile, “nonostante le cose siano migliorate molto rispetto al passato”. In Italia com’è la situazione? “Nel nostro Paese – ha detto Mosca – nascono 35mila bambini prematuri dei quali 5mila pesano meno di un chilo e mezzo, mille di questi solo in Lombardia. Molti di questi riportano anomalie motorie, cognitive, visuali e uditive”.
Successivamente dopo la scienza e la medicina si è passati alla parte religiosa, etica e più “concettuale” dove la nascita, l’aborto, la fecondazione assistita e l’importanza della donna e della vita sono state analizzate secondo alcune delle principali religioni. A questo proposito, da parte ebraica, ha parlato Rav Gianfranco Di Segni, biologo ricercatore del CNR spiegando alcuni punti fondamentali del rapporto fra ebraismo e tutela della donna e del bambino. “Nella nostra religione – ha detto Di Segni – abbiamo il dovere di fare figli, di proliferare e moltiplicarci. Questo compito è molto importante e ribadito specialmente per l’uomo, tenuto a generare figli, mentre per la donna partorire è un  diritto. Bisogna poi come medici far sì che qualsiasi sofferenza per la madre e il bambino venga evitata, cercando di alleviare qualunque tipo di dolore”. Ma per l’ebraismo quando si può parlare di inizio della vita per una creatura? “Ovviamente la vita dipende dal concepimento ma la capacità giuridica nella legge ebraica si acquista, come nella legge italiana, alla nascita quando il feto mette fuori la testa”.  Molto problematico per l’ebraismo il tema della fecondazione assistita che, come ha reso noto lo studioso “è tollerata quando è omologa, ovvero dagli stessi genitori, mentre se è eterologa, proveniente da un altro genitore, tende a non essere ammessa perché può creare numerose problematiche per sapere di chi è il figlio e chi è la vera madre”. Per quanto riguarda l’aborto “esso è concesso solo se feto ha delle malattie e delle gravi alterazioni, se no è vietato”.

Di Segni ha affrontato anche il complesso tema delle cellule staminali che “possono essere utilizzate per gli embrioni che sono in sovrannumero, diversamente dal cattolicesimo che le vieta, a scopo di ricerca e per finalità scientifiche”. Oltre a Di Segni, hanno parlato personalità che uniscono, scienza, medicina e altri orientamenti religiosi. Dal cattolicesimo con la dottoressa Maria Nincheri Kunz, presidentessa AMCI, Associazione Medici Cattolici Italiana, a Chiara Ferrero, rappresentante della tradizione islamica e presidente dell’I.S.A Interreligious Studies Academy per arrivare a Dorothee Mack, Pastore della Chiesa Evangelica Valdese e al monaco buddista Tenzin Khenze che ha spiegato “come nel buddismo non esistano regole precise, ma ciascuno subisce le conseguenze delle azioni negative che compie”.

Cominciando dalla studiosa cattolica, la dottoressa Kunz, più che approfondire l’ottica religiosa, ha descritto la nascita e lo sviluppo del feto, che comincia quando lo sperma feconda l’ovulo. La studiosa ha brevemente illustrato, con diapositive e fotografie, come avviene lo sviluppo del feto nel ventre materno soffermandosi sulla  divisione fra maschi, con cromosomi XX e femmine XY e il DNA che “contiene tutte le informazioni fisiche e psichiche di un essere umano”. “I primi quindici giorni di gravidanza” ha spiegato la studiosa sono di grande importanza e la vita comincia con l’embrione che diventa il principale manager di se stesso e comincia il suo percorso verso la nascita”.  Concordando con il professor Rossi “la diagnosi prenatale è molto importante e permette di valutare la salute del feto e le sue malattie sia a livello medico che a livello chirurgico. Essa permette di vedere se ci sono bozzi e malformazioni di vario tipo”.

Suggestive anche le analisi della vita e della nascita secondo l’Islam, la Chiesa valdese e il buddismo. Cos’è la vita per l’Islam e da quando essa inizia? “A dispetto di quanto si possa pensare, dopo i fatti di Parigi, per la nostra religione – ha specificato la studiosa Ferrero – la vita è molto importante e pratiche come l’omicidio e il suicidio sono assolutamente vietate. L’uomo comincia a vivere, per l’Islam, quando Dio attraverso un angelo insuffla il soffio vitale dentro di lui, e dopo centoventi giorni dal concepimento comincia a svilupparsi la vita nel ventre materno. Il momento della gravidanza e del parto per la mia fede è molto sacro e spirituale, paragonabile al pellegrinaggio alla Mecca e al digiuno del Ramadan, perché il legame fra madre e figlio è strettissimo e prima di nascere e nel parto entrambi sono molto vicini sia alla vita che alla morte”.

Concludendo il suo discorso la Ferrero ha ribadito che non bisogna generalizzare.”Si pensa sempre che la donna islamica sia senza libertà –  ha detto – angustiata da un marito oppressivo, ma questo dipende dalle società e dai Paesi e la situazione è molto sfaccettata e variegata, più di quanto si pensi”.

 

Alla fine della serata, prima di lasciar spazio ai dibattiti e alle domande del pubblico, presente in sala don Fumagalli, presidente della Biblioteca Ambrosiana, la signora Mack della Chiesa Valdese evangelica ha sottolineato quanto siano diversificate le opinioni su questo argomento nelle varie branche e orientamenti del cristianesimo e del protestantesimo, per alcuni la vita comincia dal concepimento mentre per altri dall’embrione e “vige un certo pluralismo su questa questione fra le diverse chiese”. Fondamentale “agire in maniera responsabile, per la chiesa valdese, tutelando la vita della madre e dell’embrione e prendendosi cura di essa valutando sia la biologia, le problematiche scientifiche che la biografia, la salvaguardia della vita”. Ultimo intervento della maratona, quello del monaco buddista Tenzin Khenze. Introducendo il suo discorso, egli ha raccontato “il mio nome era Cesare, poi ho incontrato il grande Dalai Lama che mi ha dato questo nuovo nome che significa saggezza compassionevole, una grande responsabilità”. Il buddismo non prende una posizione chiara sul tema dell’inizio della vita e delle nascite, ma “sottolinea l’importanza di decidere cosa è bene per noi e cosa invece e male, soppesando attentamente le proprie azioni anche in questo campo , perché tutti noi rifuggiamo il dolore e cerchiamo la felicità, sembra un concetto filosofico e astratto ma è estremamente pragmatico.” “Nel buddismo – ha proseguito  – molto importante è il concetto di reincarnazione, tutto viene da altre vite e va verso altre vite ancora e la vita è molto importante. C’è un legame molto stretto fra la nostra coscienza e le azioni, bisogna puntare non solo alla nostra soddisfazione, che deve essere spirituale e non solo materiale, ma anche a quella dell’altro e dei nostri figli”.