Kafka, Moravia e Proust: le radici ebraiche di tre grandi della letteratura

Taccuino

di Roberto Zadik

Prima della tragedia della Shoah  fra l’ultimo ventennio dell’Ottocento e il primo trentennio del Novecento, in Europa iniziarono a svilupparsi diversi cambiamenti letterari, influenzati dall’avvento della psicanalisi freudiana e junghiana, dall’industrializzazione e dall’emancipazione ebraica dai Ghetti. Un nuovo filone letterario, in quei 50 anni nell’Europa di fine Impero asburgico stava spuntando all’orizzonte, fra emancipazione ebraica dai Ghetti e inasprimento dello scontro laici-religiosi che caratterizza l’ebraismo contemporaneo ancora oggi. Quella corrente si chiamava esistenzialismo e alcuni fra i suoi più brillanti autori furono lo scrittore ebreo cecoslovacco Franz Kafka e due autori di origine ebraica ma nati cristiani come Marcel Proust, madre ebrea e Alberto Moravia, padre ebreo ma ateo convinto.  Il suo vero cognome era Pincherle, di padre ebreo veneziano e vissuto nella Roma fascista col cognome materno e imparentato da parte paterna coi celebri fratelli Rosselli figli della sorella del padre, l’autore e sceneggiatore romano, per uno strano destino sposò la scrittrice Elsa Morante, anche lei mezza ebrea, dal lato materno.

Si tratta di tre personaggi decisamente particolari, cruciali nel panorama letterario e culturale novecentesco e “segnati” da una origine ebraica comune, tormentati e esistenziali, che nei loro libri hanno esplorato con straordinaria modernità trattando per primi temi fondamentali nella letteratura ebraica e mondiale e nel cinema del Novecento come l’alienazione, la solitudine, il disagio e la persecuzione.

Cominciando dal geniale e cupo Kafka, nato il 3 luglio 1883 (Cancro ascendente Leone) a cui questo articolo è principalmente dedicato, visse solo 41 anni ma ebbe una vita tanto travagliata quanto intensa e contraddistinta da amori instabili e sofferenti. Assicuratore in una compagnia, con segreti e brucianti ambizioni letterarie, Kafka è stato un personaggio riservato, fantasioso, molto irrequieto e sottilmente ironico ma timido, con un rapporto a dir poco difficile con suo padre Hermann un uomo brusco e autoritario che lo voleva commerciante come lui e, al quale dedicò uno dei suoi più toccanti e rabbiosi scritti la famosa“Lettera al padre”. Primo di quattro figli, con tre sorelle, Elli, Valli e Ottla che morirono nei lager dopo la sua morte, avvenuta il 3 giugno 1924 per una brutta forma di tubercolosi tracheale, questo autore iniziò precocemente a scrivere coltivando passioni letterarie e diverse amicizie con scrittori, attori teatrali e intellettuali,  il più famoso fu Max Brod che conservò gelosamente i suoi scritti .

Grande osservatore, autore precoce, lettore vorace si laurea in Giurisprudenza ma svogliatamente e continua a scrivere, e in questo mi sono molto rispecchiato in lui anche all’università, Kafka ebbe la sua massima attività letteraria è negli anni fra il 1910 e il 1918. Mentre era fidanzato stabilmente, si fa per dire, per cinque anni con l’ebrea tedesca Felice Bauer con cui intrattenne un rapporto epistolare, leggendo e appassionandosi alle opere di giganti ottocenteschi come Dostojevskij e di Goethe, egli scrisse capolavori come “Il processo” del 1914 e “La metamorfosi” del 1918.

Per nulla osservante, con l’ebraismo ebbe un rapporto profondo e contorto come con le donne, che furono tutte di religione ebraica, e sviscerò meglio di chiunque altro il senso di impotenza, di sofferenza e di isolamento degli ebrei mitteleuropei del tempo, studiando ebraico, interessandosi alla cultura chassidica e parlando correntemente tedesco e yiddish. Penso allo stupendo rifacimento cinematografico del geniale Orson Welles e alla mirabile interpretazione del futuro “Psycho” Antony Perkins e la trama del romanzo “Der Prozess” mi ha da subito appassionato con la vicenda di Joseph K, anonimo impiegato, arrestato senza nessun motivo per un crimine ignoto e indecifrabile. Molto affascinante anche il dramma di Gregor Samsa protagonista della Metamorfosi che si sveglia nei panni di un insetto. Masochista e al tempo stesso godereccio e donnaiolo, Kafka ebbe una lunga storia con una certa Dora Diamant che di famiglia ebrea ortodossa lo iniziò allo studio del Talmud e divenne la sua compagnia nei suoi ultimi anni di vita. Un’esistenza intensa e disperata, quella di Kafka che sognava di vivere in Israele, allora Palestina sotto il capestro del Mandato Britannico, e che venne funestato dalla salute cagionevole, che cercava di rafforzare dedicandosi a lunghe passeggiate e al nuoto e dalla tubercolosi che lo uccise a soli 41 anni. Notevoli anche opere come “America”, “Il Castello” e “I Racconti” per un autore che voleva bruciare le sue opere rifuggendo successo e fama. Al contrario  egli venne grandemente elogiato specialmente dopo la sua scomparsa e enorme la sua influenza sul Novecento e l’ammirazione di grandi personaggi, da Kundera a Nabokov, al poeta Auden che lo definì “Il Dante del XX secolo” a Gabriel Garcia Marquez e molti altri, illuminati e influenzati dal suo stile secco, angosciante e inconfondibile che lo rende affascinante e originale ancora oggi, a 83 anni dalla sua scomparsa.

Grande esistenzialisti furono anche lo scrittore e saggista francese Marcel Proust (Cancro ascendente Ariete) e l’intellettuale romano Alberto Moravia (Sagittario ascendente Scorpione). Come per Kafka, una vena esistenziale e introspettiva è presente in entrambi questi autori e curiosamente tutti e due erano di origine ebraica. Proust sebbene fosse stato battezzato dal padre Adrien, la madre Jeanne Weill era una contessa ebrea alsaziana che trasmise al figlio la passione per la letteratura e le arti, Raffinato, molto generoso e ingenuo, cagionevole di salute, in bilico fra introversione e esuberanza, Proust ha una personalità complessa, molto riservata sulla sua omosessualità e pervasa da forte senso di giustizia che lo spingerà a schierarsi appassionatamente a favore del capitano Alfred Dreyfus, ebreo alsaziano, come sua madre, nel celebre “Caso Dreyfus”confermando il forte legame con il suo lato ebraico. Autore instancabile di scritti, saggi e romanzi, morto a soli 53 anni di tisi come Kafka, la sua opera più conosciuta è stata la monumentale raccolta di libri “La ricerca del tempo perduto” realizzata dal 1913 fino all’anno della sua morte il 1922 a causa di una bronchite che si aggravò sempre di più spingendolo alla completa reclusione in casa dove scriveva fino a tarda notte cercando conforto e ispirazione nella letteratura. Opera altamente autobiografica,nostalgica, comprensiva di sei libri, i migliori sono “Dalla parte di Swann” e “All’ombra delle fanciulle in fiore” descrive la vita e le peripezie di un dandy di origine ebraica, Charles Swann immerso nelle mondanità e nelle passioni e innamorato della bella Odette.

Passando rapidamente al terzo esistenzialista di origine ebraica, Alberto Moravia, fu uno dei personaggi chiave del Novecento italiano, amico di altri due grandi tormentati come il regista e poeta Pasolini e Bernardo Bertolucci che fu tra i precursori del romanzo erotico e filosofico in una Italia prima dominata dal giogo fascista e poi dal perbenismo anni ’60. Uomo dal carattere brusco e sarcastico, Moravia non fece mai mistero della sua origine ebraica anche se prese le distanze da qualunque fede dichiarandosi ateo, nelle sue tematiche si riscontrano diverse tematiche “ebraiche” di alienazione, spaesamento, critica sociale e dopo il grande successo con il suo esordio del 1929 “Gli indifferenti”,  fra gli anni ’40 e ’50 raggiunse grande fama anche se venne ripetutamente avversato e censurato dal regime fascista. Di sinistra, liberale, moderno e al tempo stesso rigoroso, critico e pungente, Moravia realizzò romanzi di grande successo come “La ciociara”, “La romana” e “La noia” esplorando, contrariamente alla morale dell’epoca, il tema della femminilità, del sesso e dei rapporti intimi fra uomo e donna. Morto a 83 anni nel 1990, continuò a viaggiare, in Russia o a Hiroshima o negli Stati Uniti, sposò le scrittrici, anche loro di origine ebraica, Elsa Morante, famosa col suo libro “L’isola di Arturo” e la spagnola Carmen Llera e continuò a scrivere romanzi, saggi, racconti, sceneggiatura per il cinema e la televisione e alcune sue opere divennero grandi film. Come “La Ciociara” diretto dall’amico De Sica con Sofia Loren, “Il conformista” di Bertolucci e “Il disprezzo” di Jean Luc Goddard.

Ho voluto soffermarmi qui su tre autori esistenziali, profondi e moderni come Kafka, Proust e Moravia estremamente attuali sempre e soprattutto in un’epoca profondamente inquieta come questa che rappresentano tre modi di essere europei e di vivere la propria origine ebraica, Kafka da ashkenazita di agiata famiglia praghese, Proust da nobile francese e Moravia da ateo italiano di sinistra e che hanno raccontato le contraddizioni, i tormenti e le passioni del loro tempo e della loro affascinante personalità umana e ebraica prima ancora che culturale o letteraria.