In ricordo di Walter Matthau, il comico che sul set non rideva mai

Taccuino

di Roberto Zadik

Ogni tanto mi piace ricordare grandi personaggi ebrei dimenticati, non tanto per la mia vena nostalgica ma per sottrarli all’inevitabile oblio al quale la precarietà della fama e il disinteresse di molta gente li consegna. Ebbene oggi tocca a un grandissimo attore e intrattenitore, l’ebreo americano Walter Matthau di origine russo-lituana e esponente di un umorismo ebraico statunitense ashkenazita portato alla celebrità dalla generazione dei Jerry Lewis, di Woody Allen o di Mel Brooks.

A 40 anni dalla morte del geniale Groucho Marx, a cui avevo già dedicato uno special e a un mese dalla morte di Lewis, ho deciso di ricordare Matthau che avrebbe compiuto 97 anni, nato il primo ottobre 1920 (Bilancia) ma che ci ha lasciato 17 anni fa, nel luglio del 2000 prima di compiere i suoi 80 anni. Figlio di “nessuno”, uomo di gavetta e di famiglia ebraica umile ma comunque benestante, suo padre elettricista ucraino nativo di Kiev e la madre lituana operaia, Walter Matthow, ma si pensa fosse in origine Matuscanskayavsky (questo il suo vero e quasi impronunciabile cognome, poi americanizzato in Matthau) esordì nel genere comico e cabarettistico fin da giovane esibendosi nei campeggi giovanili ebraici il sabato sera.

Madrelingua yiddish e inglese, laico ma molto legato alle sue radici e come molti comici ebrei statunitensi di quella generazione mischiò sapientemente malinconia e forte senso dello humour, creando gag e monologhi e immedesimandosi nel ruolo del perdente. Personaggio frequente dell’umorismo ebraico americano, il derelitto, è stato mirabilmente interpretato da vari attori, da Peter Sellers, a Woody Allen, a Gene Wilder a Adam Sandler con un file rouge autoironico e originale che contraddistingue la comicità ebraica americana, spesso demenziale, tragicomica e pungente.

Anche Matthau incarnò questo schema, non ridendo mai sullo schermo ma rivelandosi esilarante anche se non mancano suoi celebri ruoli drammatici, Amico inseparabile di Jack Lemmon, Acquario ascendente Cancro, i due girarono assieme un grande successo come “La Strana Coppia” da una commedia di altro grande umorista ebreo come Neil Simon e riproposto varie volte anche dai nostrani Zuzzurro e Gaspare, Matthau si cimentò anche nel genere drammatico e in altri registri cinematografico, perfino nei film d’azione,   grazie alla sua espressività e al suo enorme talento.

Versatile, riservato e imprevedibile, appassionato di sport e di musica classica, Matthau, ha lavorato con grandi registi, da Elia Kazan, maestro di origine greca, celebre per “Il fronte del Porto” che lo volle per il suo “Un volto fra la folla” e con diversi autori ebrei, dal geniale Billy Wilder che lo volle per fino a “Prima Pagina” satira straordinaria del mondo del giornalismo anni ’60 fino a Arthur Hiller, regista di “Love story” che lo inserì nel cast della sua commedia “Appartamento al Plaza” fino a Roman Polanski che girò con lui il mediocre “I pirati”. La celebrità di Matthau arrivò al culmine fra gli anni 50’ e gli anni ’60, arrivando improvvisamente dopo che da giovane aveva cominciato a lavorare come gelataio nei Teatri Yiddish newyorchesi coltivando tenacemente come sogno nel cassetto la sua passione per la recitazione e diventando attore teatrale. Camaleontico come pochi altri, pur mantenendo la sua tipica espressione burbera e sorniona, passò dalla commedia, al western , al thriller come in “A prova di errore”, venne spesso e volentieri elogiato dalla critica e dai colleghi, come dal commediografo Simon che lo definì “uno dei più grandi attori istintivi che abbia mai conosciuto”.

Protagonista del cinema per quasi quarant’anni lavorò anche in Italia con Roberto Benigni nel mediocre ma di successo “Il piccolo Diavolo” del 1988 in cui faceva la parte del prete esorcista,  alternando successi e tonfi. La vita  privata dell’attore fu abbastanza stabile, si sposò due volte, l’ultima con l’attrice ebrea Carol Marcus, ex compagna dello scrittore armeno americano William Saroyan, ed ebbe tre figli ma egli non diede mai scandalo e non fu mai eccessivo come altri intrattenitori. Si pensi alle intemperanze di Peter Sellers o al vizioso Lenny Bruce immortalato nel bellissimo “Lenny” del 1974 con un grande Dustin Hoffmann. Una vita piena e appagante, quella di Matthau, a modo suo molto fiero della sua ebraicità. Il sito Jewish Telegraph Agency a questo proposito ha ricordato come, secondo il suo Rabbino di riferimento e amico personale, Rav Jerry Cuttler, “si sentiva molto ebreo e partecipava spesso agli Shabbat e alle Feste ebraiche e si schierasse spesso contro l’antisemitismo e a favore di Israele, scontrandosi con l’attrice inglese Vanessa Redgrave dichiaratamente filopalestinese”. Nel suo lungo percorso  da segnalare sono lavori brillanti, girati quando ormai aveva già superato i sessant’anni, come “Lo strizzacervelli” di Michael Ritchie e il terzo episodio de “la Strana coppia” girato fra grinta e nostalgia nel 1998. Matthau lavorò fino all’ultimo respiro, concludendo con “Avviso di chiamata” diretto dall’ex moglie di Woody Allen, Diane Keaton e coatrice assieme a lui di eccezionali commedie come “Io e Annie”. Poi arrivò la fine, a 79 anni, per infarto il primo luglio 2000 e il cinema perse un insostituibile e sobrio interprete che seppe divertire senza mai scadere nella volgarità, nell’offesa o nel cattivo gusto come può sempre succedere a chi si cimenta nella difficile arte della risata.