Accendendo il Jewbox, tanti ricordi della prima web radio ebraica italiana a sei anni dalla sua nascita

Taccuino

di Roberto Zadik

Ogni tanto mi piace ricordare esperienze particolarmente emozionanti della mia vita, anche se non sono nostalgico conservo nella mia “valigia mentale” alcune importanti esperienze che la formalità delle notizie spesso è costetta a tralasciare vincolata al “qui e ora” e al fatto del presente. Bene nel mio blog, penso e spero di avere più libertà d’azione e mi do alle retrospettive e a qualche “flash back”. Ebbene invece che parlarvi di anniversari di nascite e morti di grandi artisti ebrei parlo di me e della nascita 6 anni fa, nel lontano 2011 nel mese di marzo, l’8, della prima web radio ebraica. Italiana. “Jewbox”.

Ricordo ancora la presentazione in Comunità col mio braccio ingessato dopo una brutta caduta e come sembrassi tutto tranne che un deejay conciato in quel modo. Jewbox. Collegati a questo nome  e al sito www.jewbox.it non solo memorie musicali, ebraiche, umane ma anche idee e spunti nati da questa radio e dalla mia “vita passata” di speaker e ideatore di due programmi. E’ il caso di “ProZadik” che ha ispirato questo mio blog, nato nel 2014 e dedicato come il programma non più solo ai musicisti, da Bob Dylan a Amy Winehouse, ma anche a scrittori e registi del mondo ebraico di oggi e di “Proetnik” dedicato alla musica etnica da Bob Marley a Manu Chao agli chansonnier francesi e israeliani che ha stimolato i racconti del mio secondo ebook uscito su amazon nel 2016 “Soulcityty 2.1-L’anima delle città”.  Cosa ricordo della Jewbox radio e cosa mi ha insegnato? Per me è stata per prima cosa la realizzazione, anche se parziale visto la sua brusca conclusione nel 2014, dato che molti dei ragazzi sono andati a vivere all’estero e hanno avuto impegni di vario tipo, di un sogno che covavo fin da adolescente: fare il deejay.

Mi è sempre piaciuto ascoltare la radio da quelli apparecchi che visti ora con le raffinate tecnologie di oggi sembrano utensili preistorici e imitavo le voci dei vari speaker ascoltando sano rock anni ’70 o il grunge dei Nirvana e il pop di Oasis e Queen negli anni ’90. Ebbene assieme al mio amico Joseph Menda, che è stato mio direttore artistico, a Ruben Gorjian nostro coordinatore e a Simone Mortara e a Gad Lazarov ci siamo divertiti a pensare a questa idea e già dalla calda estate 2010 ci riunivamo tutti assieme, fra progetti, pizze e riflessioni semi-serie. Ebbene ne è scaturita questa idea con tanto di articoli e interviste su quotidiani e in giro. E dopo il grande clamore, col sostegno di Radio 105 e del suo direttore Alberto Hazan e della Comunità ebraica, che ringrazio affettuosamente ancora oggi, è cominciato il mio cammino. Avevo 34 anni e ora ne ho 40, in sei anni uno può dire “cosa vuoi che cambi”? Ma mi sento diverso e magari, spero, migliore. Assieme a amici come i tecnici Daniel Gorjian e Johnathan Mele che mi sorvegliavano a livello tecnico,poi Mele ha condotto la scanzonata trasmissione “Live Arena” assieme a un gruppo di scatenati ragazzi, ho cominciato a registrare con cuffie nelle orecchie e microfono dove riversare la mia torrenziale loquacità e la mia passione per la musica. Ho pensato a Lou Reed,a Dylan, a Simon and Garfunkel, ai Kiss e a tutti quelli ebrei palesi e nascosti, da Leonard Cohen ai Bestie Boys a Herbert Pagani e mi sono lascitao trascinare dal fuoco della passione e dell’entusiasmo spesso represso dalla mia abituale prudenza. Avvalendomi del sito della radio e di facebook che usavo compulsivamente dal 2009 e appena tornato da Israele dove ho vissuto uno degli anni più felici della mia vita, ho diffuso puntate e approfondimenti a amici e conoscenti. Per registrare  mi trovavo col paziente Daniel e realizzavamo una puntata dedicata, ogni volta  a un artista ebreo diverso. Ne ho sfornate ben 22 di puntate e ci siamo veramente molto divertiti. Lo stesso è avvenuto per “Proetnik” e avevo cominciato assieme a Gad Lazarov un programma sul cinema “Cinebox” ma dopo tre puntate tutto è finito e il progetto Jewbox si è interrotto. Ricordo le belle trasmissioni dei bravi Simone Somekh, Naomi Stern e Manuel Kanah, gli approfondimenti sulla cucina ebraica di Labna, i gossip sul mondo dello spettacolo e alcune trasmissioni mai finite o mai cominciate. I progetti si accavallavano, le riunion di redazione con tutti assieme in quello stanzino che diventava un “laboratorio chimico di idee” e le dirette estenuanti per la Giornata della Cultura ebraica. A Jewbox ho imparato tante cose. Come parlare in radio, come essere sintetico e efficace, scrivere testi e migliorare gli articoli, ho indagato sulla mia identità ebraica e in quelli anni mi sono avvicinato a una maggiore osservanza dei precetti, fino a diventare più o meno praticante anche se come dico sempre, sulla spiritualità, sono sempre in fase di “lavori in corso”. Jewbox mi ha insegnato lo spirito di gruppo, ha sviluppato la mia capacità di mettermi in gioco e di buttarmi coraggiosamente a dire quello che penso nella solitudine riflessiva di uno studio di registrazione. Tra le tante persone con cui ho collaborato in questa emozionante avventura che mischiava professionalità e divertimento, ho avuto il piacere di lavorare con Davide Rosenholz per la selezione dei brani musicali da trasmettere fra un programma e l’altro e con Judith Sisa che si occupava della parte pubblicitaria e di comunicazione. Spero di non aver dimenticato nessuno, ho buona memoria, ma errori possono sempre capitare e forse un giorno ci ritroveremo tutti, forse per qualche  nuova idea o serata fra amici, intanto conservo ancora l’energia e la grinta di quei tempi per nuove iniziative, sogni e fantasie tutte nate dai microfoni della Jewbox Radio, il nome è nato dopo lunghe discussioni, mischiando identità ebraica, Jew in inglese significa ebreo e passione per musica e informazione come in una radio e in un Jubox…