di Michael Soncin
Trattare le ustioni, particolarmente in tempo di guerra è una delle attuali urgenze in Israele. I ricercatori dell’Università di Tel Aviv assieme allo Sheba Medical Center hanno sviluppato un tipo di pelle bioingegnerizzata da innestare sui pazienti ustionati, che dimezza il tempo di guarigione, rispetto alle tecniche al momento in uso.
Lo studio definito pionieristico, pubblicato sulla rivista Advanced Functional Materials, è di estrema importanza, visto il conflitto in corso che ha visto un aumento delle ustioni gravi e l’urgenza di trovare soluzioni terapeutiche alternative e migliori.
Come afferma il gruppo di ricerca: «Le ustioni gravi rappresentano una sfida clinica significativa a causa del loro complesso processo di guarigione e dell’elevato rischio di complicazioni, tra cui infezioni, cicatrici e formazione di contratture, in cui la pelle e altre zone del corpo si accorciano e si irrigidiscono, limitando così il movimento di quella determinata parte».
L’innovativo studio è stato condotto dalla professoressa Lihi Adler-Abramovich, assieme alla dottoranda Dana Cohen-Gerassi e il dottore Amit Sitt.
I limiti dei trattamenti attuali
Dal Jerusalem Post si legge che negli ultimi quarant’anni i trattamenti delle ustioni estese sono stati effettuati tradizionalmente attraverso due metodi, che presentano però degli svantaggi.
Gli innesti cutanei autologhi consistono nel prelievo di una porzione di cute del paziente, trapiantata in un’altra zona del corpo. È un sistema che riduce il rischio di rigetto da parte del sistema immunitario del soggetto, ma comporta il danneggiamento di un tessuto sano per sanare una lesione. È un problema non da poco, specie quando le zone del corpo da curare sono ampie e la quantità di pelle disponibile è limitata.
Esistono poi degli autoinnesti epidermici coltivati (CEA), fatti crescere in laboratorio a partire dalle cellule del paziente e trapiantati su ustioni o lesioni. Anche qui sono diversi a cui si va incontro: rischio di contaminazione, il ristringimento fino alla metà delle loro dimensioni una volta staccati dalla piastra di coltura e spesso la necessità fino a 30 innesti per coprire una singola area, come un braccio o una gamba. Inoltre, la difficoltà è riscontrabile nei costi elevati e nei lunghi tempi di preparazione. Servono dai quindici ai trenta giorni per coltivare i fogli di epidermide in condizioni ottimali e garantirne la sterilità. Tuttavia, quest’ultima è l’alternativa più avanzata, attualmente offerta in Israele esclusivamente dallo Sheba Medical Center. «La pelle coltivata in laboratorio è composta solo dallo strato epidermico superiore, il che la rende estremamente sottile, fragile e soggetta ad arricciarsi ai bordi», ha commentato Adler-Abramovich nell’evidenziare un ulteriore limite di questa tecnica.
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I punti forti del nuovo studio
La pelle bioingegnerizzata è sempre prodotta coltivando le cellule del paziente stesso, ma la nuova tecnica ideata la rende più flessibile, stabile e robusta rispetto ai precedenti trattamenti. Soprattutto può richiudere una ferità due volte più velocemente al pari degli attuali metodi in uso. Sostanzialmente è più facile da gestire.
«I CEA sono già utilizzati oggi, ma il nostro sviluppo di un’impalcatura in nanofibre miscelata con un peptide bioattivo è di gran lunga migliore. La nostra impalcatura è composta da un polimero chiamato PCL, già approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) statunitense, e combinata con il peptide», ha affermato la professoressa.
«La nostra tecnologia è ancora in fase preclinica, utilizzata in laboratorio sui topi. Ci vorrà del tempo per sviluppare la tecnica su larga scala, ottenere l’autorizzazione per testarla sui pazienti e l’approvazione del Ministero della Salute e della FDA. Ma il nostro obiettivo è che venga offerta in tutti gli ospedali del paese. C’è anche molto interesse tra i medici di tutto il mondo», ha continuato.
Le impalcature in nanofibre sono costituite da materiali biocompatibili di facile reperimento, attraverso una produzione che è possibile su larga scala.
Prima che la tecnica possa essere utilizzata sui pazienti ustionati potrebbero essere necessari dai cinque ai dieci anni. La studiosa ha spiegato che la coltura della pelle bioingegnerizzata potrebbe essere impiegata per curare le ulcere gastrointestinali, rigenerare le piaghe da diabete o sempre nei soggetti colpiti da diabete, per i pazienti che rischiano di perdere gli arti.
Particolarmente urgente in tempo di guerra
Dopo il 7 ottobre 2023 si è registrato in Israele un aumento di soldati e civili con ustioni. La nuova tecnica potrebbe cambiare significativamente le loro condizioni di salute. Il pionieristico innesto cutaneo bioingegnerizzato multistrato è progettato per imitare le naturali funzioni della pelle, senza restringersi e senza l’uso di additivi di origine animale.
Gli studiosi l’hanno definito unico nel suo genere visti i risultati impressionanti riscontrati sugli animali. Non solo una ferita tradizionale è guarita in quattro giorni, invece che otto, ma strutture cutanee vitali come i follicoli piliferi hanno iniziato a crescere.
La ricerca condotta in Israele potrà essere utile al mondo intero per combattere un grave problema per la salute come le ustioni gravi, che interessano ogni anno milioni di persone che vanno incontro ad una lunga convalescenza.
Foto in alto: particolare di pelle umana (Fonte Wikipedia)