The Moorish Zionist Temple, Harlem (Photograph: James van der Zee, 1929)

I cantori afroamericani in yiddish, una storia riscoperta

di Nathan Greppi
Oggi può sembrare strano che nella New York degli anni ’20 esistesse un cantante e attore di colore che si esibiva in lingua Yiddish. Eppure, questa è la storia di Thomas LaRue, all’epoca noto anche come Der Shvartze Khazn (“il cantore nero” in yiddish).

Come racconta il Times of Israel, LaRue era cresciuto a Newark, nel New Jersey, ed era molto popolare negli USA in quel periodo, e negli anni ’30 fece anche più di un tour in Europa, sebbene nel nostro continente ricevette un’accoglienza più tiepida: in particolare, gli ebrei tedeschi e polacchi lo accusarono di essere un imbroglione che si spacciava per uno di loro.

A riscoprire di recente questo personaggio è stato Henry Sapoznik, produttore discografico americano esperto di musica yiddish. Sapoznik ha impiegato 45 anni per ritrovare un disco inciso da LaRue nel 1923; per ironia della sorte, l’ha trovato nell’archivio dell’Istituto di Ricerca Ebraica YIVO di New York, di cui lui stesso è stato direttore dal 1982 al 1995. Nel corso di tutti quei decenni di ricerche, ha raccolto informazioni su tanti altri cantori ebrei di lingua yiddish dello stesso periodo, di cui ha iniziato a divulgare le storie e le opere sul suo blog personale, e prossimamente intende pubblicare un libro sull’argomento.

Locandina di uno spettacolo di Thomas LaRue, detto anche Der Shvartze Khazn

Ebrei e afroamericani

La storia dei rapporti tra la comunità ebraica e quella afroamericana a New York parte da lontano: all’inizio del ‘900, molti neri emigrarono al nord lontano dal razzismo che imperversava negli stati del sud. All’epoca Harlem era un quartiere abitato prevalentemente da ebrei, e le due etnie finirono per convivere e avere contatti frequenti. Alcuni neri, che per le loro idee identitarie si ispirarono anche al sionismo, iniziarono a praticare riti ebraici nelle loro comunità, pur non venendo riconosciuti dalle autorità rabbiniche, e studiarono l’ebraico e l’yiddish. Tra gli anni ’10 e ’20 del ‘900, negli Stati Uniti si creò una rete di sinagoghe gestite da rabbini che si presentavano come di origine etiope, poiché come gli ebrei anche gli etiopi sono un popolo semita.

In questo periodo emersero diversi cantanti e musicisti di colore che cantavano in yiddish, come il jazzista Willie “The Lion” Smith, che sul suo biglietto da visita si firmava come der Yiddisher Khazn (Il Cantore Yiddish). Willie “The Lion” Smith, peraltro assai più conosciuto come pianista, era sicuramente ebreo ed ebbe il suo bar mitzvah nel 1910 e quel che è certo è che lo yiddish lo parlava egregiamente.. La moglie, Blanche Miller, ebrea anche lei, scriveva versi per show di Broadway ed era la “paroliera” di una star yiddish come Fanny Brice (fonte di ispirazione per Barbra Streisand e per il film Fanny Girl). Smith era cantore presso una Sinagoga frequentata da afro-americani ad Harlem. Ebbe molti allievi attratti dal suo lirico virtuosismo come pianista e tutti ebrei, come Mell Powell, Brooks Kerr, Mike Lipskin.

Altri ostentarono origini più esotiche e improbabili, come Dovid, che sosteneva di essere nato in Etiopia e di saper parlare 29 lingue. O Goldye M. Steiner, che affermava di provenire da una tribù ebraica africana nota come “Sheba di Gza”. Diversamente da questi, LaRue fu sempre alquanto riservato sulle proprie origini, e preferì piuttosto farsi un nome sulla base del suo talento artistico. Cosa che, stando a Sapoznik, gli riuscì: concerti, dischi, programmi radiofonici, erano molti i fronti nei quali si faceva sentire.

(Foto: The Moorish Zionist Temple, Harlem (Photograph: James van der Zee, 1929)