Napoleone, chi era costui? L’inchiesta di Bet-Magazine

Opinioni

di Ilaria Myr

In un Paese che sembra avere poca memoria, i fantasmi del Novecento possono tornare indisturbati. Revisionismo, negazionismo, fake news: e adesso? Lo scandalo educativo di fare sparire la Storia come prova all’esame di Maturità…  Il ruolo e la responsabilità di storici e docenti. Un’inchiesta

«Chi ha dipinto L’Ultima cena?». Risposta: «Gesù». «Chi ha scritto i Promessi Sposi?». Risposta: «Leopardi». «Qual è l’anno di inizio e l’anno della fine della Seconda Guerra Mondiale». «Il ‘65 è la fine, l’inizio non lo so». Altra risposta, «1789». E c’è pure chi dice. «Ma che domande sono? Sono solo per persone intelligenti!». E ancora: «Che cosa si festeggia il 25 aprile?» «La Festa della Liberazione dagli ebrei».
Ci piacerebbe dire che sono dialoghi inventati, ma purtroppo non lo sono affatto: sono solo alcune delle “interviste imbruttite” realizzate dal famoso portale Il Milanese Imbruttito fra la gente comune in spiaggia, in discoteca o in centro a Milano, a cui vengono poste domande su argomenti di cultura generale, storica e istituzionale, fondamentali e basilari. Le risposte che danno si commentano da sole, e sono un segnale di allarme molto preoccupante dell’ignoranza di una parte degli italiani, in particolare dei giovani.
Web 4.0: un mondo quindi senza storia? È davvero quello che ci aspetta? Con un paradosso: vediamo praterie di materiale e di studi postati online, oceani di schermate su ogni spicchio possibile di tempo storico, una moltitudine di articoli di storia presenti in internet e nessun metodo o capacità di analisi per elaborare in modo critico questa manna dal cielo. Ben che vada, la storia viene ridotta ad aneddoto o a mera curiosità.
“Tutti coloro che dimenticano il proprio passato, sono condannati a riviverlo”, scriveva Primo Levi. E basta guardarsi intorno per capire come, in un Paese che dimentica il passato, i fantasmi del Novecento sembrano tornare indisturbati. Revisionismo, negazionismo, fake news sono ormai all’ordine del giorno sui social, su internet e pure su platee mainstream come quelle televisive: tutti abboccano a qualsiasi cosa pur di coprire un buco di conoscenza e un mare di ignoranza. Il web impazza e impazzano anche le bufale.
Perché il sonno della Storia genera fake news. E la ragione partorisce mostri sotto forma di siti che spacciano disinformazione e che si propongono come testate giornalistiche senza esserlo (VoxNews, Il Corriere della Notte, Il Fatto Quotidaino, Imola Oggi, Devinformarti, Tg Quotidiano, Informati, Italia…).
Dal 2015, inoltre c’è stata un’esplosione di false testate giornalistiche, domini che hanno tratto deliberatamente in inganno molti utenti, e proponendo anche disinvolte, per non dire perverse, riletture della storia.

In questo già allarmante quadro si inserisce l’eliminazione della Storia come prova all’esame di Maturità, decisa dall’ex Ministro dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca (Governo Conte I) Marco Bussetti.
Ma senza memoria del passato può esistere un progetto per il futuro? Come rinnovare l’interesse dei giovani e stimolarli allo studio della Storia, se già a scuola le vengono assegnate poche ore di studio e quindi, de facto, data poca importanza? Come accendere la scintilla della passione e dell’interesse e, soprattutto, come aiutarli a sviluppare un pensiero critico nei confronti di ciò che li circonda, se non si danno loro conoscenze e strumenti per farlo? La tendenza del pensiero egemone, da sempre, è a cancellare, minimizzare il passato. Oggi ancor di più, immersi come siamo in un eterno presente funzionale a un atteggiamento consumista. Con il rischio della Tabula rasa: pensate alle figure di Stalin, Mussolini, Churchill, Mao di cui i ragazzi sanno poco o nulla mentre conoscono tutto dell’ultimo Talent Show. Ma se si spezza la catena del tempo non riusciamo più a capire dove ci troviamo. In un tempo frenetico e bulimico, diventiamo così sempre più ignari del passato e disinteressati al futuro, incapaci di dare ai fatti una prospettiva che ci aiuti a capire il senso e il valore di quanto accade. Internet può essere uno stumento di accesso alla cultura ma non è la cultura.

«Un esame di maturità senza Storia mi fa paura», aveva dichiarato la Senatrice, sopravvissuta alla Shoah, Liliana Segre, all’indomani dell’approvazione della Riforma, chiedendo direttamente al Ministro di ripristinare il tema di Storia e sottoscrivendo poi, con lo storico Andrea Giardina e lo scrittore Andrea Camilleri, il manifesto lanciato da Repubblica intitolato “La Storia è un bene comune”. L’avevano controfirmato più di 50.000 persone, di età, estrazione e provenienze completamente diverse, convinte che cancellare la storia sia profondamente sbagliato e pericoloso.
«Il problema è che i ragazzi oggi non sanno niente di storia – spiega Liliana Segre a Bet Magazine – e, ancora più grave, anche i loro genitori spesso sono piuttosto ignoranti: il che fa capire che, indipendentemente dall’eliminazione della Storia dalla maturità, questa materia sia da troppi anni la “Cenerentola” dei curricula scolastici». Certo, il fatto che all’ultimo esame di Maturità sia comunque uscita una traccia su Gino Bartali fa ben sperare che le rassicurazioni del Ministro Bussetti – «La storia non mancherà nelle tracce» – abbiano un seguito. Ma il dubbio che sia stato un “contentino” per placare gli animi c’è ed è forte.
«Il problema – continua la Senatrice Segre – è che la storia è sempre manipolabile: ma quando non ci saremo più noi, gli ultimi testimoni, che cosa succederà? Oggi, poi, che grazie alle tecnologie si può dire tutto e il contrario di tutto, il passato diventa sempre più lontano, e tutto quello che noi ci siamo sforzati di raccontare, così come quello che hanno testimoniato anche i carnefici, è destinato a essere edulcorato. Come, del resto, ci insegna l’antisemitismo attuale».

L’era degli hate speech
Quella in cui viviamo, però, è soprattutto l’epoca dell’insulto gratuito sui social, della visceralità sanguigna che digrigna i denti, dell’indignazione facile che diventa vilipendio gratuito: insomma quei discorsi di odio, i cosiddetti “hate speech”, che sono ormai dominanti in qualsiasi conversazione e su qualsiasi soggetto; e che nell’ignoranza del passato trovano un terreno ancora più fertile. Lo sa bene la stessa Liliana Segre, che periodicamente si trova oggetto di commenti orribili sui social – gli ultimi in occasione del suo voto a favore del Governo Conte Bis – e che ha proposto, già lo scorso anno, la costituzione di una commissione che lavori attivamente per contrastare questa tendenza, anche giuridicamente. «Oggi è sempre più frequente sentire persone, nei contesti più disparati, utilizzare parole che travolgono e lasciano sgomenti per la loro carica di violenza – continua -. Ma se cominciassimo a sanzionare questi inutili comportamenti di odio, forse si riuscirebbe a porre dei limiti. È urgente. L’importante è cominciare. Per questo sono molto contenta che il premier Giuseppe Conte mi abbia dimostrato proprio di recente il suo interesse e la sua piena disponibilità a lavorare su questo tema».