Presentazione del libro di Liliana Picciotto

Presentato il libro “Salvarsi. Gli ebrei d’Italia sfuggiti alla Shoah” di Liliana Picciotto

Libri

di Ilaria Ester Ramazzotti

Sopravvivere nonostante la Shoah, in Italia. Chi e quanti ebrei scamparono al pericolo imminente e in che modo? Alle vite e alle vicende vissute in quegli anni dagli ebrei italiani salvatisi e salvati dalla persecuzione è dedicato il nuovo libro della storica Liliana Picciotto, presentato in anteprima nazionale lo scorso 24 ottobre al Memoriale della Shoah di Milano. Salvarsi. Gli ebrei d’Italia sfuggiti alla Shoah. 1943-1945, edito da Giulio Einaudi Editore e finanziato dalla Viterbi Family Foundation, nasce da una ricerca del Cdec, Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea, durata nove anni.

Un lavoro complesso, basato su 700 interviste ad anziani raccolte in tutta Italia e sull’analisi di decine di migliaia di documenti d’archivio e libri di memorie, da cui sono stati tratti dati conservati su database interrogabili.

La presentazione del libro da parte dell’autrice

Il volume incarna “un progetto di storia orale: molti anziani hanno raccontato le loro storie e quelle della loro famiglia”, ha spiegato l’autrice. “Che documenti falsi occorrono e come si fa? Di chi potersi fidare e chi no? Come procurarsi il cibo senza le tessere annonarie? Come trovare alloggio in una città diversa?  E quali scelte fare? Meglio nascondersi in città o campagna? Al Sud o in Svizzera”? Queste erano le domande che a cui i perseguitati dovevano trovare risposta in tempi brevi, per sopravvivere nel quotidiano e vivere la clandestinità per periodi imprecisabili. Diverse furono le risposte possibili, così come tanti furono gli episodi ascoltati e le esperienze scritte e catalogate nel lavoro di ricerca pluriennale che ha dato vita al libro. Esperienze che se da un lato costituirono uno “shock collettivo da cui è stato difficilissimo librarsi dopo la guerra”, dall’altro mostrano il “coraggio, la preveggenza e la capacità dei capifamiglia” che quelle domande e situazioni dovettero risolvere.

Dai conventi ospitanti, ai medici che accoglievano negli ospedali dei finti pazienti, a chi produceva documenti falsi, passando dai dati su quanti fuggirono all’estero o si nascosero nelle campagne, fino all’analisi della mentalità e della conoscenza comuni sui fatti dell’epoca e della Shoah o dell’atteggiamento di istituzioni come la Chiesa e fenomeni come la Resistenza, l’opera di Liliana Picciotto dà risposte qualitative e quantitativa e illustra il quadro delle esperienze di circa 10 mila ebrei sopravvissuti. Un quadro “da cui emerge un’altra Italia, sommersa e bisognosa di essere aiutata”, accanto a quella che sostenne e collaborò con le autorità naziste e fasciste. “Finalmente ho potuto convivere con storie finite bene e parlare non solo con le vittime, ma anche con quelli che si sono salvati”, ha sottolineato Liliana Picciotto, in riferimento ad altri suoi lavori sulla Shoah, fra cui Il libro della Memoria (Mursia, 1991, 2001).

I commenti esposti durante la presentazione del volume

“C’erano due Paesi – ha detto Ferruccio De Bortoli, presidente della Fondazione Memoriale della Shoah di Milano -. Ci furono molte persone che cercarono di salvare altri cittadini con coraggio straordinario e a rischio della loro vita. Le storie raccolte nel libro dimostrano che ci fu anche una reazione popolare, come riscatto”. Non solo “i giusti riconosciuti dallo Yad Vashem, ma i tanti che si opposero alla dittatura. Una storia del nostro Paese che è di straordinaria attualità. Ci furono anche i delatori e una responsabilità italiana, delle forze di polizia italiana. Ma anche persone comuni che rischiarono la vita per salvare altri”. “La Memoria – ha sottolineato – deve essere un anticorpo indispensabile affinché il presente non sia minacciato, come purtroppo lo è, da campagne di falsari. Il monumentale lavoro di indagine di Liliana Picciotto arricchisce la letteratura della Shoah, ma leggere Salvarsi ci salva anche nella vita quotidiana dal pericolo dell’oblio”.

Le pagine del volume di Liliana Picciotto dipingono “un grandissimo affresco della vita di quegli anni: si parla di chi salvava, di chi produceva documenti falsi, di conventi che accoglievano”, ha spiegato Giorgio Sacerdoti, presidente del Cdec, evidenziando quanto fosse difficile e complesso salvare dalla deportazione ebrei e perseguitati, escogitando modi per trovare alloggi o per procurarsi beni di consumo. Un affresco del passato recente che deve far riflettere sul “razzismo ancora presente nella società contemporanea, ragione  per cui quest’opera è importante”.

La presentazione del libro è stata introdotta dal direttore del Cdec Gadi Luzzatto Voghera e dal il vicepresidente della Fondazione del Memoriale della Shoah Roberto Jarach, che ha nell’occasione inaugurato l’anno delle attività culturali del Memoriale e descritto quanto già svolto lo accogliendo sempre più scolaresche a scopo didattico e altresì profughi e rifugiati per la notte.

La parola all’editore

Walter Barberis, presidente di Giulio Einaudi Editore, ha descritto come “la questione della Memoria si incroci a con la storia dell’editoria sulla Memoria: “nella prima fase” dopo la guerra, “durata dieci anni, c’èra indifferenza”. Lo stesso Primo Levi trovò inizialmente accoglienza solo in una casa editrice minore. “Einaudi lo riconobbe solo dieci anni dopo”. Furono il Diario di Anna Frank e La notte di Elie Wiesel ad aprire la strada. Dal lato della testimonianza diretta della Shoah, “di straordinaria importanza fu il processo a Adolf Eichmann, perché per la prima volta intervennero dei testimoni”. Anche in editoria entrarono così dei testimoni, alcuni sull’onda emozionale legata agli eventi, altri totalmente falsi! “L’importanza di testimoni veri è quindi fondamentale – ha sottolineato Barberis – e il libro di Liliana Picciotto offre scrupoli scientifici per ragionare e riflettere, non per emozionarci”.

“Fra poco i testimoni non ci saranno più, inoltre fare storia d’Italia attraverso le testimonianze è una novità” che “nell’interrogazione ha ottenuto risultati importanti: gli italiani non saranno stati bravissima gente, ma con atavico scetticismo verso il potere spesso non si tirarono indietro dall’aiutare gli ebrei, anche se non per motivi politici. Molti rischiarono tantissimo, alcuni consapevolmente ma altri no”. “Le posizioni sono sfumate: alcuni enti religiosi cattolici ospitarono tante persone, fra cui gli ebrei, ma anche altri gruppi di perseguitati”. “A partire dall’8 settembre, data fondamentale, tutti quelli che provarono a salvare gli sbandati provarono a salvare anche gli ebrei”. C’è poi un altro aspetto: la Resistenza, non pensò affatto specificamente agli ebrei. “Non c’èra gruppo partigiano che abbia preso come propria missione la salvezza degli ebrei”, seppur molti ebrei scelsero di diventare partigiani. “Fra le pieghe dell’antiretorica troviamo la verità – ha aggiunto l’editore, affermando infine che le “forme di estremismo possono anche oggi diventare estremamente pericolose”.