L’arte e la vita di Felix e Felka, due artisti nel buio

Libri

di Marina Gersony

Una storia tragica, dalla pittura nell’atelier di Roma, alla fuga, alla deportazione.

Da Roma ad Alassio, San Remo, Rapallo, Parigi, Ostenda, Bruxelles-Molenbeek, Nivezé e poi di nuovo a Ostenda e ancora a Bruxelles… Sempre in viaggio, per oltre cinque anni, Felix e Felka passano da una pensione all’altra, da una stanza anonima a qualche appartamento tristemente ammobiliato. Sono entrambi nel pieno della vita, innamoratissimi e vitali, ma un senso di pericolo incombe sulle loro esistenze. Nel cuore di un’Europa tesa e irrequieta, a ridosso della più grande tragedia del Secolo Breve, il futuro si profila sempre più minaccioso per gli ebrei.
A lungo dimenticata, la storia tragica di Felix Nussbaum, di sua moglie e della sua famiglia, è stata riscoperta insieme alla sua pittura, quest’ultima rivalutata solo nel corso degli anni Settanta. Ed è proprio a questo straordinario pittore che lo scrittore tedesco Hans Joachim Schädlich, oggi 83enne, dedica un toccante romanzo (Prima del buio, Ugo Guanda Editore, traduzione di Silvia Albesano, pp. 192, euro 18,00). Con una scrittura scarna, essenziale, in apparenza distaccata eppure assai coinvolgente, Schädlich – considerato uno dei più grandi autori della letteratura tedesca contemporanea –, ricostruisce con sensibilità e dovizia la figura di Nussbaum e dei suoi affetti insieme a personaggi, luoghi e circostanze di quell’epoca infame.

Tutto inizia a Roma nel maggio del 1933 nell’atelier di Villa Massimo, un’elegante tenuta immersa nel verde scuro di un parco. Felix, nato nel 1904 da una famiglia borghese ebraica tedesca, vi soggiorna come borsista insieme alla futura moglie, la pittrice polacca Felka Platek.

Un giorno, tra bottiglie di Chianti e atmosfere che evocano arte e cultura, subisce un’aggressione da parte di un collega a causa delle sue origini ebraiche. Villa Massimo a quei tempi è diretta dal professor Gericke, ex insegnante di disegno nella scuola del Museo di Arti Applicate di Berlino e collaboratore del Ministero della Cultura prussiano. L’avvento dei nazionalsocialisti in Germania e la pressione esercitata nei confronti dell’istituzione da parte dei funzionari del Terzo Reich, inaspriscono le contrapposte posizioni politiche degli ospiti della Villa. Felix e Felka intuiscono che è il momento di lasciare la Capitale e inizia così la loro lunga e frenetica odissea per l’Europa. Gericke, restìo a rimanere in un luogo dominato da indisciplina, diffidenza e brutalità, resiste a Villa Massimo ancora per poco: sarà infine destituito dalla carica nel 1938.

Nel frattempo, impossibilitata a rientrare in Germania, la coppia cerca invano un rifugio per sfuggire alla furia nazista; un luogo sicuro che la faccia sentire il più possibile a «casa». Scrive Felix all’amico Ludwig Meidner nel 1937: «Adesso siamo a Bruxelles. Domani dove? Un Nussbaum come me deve starsene quieto sul suo pezzo di terra, come un albero di noce appunto. Un giorno, si spera, l’albero darà frutti».
Nonostante gli incontri con altri artisti e famiglie in cammino che condividono lo stesso destino di fuga e di spostamenti improvvisi con l’angoscia dei passaporti scaduti o perduti, e nonostante qualche amico li metta in guardia e li esorti a rifugiarsi in Palestina, Felix e Felka si sposano con rito civile e confidano in un futuro migliore. Ma la realtà supera ogni immaginazione. Nussbaum, dopo una serie di avventure rocambolesche, viene arrestato, riesce in qualche modo a fuggire e a raggiungere la moglie nel frattempo nascosta in casa di amici a Bruxelles, città apparentemente sicura per via della dichiarazione di neutralità. Nessuno sospetta che da lì a poco la Germania invaderà il Belgio e che sarà l’inizio di un incubo senza fine.

Felix e Felka vivranno così in clandestinità, in una dimensione claustrofobica e soffocante, oppressi dal terrore di essere scoperti e catturati. È il periodo della massima creatività artistica di Nussbaum, ma anche il periodo che precede il Buio: nascosti nella capitale belga per quasi quattro anni, i due coniugi sono infine arrestati nel giugno 1944, in seguito alla denuncia di un vicino di casa. Deportati ad Auschwitz, vengono uccisi nelle camere a gas dello stesso anno.
Oggi rimangono le opere di questo formidabile e sensibilissimo artista che ha saputo esprimere come pochi il dolore, lo straniamento, la disperazione e l’orrore: da Il trionfo della morte del 1944 a l’Autoritratto con passaporto ebraico del 1943, la sua arte ha la capacità di esprimere in modo impareggiabile – tra poesia e dramma – l’impotenza, lo strazio e l’indicibile sofferenza come conseguenza della ferocia e della follia umana.

Prima del buio, Ugo Guanda Editore, traduzione di Silvia Albesano, pp. 192, euro 18,00