I dieci per la razza

Libri

“Chi erano gli scienziati italiani che firmarono il Manifesto della razza: questo è il sottotitolo del libro che ci spiega chi fossero i dieci personaggi a cui rinvia il titolo.
Franco Cuomo è un giornalista, saggista e romanziere dai molti interessi ed il libro non ha né vuole avere un taglio storico-scientifico, per quanto si tratti di un saggio accurato e ben documentato. Il taglio è divulgativo ed è, credo un bene che su questa vicenda sia uscito un volume che può essere letto con profitto anche da chi non è uno storico o un ricercatore di professione. Chi furono i dieci primi firmatari di quel manifesto che riassunse l’ideologia fascista sul tema della “razza” e che costituì la base teorica, il preambolo e il fondamento su cui si impiantarono le successive leggi razziali dell’ottobre novembre 1938? Il Manifesto apparve, lo ricordiamo, con il massimo rilievo sulle prime pagine dei quotidiani nazionali a partire dal 15 luglio 1938.
E il libro di Cuomo ci racconta bene le carriere scientifico-politiche di questi personaggi.
Ma ci ricorda subito due fatti, che non possono non lasciare inquieti. Il primo è che ai dieci autori del Manifesto si accodarono immediatamente “turbe di intellettuali, filosofi, scienziati (o presunti tali bisognerebbe aggiungere) e personalità di spicco culturale, religioso, politico, tutti ansiosi di condividere i principi enunciati nel documento…”
E scorrendo l’elenco di questi nomi pubblicati in appendice, accanto a quelli dei gerarchi fascisti più noti o degli antisemiti più conosciuti di allora, se ne incontrano alcuni che non possono non colpire: per esempio quello di Piero Bargellini, o di Giovanni Papini o di Walter Molino, o di Mario Missiroli o di Lugi Chiarini, direttore della Mostra del Cinema di Venezia dal 1964 al ‘68. E colpisce in particolare la presenza di molti esponenti di spicco dell’intellettualità cattolica di allora, come quella del gesuita Pietro Tacchi Venturi, personaggio di spicco della rivista La civiltà cattolica e figura di rilievo in Vaticano, presso la Segreteria di Stato. Si tratta dello stesso personaggio che, subito dopo l’otto settembre 1943, ottenendo udienza dal Capo del Governo, generale Badoglio, come rappresentante ufficioso del Vaticano, gli fece presente che il Vaticano avrebbe certo voluto la cancellazione degli aspetti “più iniqui” delle leggi antiebraiche, in particolare quelle che riguardavano gli ebrei convertiti al cattolicesimo e i matrimoni tra ebrei e cattolici, ma che sarebbe stato un bene lasciare in vigore una buona parte di essi, specie quelli che “limitavano” la presenza ebraica in campo economico e sociale, per impedirne “l’invadenza”.

Ma Cuomo sottolinea in particolare l’adesione entusiasta di “Gemelli padre Agostino” (come è riportato nell’elenco), fondatore e direttore della Università Cattolica di Milano, al Manifesto. E cita anche una lettera di Farinacci, il più fanatico antisemita tra i gerarchi fascisti, a Mussolini in cui cui il ras di Cremona caldeggiava la nomina del sacerdote ad accademico d’Italia, definendolo uomo veramente nostro e dicendo che in Germania gli avevano parlato di Gemelli con molta simpatia.
Non meno inquietante è la presenza tra i sostenitori della teorie razziste enunciate dai dieci è la presenza di Amintore Fanfani, allora giovane docente di economia proprio nell’Università Cattolica di Milano ed in seguito uno dei “padri nobili” dell’Italia repubblicana, membro dell’ Assemblea Costituente e protagonista delle vita politica per molti decenni. Tra il Manifesto e la firma della Costituzione repubblicana (1947) corrono meno di dieci anni e non ci sono testimonianze scritte o pubbliche di questa inversione di rotta. E che cosa poteva spingere un giovane economista ad aderire alle tesi degli “scienziati razzisti”, si chiede Cuomo. “Non era un antropologo né un biologo né un medico di grido, di quelli la cui firma poteva servire in maniera particolare al regime. Nessuno gli chiese verosimilmente quella firma, nessuno lo costrinse a rilasciare dichiarazioni di assenso”. Per una strana ironia della sorte, nota Cuomo, nel corso della sua lunga e brillante carriera politica egli fu sempre definito come il prototipo dei cavalli di razza all’interno del suo partito.

L’altro fatto che ci lascia inquieti è che, alla fine della guerra, i dieci firmatari del Manifesto conservarono le loro cattedre e i loro incarichi accademici come se nulla fosse successo. Come esempio su tutti Nicola Pende, colui che principalmente elaborò il testo in questione, conservò la sua cattedra di patologia medica all’Università di Roma fino al 1955. Non solo ma è stato celebrato come un’alta personalità della scienza, quasi un benefattore dell’umanità, “cui dedicare strade, scuole e persino un award internazionale di medicina sociale, bioetica e biomedicina senza frontiere”. “Qualcuno a Bari”, ci dice Cuomo, “non ha dimenticato ciò che il professor Nicola Pende ha fatto per quella università. Così gli ha dedicato una strada. Poco importa che al suo genio ‘scientifico’ si debba la persecuzione di 43.000 cittadini italiani, 8.000 dei quali deportati e sterminati nei campi nazisti”.
L’enciclopedia Italiana, comunemente nota come Treccani, nella edizione del 1949 dedica un articolo a Nicola Pende, senza fare alcun cenno al Manifesto della razza né al ruolo da lui svolto nella politica del regime. E così pure il Grande Dizionario Enciclopedico UTET del 1970.
Il libro di Cuomo, proprio per il taglio giornalistico, è decisamente polemico, ad esempio non si tira certo indietro quando si tratta di chiedere conto agli attuali esponenti delle famiglia Savoia di certe loro dichiarazioni degli ultimi anni, a proposito del comportamento della loro dinastia nei confronti degli ebrei, in cui essi dimostrano di ignorare molte cose , sia dei tempi di Amedeo VIII che di quelli di Vittorio Emanuele III.
Il libro, sia pure con qualche ripetizione di troppo (come ad esempio quella dell’elenco dei nomi dei dieci) contribuisce dunque a aprire una finestra su un tema che la coscienza pubblica italiana ha troppo presto cercato di dimenticare e di rimuovere. Sul tema del rapporto tra scienze (medicina, eugenetica, antropologia ) e ideologie naziste e fasciste esistono molti studi di importante livello scientifico, anche se molto rimane ancora da dire. È quindi benvenuto questo volume di tipo più divulgativo, che offre una lettura meno impegnativa, ma non per questo meno valida, di un legame, quello tra scienza e razzismo, su cui gli interrogativi sono davvero ancora molti.

Franco Cuomo, I Dieci,
Baldini Castoldi Dalai – pp. 271, euro 14,50