di Fiona Diwan
Letture irrinunciabili: esce “Genesi: Alleanza & conversazione”. Al centro del racconto della Genesi c’è la complessità del cuore umano e il dono della libertà. I temi più urgenti dell’agenda ebraica di oggi sono già tutti qui: i figli (la continuità dell’ebraismo), la terra (il rapporto con Israele e i suoi vicini), la relazione tra gli ebrei e il mondo (antisemitismo – filosemitismo). Una conversazione tra il popolo ebraico e il suo destino
Ascoltiamo Abramo in quella che è passata alla storia come la discussione più leggendaria di sempre, nel tentativo di salvare Sodoma dalla distruzione. Vediamo Lot che volle diventare un altro e non sa più chi è, ambiguo rispetto alla propria identità, il primo dei tanti marrani della storia ebraica. C’è il rapporto tra Abramo e Hagar, rivelatore delle relazioni che poi l’ebraismo avrà con l’islam. E ancora, ecco Isacco che nella pianura di Gherar sperimenta la prima violenta forma di antisemitismo quando Avimelech gli dice “sei diventato troppo ricco e potente”, e a Isacco viene impedito di abbeverare le sue greggi nei pozzi. C’è l’amour fou di Giacobbe che quasi impazzisce alla vista di Rachele al pozzo. E c’è ancora Giuseppe che solo dopo la riconciliazione con i fratelli potrà dare inizio alla nascita della dimensione collettiva del popolo ebraico…
Sono le storie della Genesi, il Libro dei Fondamenti, quelle che Jonathan Sacks illumina di luce abbagliante nel racconto e nel commento di Alleanza e conversazione, editore Giuntina, testo mirabilmente tradotto da Giorgio Berruto: Sacks apre il primo libro del Pentateuco come uno scrigno che contiene il tesoro delle verità umane di tutti i tempi, un testo di filosofia che parla più dell’uomo che di Dio, e lo fa con quella magistrale capacità che Sacks ha di attualizzare l’interpretazione della Torà. Sacks ci regala chiavi di lettura sorprendenti, in un momento in cui l’ebraismo è sotto attacco, un libro la cui lettura oggi potrebbe diventare un autentico salvavita, un argine alla cupezza di tempi difficili. La sua forza sta nella capacità di essere comprensibile a ebrei e non ebrei, religiosi e no. Filosofo prestato all’ebraismo, dotato di un carisma proverbiale, Sacks (1948-2020) inserisce il testo biblico in un contesto più vasto, invitandoci a leggere la Torà «non solo come testo fondativo della tradizione ebraica, ma come parte di una più ampia riflessione sull’etica, sulla responsabilità e sul significato dell’esistenza». Un consolidato rapporto quello tra i lettori italiani e Sacks, grazie soprattutto al commento delle parashot che il sito Mosaico pubblica da anni, ogni settimana, avvalendosi della puntuale e accurata opera di divulgazione e traduzione di Lidia Calò. Un grandissimo merito va anche all’editore Shulim Vogelmann per aver perseguito con dedizione un progetto editoriale di altissima qualità e valore che, iniziando con la pubblicazione di Genesi, proseguirà nei mesi futuri con l’uscita di Esodo (12 dicembre), Levitico (13 marzo 2026), Numeri (12 giugno) e Deuteronomio (12 settembre).
La Genesi: un testo talmente vivido da riuscire «a farci entrare in relazione con i personaggi e i loro interrogativi», scrive Sacks. «Nessun’altra letteratura antica dà una sensazione tanto forte di contemporaneità. È la nostra storia, quella da cui veniamo. È il nostro viaggio». Non si tratta di mito, spiega Sacks. Non è neppure storia nel senso comune del termine, non è neppure teologia: la Genesi parla più degli esseri umani che di Dio, concepisce il tempo inteso come arena del mutamento, Genesi come filosofia scritta in modo deliberatamente non filosofico; o meglio, opera filosofica in modalità narrativa. E ogni racconto che si rispetti chiede di sapere come andrà a finire, prevede una certa dose di suspense: Eva mangerà il frutto proibito? Esaù ucciderà Giacobbe? Giacobbe riuscirà finalmente a sposare Rachele? I sogni di Giuseppe si avvereranno? Perché le tre matriarche Sara, Rebecca, Rachele sono sterili?, riusciranno a partorire? Tuttavia, ci spiega Sacks, l’elemento della suspense riflette un tema clou di Bereshit: il dono della libertà che Dio fa agli uomini. Siamo plasmati dal nostro ambiente, ma possiamo anche plasmarlo, siamo creature ma anche creativi, possiamo scegliere come agire e reagire, noi diventiamo quello che scegliamo di essere e il nostro destino non è scritto né nei geni né nelle stelle.
Sacks srotola per noi i significati del testo e non tralascia nulla: lo stile di scrittura di Bereshit (le sue inversioni, i giochi di parole, la vastità semantica), l’enfasi sulle ripetizioni di certe espressioni, il minimalismo narrativo, questo less is more che dischiude praterie di significato e di ricchezza midrashica; infine, ovviamente, il legame così peculiare tra le parole, la costruzione delle frasi e il messaggio spirituale e morale che veicolano. La lingua della Torà è “piena di sottofondo”, scriveva Erich Auerbach, il celebre studioso di letteratura: dietro gli eventi narrati ci sono storie umbratili che siamo chiamati a decifrare, allusioni, indizi, sentieri nascosti, piccoli dettagli che sono la vera chiave di lettura.
Il telescopio di Rav Sacks
L’originalità dell’approccio di Sacks sta nel collocare il testo biblico nel contesto generale delle idee e nel ribaltare il metodo di analisi: non più una lettura al microscopio, non più il dettaglio, il frammento, quanto invece l’uso del «telescopio, ossia il quadro più grande e il suo posto nella costellazione dei concetti che rendono l’ebraismo una raffigurazione dell’universo e del nostro posto in esso». Per continuare una conversazione cominciata sul Sinai 36 secoli fa e mai più interrotta. Il telescopio di Sacks permette così di connettere autori e testi, valori e intuizioni che hanno tutti “origine e fondamento” nel testo sacro. Da Pico della Mirandola che nel Quattrocento scrisse il manifesto del Rinascimento italiano (Orazione sulla Dignità dell’Uomo) agli scritti di Hannah Arendt sulle Origini del totalitarismo; da Nelson Mandela ai versi di Thomas S. Eliot fino alle pagine di Sigmund Freud e Renè Girard sul legame tra religione e violenza (Caino e Abele); da Jehudà Halevì fino al Netziv, da Levinas a Heschel e Solovetchik, a tutti i più grandi Maestri dell’ebraismo, Sacks dispiega la sua sconfinata erudizione mettendola a disposizione del testo biblico, attualizzandolo fino a scalare sorprendenti orizzonti di significato in grado di parlare alla nostra sensibilità contemporanea. Formidabili le pagine dedicate alla figura di Isacco a Gherar, il primo episodio di antisemitismo della storia; o ancora, la riflessione sulla complessità piena di ombre della figura di Giacobbe, tra i pochi capaci di catturare “la voce di sottile silenzio” (kol demamà dakà) che si alza dalla volta celeste.
Sacks ci conduce in un viaggio alle origini della spiritualità, non solo ebraica, alle scaturigini del bisogno umano di pregare. E ci racconta come nasce la grandiosa architettura della preghiera monoteista ebraica. Tuttavia, fa notare l’autore, la Genesi è soprattutto un libro sulla famiglia intesa come la metafora più convincente della relazione tra gli esseri umani, e della loro relazione col divino. Attenzione, spiega l’autore, i protagonisti della Genesi sono distanti anni luce dagli eroi del mito, non sono guerrieri invincibili, taumaturghi, astuti giustizieri, condottieri dalle vittorie leggendarie. Sono persone ordinarie rese straordinarie dalla loro volontà di seguire la parola divina: esitano, hanno dubbi, paure, angosce, cadute, debolezze estreme.
Nessuna confusione tra cielo e terra
Nel mondo del mito non esiste un confine chiaro tra gli dei e gli esseri umani: lì, gli dei sono troppo umani e gli umani spesso dei semidei. Nell’ebraismo non esiste nessuna possibilità di confondere i ruoli, Dio si ritira per lasciare spazio all’umanità del genere umano, nessuna confusione tra cielo e terra (Babele viene distrutta), i suoi personaggi sono minuscoli, fallibili, fragili e tuttavia sfiorati dalle ali dell’infinito.
Il dolore di Esaù, l’incessante lotta di Giacobbe, la solitudine di Giuseppe che si rifugia nei sogni, la sofferenza di Lea dagli occhi delicati (rakot), la squillante risata di Sara… Al centro del racconto della Genesi c’è la complessità del cuore umano, scrive Sacks: in queste vicende non ci sono strade comode, non c’è un banale lieto fine, sono storie profondamente adulte che ci dicono che il viaggio deve essere fatto ma che non è cominciato con noi e non si concluderà con noi («non spetta a te portare a termine il compito ma non sarai nemmeno libero di sottrarti», come da Rabbì Tarfon). Gli argomenti più urgenti dell’agenda ebraica di oggi sono già tutti in queste pagine di Bereshit, ci ricorda Sacks: i figli (la continuità dell’ebraismo), la terra (il rapporto con Israele e i suoi vicini), la relazione tra gli ebrei e il mondo (antisemitismo – filosemitismo). Nella continuità di una alleanza con il Cielo e di una conversazione ininterrotta tra il popolo ebraico e il suo destino.


