Genocidio armeno: al via al Memoriale della Shoah il ciclo di eventi e mostre

Eventi

di Roberto Zadik

armeniIl massacro degli armeni è stato una tremenda pagina di storia, dimenticata e addirittura sminuita se non negata, dai suoi responsabili, come la Turchia e la Germania, per troppo tempo; ma essa rivela interessanti parallelismi con la Shoah avvenuta circa trent’anni dopo. Ma cosa successe esattamente e quali le analogie e le differenze con l’Olocausto? E cosa lega armeni ed ebrei?  Su questo e su molti altri temi, giovedì 27 aprile al Memoriale della Shoah si è tenuto l’importante evento inaugurale di due mostre dedicate agli armeni come “Metz Yeghern” (tradotto come il “grande massacro”) raccolta fotografica sui cupi anni delle stragi dal 1915 al 1922, che si terrà fino al 24 maggio nei locali del Memoriale della Shoah, e l’esposizione sempre per immagini su Armin T. Wegner, eroico militare e scrittore tedesco che si trovava in Armenia quando successe il massacro e che scrisse indignato una coraggiosa e sentita lettera nientemeno che a Hitler.

Il ciclo di eventi è promosso e organizzato dal Memoriale in collaborazione con vari enti e associazioni come la Comunità ebraica milanese, la Fondazione Maimonide, col grande contributo di Vittorio Robiati Bendaud, assistente del Rabbino e docente Rav Giuseppe Laras e  ideatore e organizzatore delle due mostre, da Adei Wizo, dall’Adi, Associazione Amici di Israele, da Gariwo e dal settimanale Tempi. Presenti nell’Auditorium una serie di personalità comunitarie e cittadine, dai presidenti Besso e Hasbani, agli assessori alla Cultura Romano e Schoenheit, al presidente dell’AMPI, Associazione Milanese Pro Israele, Alessandro Litta Modignani. Molti anche gli esponenti della comunità armena, come Minas Lourian, Presidente Unione Armeni Italia, Marina Mavian, Presidente Casa Armena Hay Dun e Padre Vahan Ohanian, monaco mechitarista.

A introdurre l’iniziativa è stato un giornalista di Tempi, Emanuele Boffi che ha presentato i tanti ospiti intervenuti ciascuno per rapidi e significativi discorsi.

A cominciare la serie di saluti introduttivi, seguiti da una interessante lectio magistralis del professor Cyril Aslanov membro dell’Accademia per la Lingua ebraica in Israele, è stata Victoria Bagdassarian, Ambasciatrice della Repubblica Armena in Italia. “Fra Shoah ebraico e massacro degli armeni ci sono una serie di similitudini che ci accomunano” ha detto “e dobbiamo lottare assieme per combattere qualsiasi forma di negazionismo, di dimenticanza e di odio che purtroppo sono molto presenti in questo momento storico. È un compito arduo ma non impossibile e in Italia e nel mondo ci sono molte iniziative a questo proposito. Lottiamo con le iniziative e cerchiamo di prevenire indifferenza e ignoranza con la conoscenza di quello che è stato affinché cose del genere non vengano dimenticate e non si ripetano in futuro”.

Molto efficace la riflessione di Rav Arbib sull’importanza delle parole e sulla gravità di fenomeni come demonizzazione, pregiudizio e istigazione all’odio. “Prima dello sterminio degli armeni” ha fatto sapere il Rabbino Capo “gli armeni sono stati vittime di una folle campagna di demonizzazione esattamente com’è avvenuto per il popolo ebraico. La propaganda antisemita non ha caratterizzato solo la Shoah, ma tutto il Novecento cominciando da molto prima. Le parole non sono solo pietre ma sono massi e spesso sono molto pericolose perché diventano dei fatti e dobbiamo stare sempre attenti a quello che diciamo lottando contro pregiudizio e indifferenza”.

Nell’elenco delle personalità, Piero Cuciukian, vice presidente di Gariwo ha approfondito la figura straordinaria di Armin Wegner, sul quale Gabriele Nissim aveva pubblicato un’appassionante biografia due anni fa e il suo ruolo cruciale mentre con l’esercito tedesco era in Anatolia (La lettera a Hitler. Storia di Armin T. Wegner, combattente solitario contro i genocidi del Novecento, Mondadori). Egli fu testimone dello spietato massacro del popolo armeno e “cercò di dissuadere il governo turco scrivendo varie lettere e lo stesso fece anche col popolo ebraico. Quando era nella regione scattò anche diverse immagini delle stragi e che mi furono consegnate dalla signora Serapian e che sono oggetto di questa mostra. Spero che queste iniziative continuino e entrambe queste esposizioni sono molto ben fatte e rendono l’idea dell’accaduto”.

A terminare i saluti introduttivi alla lectio del professor  Cyril Aslanov, Susanna Sciaky presidentessa dell’Adei Wizo Milano, che ha sottolineato il grande lavoro sia di Vittorio Bendaud sia della scrittrice di origine armena Antonia Arslan, ricordando le grandi amicizie fra mondo ebraico e armeno come la vicenda di Sarah Aaronsohn, spia del Governo Inglese che assieme ai suoi due fratelli “si spese concretamente per salvare gli armeni dagli stermini organizzati dai turchi e dalle autorità tedesche loro alleate. Dopo quattro giorni di indicibili torture, la Aaronsohn si suicidò a soli 37 anni per non rivelare i segreti che sapeva. Fu un esempio di altruismo e di impegno contro il silenzio e l’indifferenza che permisero quei massacri”.

Da ultimo è intervenuto anche il vice presidente della Fondazione Memoriale, Roberto Jarach, che ha evidenziato la “necessità di far conoscere al mondo una tragedia di enorme portata come questa. Sono davvero contento di ospitarne il ricordo qui al Memoriale e vorrei sottolineare come questo possa essere di insegnamento alle giovani generazioni affinché possano conoscere la storia e i suoi eventi riconoscendo non solo i fatti ma i segnali di odio e di pregiudizio prima che essi avvengano”.

Molto emozionante la testimonianza di Misha Wegner, figlio di Armin, che ha ricordato come “prima di essere stato figlio sono stato testimone di mio padre portandone avanti la memoria e l’impegno sia a favore degli armeni che degli ebrei. Mio padre si sentiva molto tedesco ma amava la Germania della cultura mentre detestava quella del nazismo e del totalitarismo e si oppose sempre alle ingiustizie e alle violenze”.

Parte centrale dell’evento è stata la lectio del professor Aslanov che ha spiegato approfonditamente analogie e differenze fra Shoah e massacro degli armeni fornendo suggestioni molto originali e messaggi di grande spessore storico e culturale. Il docente, che ha insegnato all’Università ebraica di Gerusalemme e oggi insegna nell’ateneo di Aix en Provence – e che è nato da padre armeno e madre ebrea lituana – ha esordito: “si percepisce una complementarietà perfetta fra le due vicende storiche di questi due popoli che sono vicini anche geograficamente in Medio Oriente; anche le regioni della Giudea e dell’Armenia sono molto vicine, una è in alto, il tetto dell’altra situata molto più in basso. I rapporti fra armeni e ebrei sono sempre stati molto buoni, un forte legame come minoranze osteggiate e perseguitate nella storia”. “In Russia – ha continuato – sia gli ebrei che gli armeni furono molto vessati e spesso si univano negli affari o nei matrimoni; un esempio è che oltre a me anche il campione di scacchi Gary Kasparov è nato dalla fusione ebraico-armena. Anche nella Palestina mandataria armeni e ebrei combatterono assieme con gli inglesi sfidando la minaccia dei nazisti che volevano entrare nel territorio”.

Nella sua relazione il professore ha citato vari riferimenti culturali di unione fra ebrei e armeni, come il romanzo del drammaturgo ebreo praghese Franz Werfel I quaranta giorni del Mussa Dagh. Curiosamente la parola Mussa Dagh significa Monte di Mosè e l’opera descrive con sensibilità  e partecipazione le sofferenze del popolo armeno fra Turchia e Siria. Massacrati, torturati, fucilati in massa e deportati come gli ebrei, “fra il 1915 e il 1922 morirono un milione e mezzo di armeni” ha fatto sapere e “le differenze fra i due stermini furono quantitative e numeriche ma i maltrattamenti e le violenze furono molte volte analoghi”.

Vale la pena, però, secondo l’impeccabile analisi storica e fattuale del docente, segnalare anche alcune differenze come “le violenze sessuali e gli stupri che i turchi compirono sulle donne armene, mentre gli uomini venivano uccisi. Loro volevano assimilare e assoggettare gli armeni per questioni espansionistiche, mentre i tedeschi erano molto più razzisti. Erano disgustati dagli ebrei e perseguitarono anche molti che si erano convertiti ad altre religioni”. “Il regime dittatoriale di Ataturk fu spietato contro la popolazione armena e avvalendosi della collaborazione feroce dei curdi e dei tedeschi fecero uccidere un numero impressionante di persone”. “Credevamo che con Erdogan” ha aggiunto “le cose sarebbero cambiate ma invece nel 2014 a Kobane vennero uccisi molti armeni anche lì”.

In tema di eventi, questo è stato solo il primo appuntamento di un ciclo di conferenze che andrà avanti fino al 24 maggio. Prossimo evento il 4 maggio con la serata “Pro Armenia-Voci ebraiche sul genocidio armeno” con Rodolfo Casadei, Alessandro Litta Modignani, Aldo Ferrari e Vittorio Robiati Bendaud, mentre l’11 maggio alla Mondadori si parlerà della “Lettera a Hitler con la Storia di Armin Wegner, combattente solitario contro i genocidi del Novecento” con Antonio Ferrari, Gabriele Nissim e Pietro Cuciukian.
Per altre informazioni www.memorialeshoah.it