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Neve in primavera: l’incredibile storia della sinagoga di Bar Am

Arte

di Luciano Assin
“Non stupirti di aver visto la neve in primavera, poiché io l’ho vista d’estate”

E’ la frase che Mosè Bassola,  celebre rabbino nonché avventuroso viaggiatore del  XVI secolo riporta nei suoi diari. La scritta si trovava nei pressi di una sinagoga del  IV-V sec. D.C. all’interno di un villaggio ebraico dell’epoca talmudica, Bar Am. Della specifica sinagoga non è rimasto quasi nulla, ma se ne trova una ancora più monumentale in quello che ora è un parco nazionale gestito un’associazione israeliana. La frase può sembrare assurda se teniamo conto che la sinagoga in questione si trova in Israele, vicino al confine col Libano. D’inverno in quella zona nevica, senz’altro, ma è difficile poter  dare credito ad un’affermazione del genere, soprattutto se teniamo conto che anche Bassola la riporta per sentito dire.

Personalmente sono sempre convinto che ci sia un fondo di verità anche nelle cose più fantasiose o impensabili, questo è uno dei motivi che non ripongo mai nell’armadio la mia attrezzatura sciistica neppure in questo periodo estivo. Ma non è di meteorologia che parleremo oggi, bensì di archeologia, storia e anche di sedute spiritiche. Insomma, una delle tante storie intriganti che si trovano nelle pieghe di questo paese, basta cercarle.

Cominciamo dalla fine. Che direste se per un lavoro di manutenzione venissero rimosse delle mattonelle del vostro pavimento e improvvisamente venissero alla luce monete del 2125? E’ impossibile, direste giustamente, come  possono spuntare fuori monete del futuro dal pavimento di un palazzo costruito 100-200 anni fa? E’ esattamente quello che è successo nel pavimento della sinagoga di Bar Am e ha scervellato per anni esperti di storia ed archeologia di  Eretz Israel.

Veniamo ai fatti: la sinagoga in questione venne datata, in base allo stile architettonico, intorno al I-II secolo D.C. piena epoca romana. Nel corso di alcuni lavori di scavo vennero trovati sotto il pavimento originario delle monete. Era consuetudine dell’epoca lasciare un piccolo tesoro all’inizio dei lavori in segno di buon auspicio, e fin qui niente di particolare.  I problemi cominciano quando,  esaminando le monete, si venne alla conclusione che si trattasse di monete di epoca bizantina, quindi posteriori di almeno duecento anni, vere e proprie monete del futuro.

Chi si occupava allora dei lavori di scavo era un giovane archeologo, Moti Aviam,  famoso fino ad allora per essere il mio vicino di casa. Grazie al mio prezioso aiuto, cioè di non essermi mai  permesso di interferire nel suo lavoro, Moti alla fine arrivò ad una conclusione che rappresentava  in definitiva il classico esempio dell’uovo di Colombo.

Per un villaggio come quello di Bar Am, la costruzione di una sinagoga così monumentale era un onere di non poco conto. Sia dal punto di vista economico che da quello temporale, vale a dire che un opera del genere avrebbe potuto prendere dei decenni. Ed ecco il colpo di genio dell’artista, o meglio dei capimastri. Tutta la zona che orbita attorno al villaggio ebraico era disseminata di templi pagani ormai in disuso, visto che l’ebraismo e il cristianesimo erano le religioni affermatesi al loro posto. Era quindi molto più facile e conveniente smontare pezzo per pezzo  interi templi e ricostruirli dove conveniva. La teoria di Moti diviene certezza nel momento in cui si osserva con attenzione la facciata della sinagoga: gli elementi architettonici mancano di simmetria e non sono sempre uguali. Da una parte ci sono delle architravi decorate a spirale e dall’altra contengono dei tralci di vite e via dicendo. Non tutte le pietre combaciano completamente e in diversi punti sono stati introdotti dei  riempitivi per ovviare all’inconvenienza. Insomma, è come se qualcuno tentasse di costruire un modellino lego senza averne tutti i pezzi e di conseguenza è obbligato ad arrangiarsi con dei mattoncini che non c’entrano niente.

Questa scoperta è stata un vero e proprio colpo di scena che ha sconvolto le teorie sulle sinagoghe dell’Alta Galilea e ha costretto i vari esperti a rivedere tutti i vari metodi di datazione fino allora impiegati. Va da sè che vista la mia proverbiale modestia mi sono tenuto ben lontano dai meriti che mi spettavano.

La seduta spiritica

Chi ha letto attentamente questo post dovrebbe a questo punto domandarsi: e la seduta spiritica? Presto detto, anzi scritto. Parlando una volta con Moti, che nel frattempo non viveva più nel mio kibbutz, gli chiesi di raccontarmi qualche aneddoto inedito da raccontare ai miei colleghi. “Senti questa”, mi disse “e ti assicuro che niente è inventato. Nella sinagoga in questione c’è una scritta in aramaico che riporta il nome di un certo Eleazar bar Iodan, che probabilmente aveva finanziato parte dei lavori. Nel periodo degli scavi avevo fatto amicizia con delle soldatesse che prestavano servizio in una base vicina. Nei momenti di noia si dilettavano a tenere delle sedute spiritiche e di volta in volta mi invitavano a prenderne parte. Visto che non ne avevo né la voglia che il tempo le invitai a prendere contatto con questo Eleazar per sentire la sua storia. Dopo qualche giorno si presentò una delle ragazze tutta emozionata dicendomi di essere riuscita a mettersi in contatto col suddetto Eleazar. Quando le chiesi che cosa aveva da dire al suo riguardo la soldatessa mi rispose col tono più ingenuo possibile: “ma io mica lo so l’aramaico”!!!

L’ho sempre detto io che è importante studiare le lingue, l’aramaico poi, è basilare!!!

Fonte: L’altra Israele