Scuola e propaganda: il “caso Atzeni” continua a preoccupare

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di Andrea Atzeni

Il 7 febbraio scorso Mosaico rese pubblica la mia vicenda, poi ripresa da numerose altre testate. Quattro giorni prima la direzione del liceo nel quale insegno aveva avviato nei miei confronti un procedimento disciplinare perché, denunciando l’ennesimo caso di propaganda antisemita dentro le mura scolastiche, avrei abusato della posta elettronica scolastica e sarei venuto meno ai miei doveri di docente. I lettori si saranno chiesti come sia andata a finire. Ebbene, sono finiti i 60 giorni di tempo che l’amministrazione aveva a disposizione per chiudere la pratica, o con una sanzione o con una archiviazione. In realtà il sottoscritto non è stato degnato di nessuna comunicazione al proposito, per cui il procedimento può ritenersi tacitamente decaduto. Deve essersi rivelata inaggirabile l’infondatezza delle accuse (tra l’altro, l’aver “rilasciati e divulgati giudizi nei confronti degli studenti del collettivo”, e l’aver diffuso “una segnalazione che avrebbe dovuta indirizzarsi esclusivamente al dirigente scolastico”). È questo un primo punto fermo da tenere ben presente.

Il 26 febbraio tuttavia sono stato raggiunto da una nuova contestazione disciplinare, stavolta avrei violato i doveri di correttezza e responsabilità per aver leso l’immagine dell’amministrazione proprio rilasciando l’intervista a Mosaico! A formalizzarmi l’accusa ora è l’Ufficio scolastico territoriale, dotato di poteri sanzionatori in apparenza più minacciosi (e spada di Damocle più duratura, di 120 giorni), se soltanto la nuova accusa non fosse ancora più grottesca della prima: avrei detto di essere stato punito, mentre per ora non ho subito ancora nessuna sanzione; e avrei mentito sul motivo, visto che mi si contestava solo l’impiego della posta elettronica. Peccato però che nessuno dei giornalisti che hanno raccolto la mia testimonianza mi abbia mai messo in bocca affermazioni simili. È vero che Mosaico, e similmente poi altre testate, dapprima titolava “Milano, Liceo Da Vinci: docente punito per aver denunciato l’odio contro Israele in occasione del Giorno della Memoria”. Si tratta tuttavia di una evidente sintesi del titolista, discutibile quanto si vuole, se proprio si ama cavillare su simili dettagli, ma certo non attribuita né attribuibile al protagonista della vicenda. La segnalazione della scuola arrivava ad accusarmi di aver diffuso io stesso il testo di un volantino agli studenti, e a negare persino che ci fosse stata qualsiasi “comunicazione oltraggiosa” da parte del Collettivo studentesco. Almeno questi spropositi vengono omessi nella contestazione.

Intanto il caso aveva suscitato subito preoccupati interrogativi presso la comunità ebraica. Sono così variamente emersi ulteriori particolari.

Pare che per rabbonire le curiosità del ministero dell’istruzione il sottoscritto sia stato spacciato per un molesto recidivo, avvezzo ad abusare della posta elettronica scolastica. In particolare avrei “in altre due circostanze utilizzato la mail istituzionale destinata a tutti i docenti per ironizzare pesantemente su due iniziative formative proposte alla scuola dalla diocesi e da una associazione professionale di ispirazione cattolica”. Ho chiesto l’accesso ai relativi atti, ma mi sono stati negati. Se capisco bene, si allude a due iniziative di diversi anni fa in realtà del tutto prive di qualsiasi valore “formativo” e proprio per questo fonte, insieme ad altre, di vivace perplessità circa la loro rispondenza alle finalità “istituzionali” (sempre evocate a fini censori) dei canali scolastici, a partire dalla solita posta elettronica tramite la quale le si pubblicizzava “a tutti i docenti”.

Va sottolineato che quelle ironie non sono mai state oggetto di contestazione disciplinare, solo ora vengono ufficiosamente trascelte e dichiarate indiscutibilmente troppo “pesanti”. Per fare un altro esempio simile, all’inizio dello scorso novembre ho risposto polemicamente per posta elettronica istituzionale a un invito dell’ANPI giunto per la stessa via a tutti i docenti. Gli scambi hanno coinvolto anche il Comune di Milano e lo stesso Ufficio scolastico. La mia risposta è poi uscita anche sul Bet Magazine di gennaio. All’amministrazione invece non dev’essere sembrato un contributo utile a porre i problemi in questione nella giusta prospettiva.