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di Ilaria Myr

Il Servizio Sociale della Comunità ebraica di Milano: un impegno costante per aiutare chi ha più bisogno

Dall’inizio dell’emergenza Covid-19, i Servizi Sociali della Comunità offrono continuo supporto alle persone che hanno bisogno, soprattutto over 65: spesa a domicilio, informazioni, ma soprattutto tanta vicinanza, per non sentirsi ancora più soli in questa emergenza.
«Dal giorno in cui abbiamo chiuso l’ufficio, il 9 marzo, lavoriamo senza orario. Siamo sempre disponibili per i nostri utenti, 24 ore su 24, per dare loro conforto, informazioni e servizi concreti. In questa emergenza le persone hanno bisogno e noi ci siamo». Parla con stanchezza ma con molta determinazione Ramesh Khordian dei Servizi sociali della Comunità ebraica, da sempre molto attivi nel sostenere i membri della comunità nelle loro esigenze, e in prima linea fin dall’inizio dell’emergenza per il coronavirus. Grazie all’incessante lavoro di Ramesh, Elena Gemelli e la volontaria Rosy Gubbay, i membri della Comunità ebraica sanno di potere avere un solido aiuto per superare le difficoltà, e ciò è ancora più evidente in questo forte momento di crisi.
«Fin da subito abbiamo cominciato a occuparci da remoto dell’erogazione dei sussidi, con il prezioso supporto dei colleghi CEM – spiega Ramesh -. Ma soprattutto abbiamo dovuto gestire le paure e i timori dei nostri utenti più anziani e fragili. Molti sono soli a dovere affrontare questa situazione, senza parenti né badanti, che hanno dovuto smettere di recarsi da loro».

Per alleviare la solitudine di queste persone, per la maggior parte over 65, Rosy, insieme a Joyce Anter e agli assessori Antonella Musatti e Rosanna Bauer, hanno dato il via a telefonate quotidiane, per fare sentire la vicinanza della comunità almeno per telefono. A dare il loro prezioso contributo anche tutti i consiglieri e assessori delle diverse liste comunitarie, che hanno unito le proprie forze per aiutare a superare la solitudine e le paure e per rispondere anche a domande pratiche, per un totale di un centinaio di telefonate al giorno. Fondamentale è stato il supporto del presidente della Comunità Milo Hasbani e del segretario generale Alfonso Sassun.
«Per i primi dieci giorni, noi del servizio sociale facevamo la spesa per chi ne aveva bisogno e la mettevamo dietro alla porta – continua Ramesh -. Con il passare del tempo, però, le richieste sono aumentate notevolmente e, da sole, per noi era difficile stare dietro a tutte. Il Volontariato Federica Sharon Biazzi e l’Assessorato ai Giovani si sono dunque uniti a noi, attivando giovani volontari di tutte le edot (identità) della Comunità ebraica: tutti uniti per portare la spesa e i prodotti kasher le Pesach a chi ne aveva più bisogno».
A ogni giovane è stato dato un kit con mascherina e guanti e l’autorizzazione della CEM a circolare per conto suo, nonché il tesserino del volontariato per tutelarlo in questa attività.
Non solo. I Servizi sociali si occupano anche della consegna dei pasti kasher preparati da Beteavon, così come quella dei farmaci a domicilio. «Abbiamo anche attivato il servizio della spesa a domicilio del Comune là dove era possibile farlo. Abbiamo insomma messo in campo tutto quello che potevamo per sostenere le purtroppo numerose persone bisognose di aiuto e conforto».
Purtroppo, come è noto, il Coronavirus ha colpito anche alcuni membri della nostra Comunità ebraica, alcuni dei quali utenti affezionati delle attività organizzate dai servizi sociali: anche in questi tristi casi è stato fondamentale il loro lavoro, che hanno fatto fin da subito sentire il calore della comunità ai famigliari dei deceduti, con telefonate quotidiane e attenzioni che scaldano il cuore. Non è un caso, del resto, che le comunità ebraiche del mondo, riunite in una call organizzata dalla Claims Conference – che dà il suo prezioso contributo anche ai sopravvissuti alla Shoah di Milano -, siano rimasti profondamente impressionati dalla dedizione delle “nostre” assistenti sociali e dalla loro determinazione a fare del bene, nonostante le oggettive difficoltà dell’emergenza, esplosa in Italia prima che negli altri Paesi.

«Nel nostro intervento, fatto davanti a rappresentanti di circa 60 paesi del mondo, abbiamo spiegato come stiamo gestendo l’emergenza e come in molti casi diventiamo la famiglia di chi non ce l’ha: abbiamo parlato con il cuore e tutti i presenti lo hanno capito – commenta emozionata Ramesh -. Così come lo hanno percepito associazioni nazionali e internazionali, che ci stanno offrendo il loro sostegno economico e non solo. La stessa Claims Conference ha messo a nostra disposizione un fondo di emergenza Covid».

L’importante, però, è che questi aiuti non si fermino dopo la fine della crisi attuale, ma continuino nel tempo. Non saranno isolati, infatti, i casi di crisi economica di famiglie intere che non riusciranno a fare fronte alle loro spese e che avranno bisogno di un supporto economico e psicologico da parte della Comunità. «Come hanno anche dimostrato assessori e consiglieri della Comunità aiutandoci tutti insieme, l’emergenza unisce, al di là di ogni differenza. Ma, dopo la fine della crisi, la comunità dovrà essere ancora più unita, perché avremo molto bisogno del sostegno pratico di tutti. Fino a oggi ce l’abbiamo fatta grazie al supporto di molti. Ma per continuare ad aiutare avremo bisogno di mettere insieme le nostre forze. Questo è quello che deve fare una comunità: essere uniti è fondamentale e necessario».

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