Guerra, disinformazione, Intelligenza Artificiale: ecco come ti manipolo news, Chatbot e social media

2025

 

n° 9 - Settembre 2025 - Scarica il PDF
n° 9 – Settembre 2025 – Scarica il PDF

Quale sarà il ruolo dell’Intelligenza Artificiale nelle guerre di oggi e domani? Enorme. Mai neutrale. Fazioso. Lo abbiamo già visto di recente quando operatori iraniani hanno inondato X/Twitter di teorie antisemite e messaggi anti-Israele. Ma anche Russia e Cina sono da anni maestri nella manipolazione dell’Intelligenza Artificiale a fini di propaganda. Abbiamo quindi fatto un esperimento e interrogato per voi i principali Chatbot…
Ecco le inquietanti risposte

 

 

Cara lettrice, caro lettore,

negli anni Novanta i ricercatori dell’Università di Parma guidati dal neuro-scienziato Giacomo Rizzolatti scoprirono i cosiddetti neuroni specchio, una “intuizione” passata alla storia. Rizzolatti aveva scoperto che la capacità umana di provare empatia per il prossimo si basava su un particolare funzionamento del cervello: alcuni neuroni si attivano per ripetere l’azione osservata e riflettono, come in uno specchio, emozioni e sensazioni provate da un altro come se le vivessero in prima persona. Una facoltà, quella di provare empatia, non replicabile da nessun robot, ChatGPT o altri chatbot.

Oggi, l’idea di fare i conti con l’Intelligenza Artificiale e con le sue applicazioni (e implicazioni/ manipolazioni) fa parte non solo delle sfide che ci aspettano ma anche del processo di comprensione del nuovo che sapremo mettere in atto (vedi articolo a pag. 14). Molti si chiedono: fino a dove si arriverà con l’utilizzo della IA? I robot riusciranno davvero a sostituirci, a provare empatia, compassione, sentimenti?

Il nostro cervello – che pensavamo inespugnabile – è diventato replicabile? A quale grado di manipolazione della realtà potrà arrivare chi meglio saprà usare l’IA? Quando impariamo qualcosa di nuovo, quando impariamo una poesia a memoria oppure a sciare o nuotare, quando assaggiamo un tiramisù squisito, quando ci innamoriamo, accadono fenomeni cerebrali e cognitivi non riproducibili; i neuroni comunicano tra loro attraverso le sinapsi creando vie neuronali uniche e irripetibili, modificandosi in base agli stimoli, in una plasticità cerebrale non replicabile.

L’Intelligenza Artificiale non possiede plasticità cerebrale e la differenza cruciale tra i vari Chatbot e l’intelligenza umana starebbe proprio nel modo particolare che abbiamo di fare esperienza, nella percezione soggettiva del mondo (mentre Chat GPT elabora le informazioni in modo probabilistico e statistico). Nessuna competizione possibile, quindi, tra robot e umani: l’idea è quella della complementarietà, come già accade in molti ambiti, ad esempio con la guerra. Sono stati proprio i due conflitti armati, quello russo-ucraino e quello mediorientale post-7 ottobre, il nuovo banco di prova dell’IA. Lo abbiamo visto: non è più il soldato che cerca l’obiettivo ma, come accade con i droni, è il sistema automatizzato che lo scova, lo analizza e lo presenta al militare con un’indicazione di priorità. L’informazione arriva già “pesata”, già selezionata. Ciò non significa che il soldato abbia perso il controllo. Ma vuol dire che il tempo della decisione è stato drasticamente ridotto. E in guerra, il tempo è l’unità di misura del successo e, a volte, della vittoria.

La guerra algoritmica non sostituisce l’uomo. L’intelligenza artificiale non preme il bottone, ma suggerisce su cosa valga la pena sparare. Uomo e macchina non sono in competizione ma in cooperazione. Ecco perché non si tratta di opporre l’Algoritmo all’Umanesimo o all’amore per i grandi ideali. Di solito, parlando di IA tendiamo a incappare nel famoso errore di Cartesio, ossia l’equivoco che per secoli ha separato mente e corpo, l’esperienza mentale da quella fisica, in linea col dualismo cartesiano, tendendo a dimenticare che l’Intelligenza Artificiale non ha corpo.

Il mondo umano fatto di desideri, illusioni, aspettative, credenze, non si sviluppa forse in base alle possibilità offerte da quel corpo che la natura gli ha fornito? E di come quel corpo, – sano, malato, bello o brutto che sia -, entra in relazione con l’ambiente, creando così categorie cerebrali nuove in base all’esperienza fatta da lui stesso? Disincarnata, l’Intelligenza Artificiale che non ha corpo non potrà avere né cervello né coscienza. E soprattutto, non potrà mai fare di un banale dolcetto una madeleinette proustiana, né di una tavola imbandita per Rosh haShanà un ricordo che ci insegue o un piacere che si rinnova ogni anno.

Fiona Diwan