di Nathan Greppi
La Gonen, che oggi ha 25 anni ed è stata rapita al Nova Music Festival quando ne aveva 23, ha raccontato come è stata portata nella Striscia di Gaza, spostata continuamente da una casa all’altra per poi essere tenuta prigioniera sottoterra.
Durante i 471 giorni in cui è stata tenuta in ostaggio a Gaza, ha subito diversi abusi sessuali da parte di quattro uomini diversi. Questo è ciò che Romi Gonen, giovane israeliana rapita da Hamas il 7 ottobre 2023 e liberata a gennaio, ha raccontato al programma Uvda, andato in onda giovedì 25 dicembre sull’emittente televisiva israeliana Channel 12.
La Gonen, che oggi ha 25 anni ed è stata rapita al Nova Music Festival quando ne aveva 23, ha raccontato come è stata portata nella Striscia di Gaza, spostata continuamente da una casa all’altra per poi essere tenuta prigioniera sottoterra.
I primi fatti
Subito dopo il suo rapimento, era stata portata all’ospedale Al-Shifa in quanto era stata colpita al braccio durante l’attacco al rave party, e già in quell’occasione era stata abusata. Mentre una donna, presumibilmente un’infermiera, cercava di trovare la vena nel suo braccio, “un uomo ha iniziato a strapparmi tutti i vestiti. Un altro mi ha tolto le scarpe. Un altro mi ha tolto gli orecchini, un altro ancora mi ha preso i gioielli dal mio corpo”, ha detto.
“Ero lì, con circa 15 persone che mi toccavano contemporaneamente. Finché non sono arrivata al punto che mi hanno strappato tutti i vestiti di dosso, ed io ero lì nuda. È stata come un’esperienza extracorporea, in cui vedi tutto dall’alto”, ha raccontato la Gonen. “Ero sicura che mi sarei svegliata senza un braccio”. Quando si è svegliata, l’hanno portata nella prima casa in cui è stata tenuta prigioniera.
Il medico aguzzino
La prima aggressione degna di nota che ricorda è avvenuta durante il quarto giorno di prigionia, quando era tenuta in una casa insieme a cinque agenti di Hamas. L’aggressore era un presunto medico incaricato di curare le sue ferite, anche se, a suo dire, il dolore era così intenso che lo aveva implorato di portarla in ospedale e di farsi amputare il braccio.
La Gonen ha dichiarato che le era stato permesso di fare una doccia e che il suo carceriere l’ha seguita, “perché è un infermiere ed era venuto ad ‘aiutarmi’ nella doccia. Ero ferita, non avevo alcun potere su di loro e mi trovavo in una situazione in cui non potevo fare nulla. Mi ha portato via tutto”, ha detto. “E in seguito ho dovuto continuare a vivere con lui nella casa”.
Episodi successivi
Il suo aguzzino peggiore è stato un uomo che si faceva chiamare Mohammed, nella cui casa è stata tenuta per oltre due settimane.
La prima notte in quella casa, l’hanno costretta a rimanere da sola con lui, su un materasso in soggiorno. Lui ha iniziato a toccarla, prima sulla schiena e poi lungo la vita. Quella volta, lei lo ha allontanato con un colpo, afferrando il materasso e a portandolo in un’altra stanza.
Ma il giorno dopo, ha raccontato la Gonen, Mohammed le ha detto: “Ieri è stata una cosa una tantum. D’ora in poi, mai più. Tu ed io dormiamo su materassi uno accanto all’altro, uno contro l’altro. Quando vai in bagno, vengo con te. Ogni notte ti ammanetterò”. I sedici giorni trascorsi in quella casa situata a Shati, nel nord di Gaza, sono stati i peggiori di tutta la sua prigionia, ha spiegato. Per diversi giorni, sia Mohammed che un altro uomo, Ibrahim, l’hanno aggredita.
“Ero seduta sul letto. Ibrahim si è avvicinato, si è seduto accanto a me e mi ha molestata. Tutto accadeva nella stanza, nel silenzio più assoluto. Ho iniziato a piangere come una pazza. Tutto era silenzioso, e lui mi ha detto: ‘Stai attenta. Se non ti calmi, mi arrabbio’”, ha affermato. “E così passano i giorni: vado in bagno e Mohammed è con me, e mi guarda. Faccio pipì e con una mano mi abbassò i pantaloni. Mi siedo sul water in modo che Dio non voglia che mi veda. Ibrahim continua a importunarmi all’infinito. Mi afferrano la gamba e si avvicinano alla coscia. Io tiro calci”.
Lo stupro
Quando le è stato chiesto se fosse già stata a letto con un uomo, lei ha mentito dicendo di avere un marito di nome Yarden, che in realtà è il nome di sua sorella. Così, quando non ha avuto il ciclo mestruale, era terrorizzata all’idea che l’avessero messa incinta nei primi giorni o all’ospedale, mentre era priva di sensi per le ferite. Pensando fosse stato “Yarden”, le hanno dato un test di gravidanza, che è risultato negativo.
Due giorni dopo, si è verificato l’episodio peggiore: “Sono andata a dormire nel pomeriggio, sul pavimento, in soggiorno. Mi sono svegliata con Mohammed e Ibrahim che parlavano sopra di me. Si sono inginocchiati e (Mohammed) mi ha detto: ‘Ascolta, Hamas mi ha appena chiamato e mi ha detto di ucciderti. Ho chiesto se c’è un’opzione per tenerti in vita, per me stesso, e hanno detto di sì, ma dobbiamo lasciare questa casa’”, ha spiegato.
“Mi ha detto: ‘Vai in bagno, lavati nel lavandino, perché non so quando potrai di nuovo farti la doccia’. E quella è stata la prima volta che sono andata in bagno da sola. E sono andata in bagno. Poi, lui mi ha inseguita”. Ha abusato di lei per circa mezz’ora.
Venne trasferita sottoterra subito dopo questa aggressione. “Era il suo (di Mohammed) ultimo giorno, e non aveva previsto che fosse il suo ultimo giorno, quindi è riuscito a fare tutto il possibile prima che me ne andassi. Aveva una finestra di opportunità in quella mezz’ora, e l’ha sfruttata”, ha detto la Gonen.



