Enzo Sereni, “un bon vivant che amava la vita”

di Roberto Zadik

L’impegno civile e il coraggio di Enzo Sereni, il suo sogno sionista prima della nascita dello Stato d’Israele, e le tante imprese da lui compiute in soli 39 anni di vita, prima di morire fucilato dai nazisti nel 1944, sono state gli argomenti principali della  serata “Il fuoco della mente. Le scelte di vita e le molte vite di Enzo Sereni”. Fra i tanti meriti di Sereni, quello di portare nella Palestina mandataria, molti anni prima della nascita di Israele, tanti ebrei italiani e europei; di fondare insieme ad essi il kibbutz “Ghivat Brenner” (oggi “Netzer Sereni”); di lottare valorosamente contro il fascismo e il nazismo. Di questo e di molto altro si è parlato durante la serata, in ricordo di questo grande personaggio dell’ebraismo italiano e europeo del Novecento, sionista, socialista, combattente e intellettuale, organizzata in occasione dell’uscita del libro dell’autrice ebrea cecoslovacca naturalizzata israeliana Ruth Bondy “Enzo Sereni-L’emissario” (Edizioni Le Chateau, 475 pp.,Euro 28,00), condotta dal giornalista e consigliere, Stefano Jesurum assieme ai suoi due ospiti, Marco Brunazzi, docente di Storia Contemporanea all’Università di Bergamo e  David Bidussa, scrittore, saggista e storico. A cominciare l’incontro ci sono stati i saluti dell’assessore alla Cultura comunitario Daniele Cohen che ha ringraziato oltre alla casa editrice del volume e ai relatori della conferenza, Jesurum, Brunazzi e Bidussa, il Nuovo Convegno del Gruppo Sionistico Milanese e il Cdec che “ci ha fornito il filmato tratto da una puntata di Sorgente di Vita”. Dopo le presentazioni, fra cui un breve intervento della professoressa Paola Sereni che come ha detto “ha voluto fortemente questa serata” è  stato proiettato l’interessante video che ha riassunto la vita e la personalità di Sereni. Nato in una famiglia della buona borghesia a Roma, fratello di Emilio, importante esponente del Partito Comunista Italiano, Enzo fu un talento intellettuale precoce, “era sempre allegro” come lo hanno ricordato amici, parenti e conoscenti, “un bon vivant che amava la vita” e che a soli 22 anni partì alla volta della Palestina, nel 1927. Uomo dai mille talenti, Sereni era un intellettuale ma anche pronto ai lavori manuali, determinato e coraggioso nelle sue scelte. Laureato in Filosofia si dedicò all’agricoltura nel kibbutz di Ghivat Brenner; pacifista e moderato, al punto che nel kibbutz lavoravano assieme ebrei e arabi, come è stato detto durante la serata “realizzò il sogno di Theodor Herzl ben prima del 1948”. Come ha ricordato Jesurum, i fratelli Sereni “vissero il paradigma di molti ebrei italiani dimostrando che si può essere molte cose: laici e religiosi, al tempo stesso. Enzo Sereni non era un’utopista, non esiste l’utopia, quando la si vive è una realtà e il suo impegno e la sua passione devono farci meditare soprattutto in quest’epoca”. In merito al libro, lo storico Marco Brunazzi ha detto “che merita di essere letto perché porta a conoscere un personaggio come Enzo Sereni e suo fratello Emilio, che nella storia del Novecento hanno avuto un particolare rilievo, e presentano diverse analogie con i fratelli Rosselli anche loro ebrei italiani.” Nel suo intervento, il professore ha messo in luce i rapporti fra i fratelli Sereni e l’ebraismo italiano, tracciando un percorso storico-culturale di grande spessore, in cui ha confrontato la figura di Sereni con gli ebrei italiani dell’800’ emancipati e risorgimentali, per arrivare ai tragici eventi delle leggi raziali e della Shoah che come ha detto Brunazzi “ hanno cambiato per sempre la percezione della loro identità”. Durante la serata sono stati messi in evidenza vari aspetti biografici, il rapporto con la moglie Ada che gli è stata sempre vicino nonostante i suoi continui spostamenti e l’inquietudine della sua personalità e le complessità storiche, culturali e caratteriali che distinguevano e separavano fra loro Enzo e Emilio Sereni, approfondendone il ruolo fondamentale e la loro differente visione riguardo al sionismo e alla propria identità ebraica. A questo proposito, in maniera efficace, Brunazzi, ha  citato uno scritto di Sereni “Ogni tentativo di finire l’ebraismo fallisce miseramente”, sembra quasi una profezia col senno di poi, la sua essenza è l’immediatezza” e questo spiega lo storico conferma l’autenticità del vissuto di Sereni , “con un legame di consapevolezza del suo ritorno in Israele. Egli voleva che gli ebrei dimostrassero un attaccamento fisico a quella terra, che tornassero a fare i contadini difendendo il Paese in maniera pacifica e non violenta secondo la logica socialista”. Lo storico e saggista David Bidussa invece si è soffermato su quanto fatto da Sereni nella sua breve vita, ricostruendo momenti importanti come l’incontro con D’Annunzio a soli 13 anni, e la molteplicità dei suoi interessi, che spaziavano dalla letteratura alla politica, i suoi viaggi in giro per l’Europa “non per turismo ma per una missione” quella di portare gli ebrei italiani, tedeschi, francesi, iracheni, inglesi o egiziani in Palestina con tutti i rischi che ne conseguirono e il suo rapporto lucido e distaccato perfino verso gli ideali di Golda Meir e dei primissimi sionisti. Bidussa a questo proposito evidenzia come Sereni prese le distanze dal loro modo di vedere la storia e il rapporto con chi andava in Palestina a rifarsi una vita. “Sereni voleva avere un rapporto con loro, capirli nei loro bisogni e immedesimandosi nelle storie della gente,  partendo dal basso, portando il proprio vissuto e non con un soluzioni prefabbricate”. Durante il suo interessante intervento, lo storico e saggista ebreo livornese ha evidenziato anche la particolarità di Enzo Sereni e le differenze col fratello Emilio, la distanza di orientamenti fra il suo laicismo rispetto al tradizionalismo del fratello, e le ombre che caratterizzarono il loro rapporto tormentato e conflittuale. Le loro lettere, ha aggiunto Bidussa non sono solo un semplice carteggio ma sono fatte “di carne e sangue e sono il termometro di un’epoca e dell’atmosfera che si respirava a quei tempi, e in quello spazio temporale questi due personaggi devono essere inquadrati”. Insomma è stata una serata decisamente intensa, dove dal libro si è passati a tanti altri argomenti e spunti di riflessione di notevole rilievo. “Questi personaggi, come i fratelli Sereni, vanno inquadrati nella loro epoca, cercando di non snaturarne il contesto storico e i comportamenti e di non dare alla parola sionismo”, come ha ricordato Jesurum “la connotazione imperialistica e negativa che spesso oggi gli viene attribuita”. Intento principale dell’incontro come ha detto Bidussa “è quello di capire l’opera e il contributo di Sereni senza mitizzarlo o idealizzarlo ma entrando nella sua inquietudine, di chi non avendo un retroterra religioso ha dovuto reinventarsi continuamente un’identità continuando a lottare per riaffermarla”.