di Marina Gersony
Difese la memoria della Shoah, sostenne Liliana Segre, cantò per la Libertà e per Milano. Coltivò il dialogo tra culture, collaborò con Idan Raichel e lasciò un’eredità civile che va oltre la musica. L’ultima, struggente “coincidenza d’amore” nel ricordo di Andrée Ruth Shammah
Anche nel mondo ebraico la scomparsa di Ornella Vanoni ha suscitato un profondo cordoglio. Non solo per l’artista immensa, voce tra le più riconoscibili e amate della musica italiana, ma anche per la donna che, con lucidità e sensibilità, si è sempre espressa contro la discriminazione, il razzismo e ogni forma di violenza. La memoria storica – in particolare quella della Shoah – è stata per lei un impegno coerente e costante, strettamente legato alla sua Milano e ai valori civici che la città incarna.
Tra i momenti più significativi del suo percorso civile resta il sostegno espresso, senza esitazioni, a Liliana Segre nei giorni più duri degli attacchi e delle minacce rivolte alla senatrice a vita. Vanoni scelse la via pubblica dei social per farle sentire la propria vicinanza. E Segre, nel post pubblicato il 31 dicembre 2024 (“Che Tempo Che Fa”), la salutò con parole rimaste nel cuore di molti: «Per me la ragazza dell’anno è Ornella Vanoni. Una ragazza di 90 anni. Una ragazza antica. Un’eterna ragazza… Non passano più di tre giorni che non mi lasci un messaggio in segreteria, che non la senta… È l’esempio di chi, a 90 anni, non si ferma davanti a niente».
Un legame umano profondo, simile a quello che Vanoni nutriva verso la storia del Paese. È anche per questo che, in occasione dell’80° anniversario della Liberazione, aveva preso parte alle celebrazioni del 25 aprile, rendendo omaggio alla Milano antifascista e ribadendo l’urgenza della memoria per le nuove generazioni.
E poi ci sono le coincidenze – quelle che sembrano sfidare il caso. Lo racconta Andrée Ruth Shammah, regista e direttrice del Teatro Franco Parenti, amica di una vita. È stata lei stessa a rivelare, incredula e commossa, di aver parlato con la cantante poche ore prima della sua scomparsa. «Ho parlato con Ornella nel pomeriggio di venerdì», ricorda. «Una telefonata serena… anche se mi sembrava avesse una voce triste. “Sai, a 91 anni non si è sempre allegri, anzi”, mi ha detto. Una conversazione dolcissima, piena di tenerezza. Ci siamo lasciate con la promessa di vederci presto».
Poi, l’episodio che Shammah definisce una “coincidenza d’amore”: «Poco dopo, Facebook mi ha mostrato una foto di due anni fa: io e Ornella insieme. Un’immagine allegra, come era lei. Ho postato quella foto, una dichiarazione d’amore. Ho scritto: Nel mio cuore per sempre. Non sapevo che, nelle stesse ore, lei – senza soffrire – ci stava salutando».
Tra i tanti ponti costruiti da Vanoni nella sua carriera, ce n’è uno forse meno noto ma prezioso: quello con la musica israeliana. La collaborazione con Idan Raichel nasce nel 2015 a Milano, durante un concerto in cui l’artista eseguì tre brani del repertorio di Vanoni e, con lei, presentò per la prima volta la versione italo-ebraica di “Che sia buona vita”. Il brano, inciso successivamente in studio con Paolo Fresu, uscì come singolo digitale nel 2017 e fu poi inserito nell’album Un pugno di stelle (2018), oltre che nella compilation Capo Verde terra d’amore, Vol. 7.
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Una piccola perla, simbolo della sua curiosità musicale e umana. E forse anche la testimonianza più autentica di ciò che Ornella Vanoni è stata: un’artista che ha attraversato il tempo costruendo dialoghi, in un Paese che oggi la saluta con gratitudine e affetto.





