di Anna Balestrieri
New York si prepara a ospitare un summit di portata storica, convocato da Francia e Arabia Saudita per rilanciare la prospettiva di una soluzione a due Stati. L’incontro, in programma oggi alle 15 ora locale (22 in Israele), arriva nel pieno della guerra a Gaza e vedrà la partecipazione di decine di leader mondiali. Sul tavolo, non solo la pace, ma anche nuove ondate di riconoscimenti ufficiali della Palestina.
Israele e Stati Uniti disertano: “Un circo”
Israele e Stati Uniti hanno annunciato che boicotteranno il summit. L’ambasciatore israeliano all’ONU Danny Danon ha definito l’iniziativa un “circo” e “una ricompensa al terrorismo”. Washington, dal canto suo, ha bollato i riconoscimenti come “gesti performativi”, ribadendo che le priorità americane restano la liberazione degli ostaggi, la sicurezza di Israele e la fine della minaccia di Hamas.
Un’ondata di riconoscimenti senza precedenti
Dopo Regno Unito, Canada, Portogallo e Australia, che domenica hanno riconosciuto formalmente lo Stato di Palestina, oggi altri sei Paesi — Francia, Belgio, Lussemburgo, Malta, San Marino e Andorra — sono pronti ad annunciare lo stesso passo. Con queste adesioni, circa tre quarti dei membri dell’ONU, almeno 145 su 193, avranno riconosciuto la Palestina.
Netanyahu respinge: “Mai uno Stato palestinese”
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha respinto con fermezza sia i riconoscimenti sia l’idea stessa di statualità palestinese, promettendo una risposta al suo rientro da New York. All’interno del governo, alcuni ministri spingono addirittura per annessioni parziali della Cisgiordania come contromisura. Riad e Abu Dhabi hanno avvertito: un simile passo avrebbe “conseguenze gravi” e segnerebbe una “linea rossa”.
Il ruolo di Macron e Barrot: un piano a tappe
La Francia guida l’iniziativa, con Emmanuel Macron deciso a imprimere una svolta diplomatica. Il ministro degli Esteri Jean-Noel Barrot ha spiegato che la Dichiarazione di New York non è un impegno vago, ma “una roadmap concreta” che parte da cessate il fuoco, liberazione degli ostaggi e aiuti umanitari. Solo dopo si discuterà del “giorno dopo”, ossia di una prospettiva politica stabile.
Abbas in collegamento video, senza visto USA
Il presidente palestinese Mahmoud Abbas, 89 anni, non sarà fisicamente al vertice: gli Stati Uniti hanno negato i visti a lui e alla sua delegazione. Interverrà in collegamento video. Anche il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, co-organizzatore, parteciperà da remoto.
Europa divisa, tre quarti del mondo a favore
Il tema del riconoscimento palestinese spacca l’Europa quasi a metà. Se da un lato Regno Unito, Irlanda, Spagna, Norvegia e ora Francia hanno compiuto il passo, Paesi come Italia e Germania restano contrari. In Asia, non riconoscono ancora Palestina Giappone, Corea del Sud e Singapore; mentre in America Latina e Africa prevale il sostegno.
Il significato del riconoscimento
Gli esperti di diritto internazionale ricordano che il riconoscimento non crea di per sé uno Stato, ma rappresenta un atto politico di forte valore simbolico. “In termini di simbolismo è un game changer”, ha scritto il giurista Philippe Sands sul New York Times. Con la maggioranza dei Paesi ONU ormai schierata, la questione palestinese assume un nuovo peso negli equilibri internazionali.
Una pace sempre più lontana?
Mentre sul terreno Israele prosegue l’offensiva a Gaza, quasi due anni dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, la prospettiva di una pace negoziata appare remota. Tuttavia, per i promotori del summit, agire ora è l’ultima occasione per salvare la soluzione dei due Stati e impedire che venga archiviata definitivamente.