di Anna Balestrieri
Una battaglia per la verità sulla enciclopedia online. Le informazioni e la conoscenza possono diventare un terreno di guerra? Sì, eccome. Con oltre 18 miliardi di visite al mese, Wikipedia non è più una fonte neutrale per centinaia di milioni di utenti sul Pianeta. Negli ultimi anni è diventata un’arena ideologica per tutto ciò che riguarda Israele, la Shoah e il terrorismo. Una guerra sotterranea iniziata ben prima del 7 ottobre, che crea disinformazione, rafforzando i pregiudizi. E che stravolge (e riscrive) la storia, la realtà, i fatti
Wikipedia è una zona di guerra”. Così la definisce un editore e contributore di lunga data della piattaforma, che chiede di restare anonimo per motivi di sicurezza. È una voce autorevole, attiva da anni nel monitoraggio delle manipolazioni sistematiche delle voci riguardanti Israele e il Medio Oriente. «Ogni articolo è un campo di battaglia cognitivo – racconta, – dove gruppi organizzati competono per controllare il racconto del conflitto in corso. E non sempre è la verità a vincere: spesso vince la persistenza».
Negli ultimi mesi, quella che per anni era rimasta una tensione sotterranea è esplosa sulla scena pubblica. Il 27 agosto 2025, il Comitato per la Supervisione e la Riforma del Governo del Congresso degli Stati Uniti ha inviato una lettera ufficiale alla CEO della Wikimedia Foundation, Maryana Iskander, chiedendo di consegnare documenti e comunicazioni interne riguardo a “volontari” e operazioni coordinate che avrebbero violato la neutralità della piattaforma. L’iniziativa, firmata dai parlamentari repubblicani James Comer e Nancy Mace, nasce dopo due inchieste che hanno scosso la fiducia nella grande enciclopedia online: il rapporto Editing for Hate dell’Anti-Defamation League (ADL) e l’indagine del Digital Forensic Research Lab dell’Atlantic Council. Entrambe documentano campagne di disinformazione organizzata: la prima di matrice anti-israeliana e antisemita, la seconda legata a reti filo-Cremlino. In un nostro articolo su Mosaico, avevamo già messo in luce questa deriva: la neutralità di Wikipedia non è più garantita, soprattutto quando si parla di Israele. Ed è delle ultime settimane la scomparsa, su Wikipedia, della responsabilità di Hamas nei massacri del 7 ottobre: sparisce magicamente la dicitura “attacchi perpetrati da Hamas”. Chi allora? Wikipedia non fornisce a oggi (21 novembre 2025) risposte sugli autori dei massacri.
“Editing for Hate”: l’allarme dell’ADL
Il rapporto dell’ADL, pubblicato nel marzo 2025, denuncia una manipolazione sistematica del linguaggio nelle voci riguardanti Israele, l’Olocausto e il terrorismo. Ma secondo l’informatore interno di Wikipedia, oggi la direzione della distorsione si è rovesciata: «Sono gli attivisti pro-palestinesi più aggressivi a usare il lessico dei diritti umani come arma semantica – afferma. – Non si tratta più solo di Wikipedia, ma di un’ampia offensiva culturale, che ha permesso in sede istituzionale di ampliare le maglie e i confini di parole come genocidio e pulizia etnica, riuscendo a spostare l’asse morale del discorso pubblico. Quando la definizione di genocidio cambia, cambia la storia stessa».
«Ogni mese, – spiega l’informatore – la voce Israel viene letta da oltre un milione di persone. Cambiare una parola in quella sede significa cambiare la percezione collettiva del conflitto».
Secondo i dati raccolti per anni assieme ai propri collaboratori, ha appreso come dietro le modifiche agiscano gruppi che ricevono una formazione mirata: «Ci sono workshop in arabo, polacco, russo, perfino in farsi, dedicati a sabotare le voci sull’Olocausto. È una guerra sotterranea cominciata molto prima del 7 ottobre: un’operazione politica, non solo digitale». Una guerra ideologica.
Il fenomeno non è isolato, bensì parte di una campagna strutturata. Abbiamo già raccontato su Mosaico della decisione del board di Wikipedia di declassare l’ADL come fonte “generally unreliable”, cioè “generalmente inaffidabile”, delegittimando l’autorevolezza centennale della ONG americana e privando così l’enciclopedia di un riferimento essenziale nella lotta contro l’odio online.
Shlomit Aharoni Lir: “La storia riscritta pixel per pixel”
A dare fondamento accademico a queste denunce è la ricercatrice israeliana Shlomit Aharoni Lir dell’Università di Haifa, ricercatrice esperta di media digitali.
Nel marzo 2024 Lir ha presentato alle Nazioni Unite, per conto del World Jewish Congress, il rapporto Bias Against Israel on English Wikipedia, che analizza centinaia di voci e discussioni tra utenti e la “deriva ideologica” del sito.
«Se non riesci a gestire i fatti, cancellali», ha scritto Lir in un commento su X, sintetizzando la logica dei manipolatori. «La propaganda su Wikipedia mira a demonizzare Israele e a cancellare verità scomode: dai risultati delle guerre alle invenzioni israeliane, fino all’eliminazione dei riferimenti agli attentati suicidi palestinesi». Insomma, uno sbiancamento-candeggiamento sistematico di tutto ciò che non serva a alimentare una narrazione buonista e vittimista dei palestinesi.
Dopo il 7 ottobre 2023, racconta a Mosaico, «ho iniziato a notare un modello inquietante: le voci su Israele e perfino sull’ebraismo venivano modificate in modo aggressivo da utenti apertamente ostili. Le informazioni verificate sugli eccidi di Hamas venivano cancellate o ridimensionate. Alcune pagine sono state persino rinominate: da massacri a attacchi, per attenuare il peso morale di quanto accaduto».
Secondo Aharoni Lir, non si tratta di errori isolati, ma di una strategia coordinata. «È un’azione organizzata e ideologicamente motivata. Gli utenti che tentano di correggere il tiro vengono attaccati, intimiditi, o sospesi».
La studiosa documenta come molte voci proiettino a ritroso la parola “Palestina”, in epoche in cui non esisteva: «Nel periodo ellenistico, – spiega – la regione era chiamata Terra d’Israele, Giudea o Coele-Syria. Applicare ‘Palestina’ retroattivamente distorce la realtà storica».
In un suo progetto, Manipulated History Exhibition, Lir mostra come la voce Zionism sia passata, dopo il 7 ottobre 2023, da “movimento nazionale ebraico per la creazione di una patria” a “movimento di colonizzazione fuori dall’Europa”. «È un rovesciamento semantico, – afferma. Trasforma l’autodeterminazione ebraica in una conquista coloniale».
Storici come Eric Mechoulan e Adi Schwartz confermano: «Non si può colonizzare senza una metropoli – ricorda Mechoulan. – Non esisteva uno Stato ebraico da cui inviare coloni». Insomma, colonizza solo chi ha alle spalle una patria, delle città; ma gli ebrei fuggischi e perseguitati non avevano nessuna patria alle spalle.
È la “Wikipedia warzone”, come l’ha definita una fonte interna alla piattaforma: il luogo in cui si combatte per decidere che cosa milioni di persone, ogni giorno, crederanno sia la verità.
L’informazione non è mai stata tanto fragile. E quando l’enciclopedia più letta al mondo – oltre 18 miliardi di visite al mese – diventa un campo di battaglia ideologico, le conseguenze travalicano Internet.
La riscrittura del Sionismo
Uno dei casi più emblematici riguarda la voce su Sionismo, che la studiosa definisce «una delle più distorte di tutto Wikipedia. L’etimologia ebraica del termine, i riferimenti al legame millenario con Gerusalemme e alla continuità storica del popolo ebraico sono stati sistematicamente rimossi – spiega. – Al loro posto è stata introdotta una narrazione che descrive il sionismo come un movimento coloniale, separandolo dalla sua radice culturale e religiosa».
La frase “i sionisti volevano creare uno Stato ebraico con quanta più terra possibile e il minor numero di arabi” – bloccata dagli amministratori fino al 2026 – resta uno dei simboli di questa deriva. «Congelare un pregiudizio per due anni – commenta Aharoni Lir – significa istituzionalizzare la disinformazione».
«Wikipedia è diventata un campo minato – afferma l’informatore. – Ufficialmente vige la regola del consenso, ma in pratica il consenso è manipolato da pochi utenti veterani che agiscono in gruppo: chi tenta di introdurre un punto di vista alternativo viene accusato di ‘non neutralità’, e le modifiche vengono immediatamente annullate. È una guerra di logoramento intellettuale».
Dietro molte di queste dinamiche, continua la fonte, «si intravede un coordinamento ideologico organizzato. Gli stessi nomi compaiono su più pagine legate a Israele, dalla voce sul Sionismo a quella sulla guerra del 1948, fino a Genocidio nella Striscia di Gaza».
La voce sul “Genocidio”
Proprio la pagina dedicata al presunto “genocidio a Gaza” è diventata un caso simbolico. L’articolo presenta l’accusa come fatto assodato, ignorando che si tratta di una questione ancora controversa nel diritto internazionale. Persino Jimmy Wales, cofondatore di Wikipedia, è intervenuto nella pagina di discussione per chiedere un linguaggio più neutro, ricevendo però risposte ostili.
«L’articolo è stato classificato come voce di ‘classe B’, cioè senza problemi significativi – denuncia Aharoni Lir. – È apparso per settimane nella sezione degli ‘eventi in corso’, anche dopo la fine delle operazioni militari. È un uso manipolativo dello spazio pubblico, che dà l’impressione di una realtà consolidata dove invece esiste una controversia». La studiosa propone un esperimento rivelatore: «Provate a riscrivere la voce Palestinians con lo stesso tipo di pregiudizi, e vedrete quanto suonerebbe inaccettabile».
La studiosa parla di “doppio standard sistemico”: se la manipolazione avvantaggia una parte, passa inosservata; se avvantaggia Israele, scatta subito la censura.
Il nostro contributore anonimo conferma: «Quando un editor corregge un’informazione in base a una fonte accademica israeliana, viene accusato di canvassing (campagna di gruppo) e rischia la sospensione. Mentre chi diffonde propaganda anti-israeliana viene raramente fermato».
Scudi intellettuali
L’informatore parla di un movimento di resistenza etica dentro Wikipedia, composto da volontari che cercano di ristabilire la neutralità: «Li chiamo intellectual shields (scudi intellettuali) – spiega. – Persone formate, capaci di usare fonti solide e verificabili, che difendono la conoscenza con rigore. Non vandalizzano, ma riparano».
Molti di loro, però, sono stati bannati o limitati per presunte violazioni di gruppo.
«È paradossale – aggiunge. – Chi cerca equilibrio viene censurato, mentre chi manipola resta impunito». In un precedente articolo su Mosaico, avevamo già denunciato la reazione selettiva del sistema: un apparente giro di vite che non risolve il problema di fondo.
L’economia della disinformazione
A corroborare il quadro entra anche l’analisi dell’economista Enrique Presburger, conferenziere internazionale specializzato nell’“economia del terrorismo” e nelle dinamiche di propaganda contemporanea. Presburger evidenzia come la rete di finanziamenti che sostiene ONG, gruppi di pressione e infrastrutture digitali filo-palestinesi operi su scala transnazionale – dall’Europa agli Stati Uniti, fino a Qatar e Iran – contribuendo a modellare narrazioni e contenuti anche negli ecosistemi informativi più consultati, come Wikipedia. The economics of terrorism, “l’economia del terrorismo”, quindi, sostiene la propaganda digitale come forma di guerra ibrida.
«Qatar, Iran e alcune ONG occidentali finanziano campagne d’influenza travestite da attivismo – spiega. – Ogni modifica su Wikipedia è un investimento narrativo: un click che costa poco ma produce effetti enormi. Wikipedia e piattaforme simili generano un ritorno economico per i produttori di odio, perché ogni click rafforza la loro visibilità. L’antisemitismo digitale non è solo ideologia: è anche business, basato sulla monetizzazione del risentimento». Presburger propone di mappare i flussi finanziari che collegano think tank, reti accademiche e media alternativi: «Dobbiamo chiederci quanto l’Occidente stia pagando, direttamente o indirettamente, per alimentare la propria delegittimazione».
La risposta (parziale) di Wikimedia
La lettera del Congresso americano a Maryana Iskander ha spinto la Wikimedia Foundation a istituire un gruppo di revisione etica, ma le risposte del board restano evasive.
Secondo indiscrezioni raccolte dall’informatore, «si parla di un nuovo protocollo di trasparenza sulle modifiche legate a temi geopolitici», ma finora nulla è stato pubblicato.
Un gruppo di studiosi israeliani ha inviato a sua volta una lettera aperta alla presidente della Foundation, chiedendo che si introducano fact-checkers indipendenti per le voci su Israele. Aharoni Lir ha aderito all’appello, sottolineando che «Wikipedia deve tornare a essere un’enciclopedia, non un’arena ideologica».
Sotto la pressione pubblica, la Wikimedia Foundation ha annunciato nel marzo 2025 la creazione di un “Gruppo di lavoro sulla neutralità”, incaricato di rivedere il principio del Neutral Point of View (NPOV). L’iniziativa è stata presentata come una svolta, ma secondo Aharoni Lir «si tratta di una manovra di contenimento più che di riforma. Il gruppo è chiuso, autoreferenziale, e non consente la partecipazione di ricercatori esterni. Procedono come se il problema non fosse urgente, mentre milioni di lettori vengono quotidianamente esposti a contenuti distorti».
Un parricidio digitale
Aharoni Lir ha scritto una lettera alla presidente della Wikimedia Foundation chiedendo trasparenza e collaborazione con esperti indipendenti. La risposta, arrivata settimane dopo, è stata definita da lei “evasiva e burocratica”: il Board ha riconosciuto la necessità di “monitorare la qualità dei contenuti” ma ha respinto l’ipotesi di un audit esterno.
Oggi persino i fondatori di Wikipedia denunciano il tradimento dello spirito originario. Larry Sanger parla da anni di “deriva propagandistica”, e Jimmy Wales, dopo anni di difese, ha ammesso pubblicamente che “la piattaforma non è più ideologicamente neutra”. «È come un parricidio digitale, – commenta Aharoni Lir. – L’idea di un’enciclopedia libera e pluralista è stata rovesciata da un’élite interna che usa procedure e linguaggio per imporre un’unica visione del mondo».
«Wikipedia non è solo un sito, – conclude la nostra fonte, – ma un’infrastruttura cognitiva globale: forma ciò che crediamo di sapere. Quando questa struttura si piega a un’agenda ideologica, non è solo la storia di Israele a essere riscritta, ma la stessa idea di verità condivisa».
Aharoni Lir, dal canto suo, vede in questa battaglia un pericolo che va oltre la politica: «Quando la conoscenza viene manipolata, non si distrugge solo la memoria, si distrugge la capacità stessa di pensare in modo indipendente». La “Wikipedia warzone” non è fatta di carri armati, ma di parole. Eppure, come ogni guerra di propaganda, il suo esito determinerà come le generazioni future comprenderanno il passato.
La guerra dei significati
Dalle denunce dell’ADL alle ricerche accademiche di Shlomit Aharoni Lir, passando per le testimonianze dei contributori indipendenti e le analisi economiche di Zion Presburger, emerge un quadro coerente: Wikipedia non è più un campo neutro. È diventata il terreno di una battaglia globale per la “verità”, dove l’informazione è un’arma e la storia si riscrive pixel per pixel. Come conclude l’informatore, «l’unico modo per vincere è educare. Insegnare alle persone a leggere le versioni precedenti, a usare i talk pages, a riconoscere il bias. È un lavoro lungo, ma necessario. La guerra dell’informazione non si combatte con gli algoritmi, ma con la coscienza critica».



