di Maia Principe
I paesi arabi e musulmani, tra cui Arabia Saudita, Qatar, Egitto, Giordania e Turchia, hanno firmato martedì una dichiarazione in cui condannano per la prima volta l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 e chiedono al gruppo terroristico palestinese di rilasciare tutti gli ostaggi che detiene, disarmarsi e porre fine al suo dominio su Gaza, nel tentativo di porre fine alla devastante guerra nella Striscia.
Diciassette paesi, più i 22 membri della Lega Araba e l’intera Unione Europea, hanno appoggiato un testo di sette pagine – ottenuto dal Times of Israel – concordato in una conferenza delle Nazioni Unite sul rilancio della soluzione dei due Stati per Israele e i palestinesi.
La dichiarazione, promossa dalla Francia e dall’Arabia Saudita, è stata firmata dalla Lega Araba, dall’Unione Europea, dall’Egitto, dal Qatar, dalla Giordania, dalla Turchia, dall’Indonesia, dal Regno Unito, dal Canada, dall’Irlanda, dalla Spagna, dall’Italia, dal Giappone, dal Brasile, dal Messico, dalla Norvegia e dal Senegal.
La “Dichiarazione di New York” definisce un piano graduale per porre fine al conflitto che dura da quasi otto decenni e alla guerra in corso a Gaza. Il piano culminerebbe con una Palestina indipendente e smilitarizzata che vivrebbe pacificamente fianco a fianco con Israele e con la loro eventuale integrazione nella più ampia regione mediorientale.
La conferenza, rinviata da giugno e declassata da incontro dei leader mondiali a riunione dei ministri, ha istituito per la prima volta otto gruppi di lavoro ad alto livello incaricati di esaminare e formulare proposte su una vasta gamma di temi relativi alla soluzione dei due Stati.
“Nel contesto della fine della guerra a Gaza, Hamas deve porre fine al suo governo a Gaza e consegnare le armi all’Autorità palestinese, con l’impegno e il sostegno internazionale, in linea con l’obiettivo di uno Stato palestinese sovrano e indipendente”, si legge nella dichiarazione.
“Condanniamo gli attacchi commessi da Hamas contro i civili il 7 ottobre”, aggiunge la dichiarazione. “Condanniamo anche gli attacchi di Israele contro i civili a Gaza e le infrastrutture civili, l’assedio e la fame, che hanno provocato una catastrofe umanitaria devastante e una crisi umanitaria”.
La dichiarazione fa seguito alla richiesta avanzata lunedì dalla delegazione dell’Autorità Palestinese alle Nazioni Unite affinché Israele e Hamas lascino Gaza, consentendo all’Autorità Palestinese di amministrare il territorio costiero.
Il testo condanna inoltre gli attacchi israeliani a Gaza che hanno causato la morte di civili, e il possibile dispiegamento di forze straniere per stabilizzare Gaza dopo la fine delle ostilità.
Le richieste a Israele
Un aspetto però critico della dichiarazione è che essa ribadisce il “diritto al ritorno” dei palestinesi nei luoghi in Israele da cui sono stati espulsi o hanno lasciato in seguito alla creazione dello Stato di Israele nel 1948, un concetto respinto dai governi israeliani che si sono succeduti: sono infatti circa 5 milioni i palestinesi nel mondo (di seconda e terza generazione, bene inseriti in altre nazioni) che potrebbero rivendicare il diritto a tornare. Il testo ha inoltre sollecitato la ricostruzione dell’economia palestinese e la rimozione di materiale incitante all’odio dai programmi scolastici dell’Autorità palestinese, una richiesta rivolta anche a Israele.
Inoltre, essa esorta la leadership israeliana a «assumere un chiaro impegno pubblico a favore della soluzione dei due Stati, compreso uno Stato palestinese sovrano e vitale, a porre immediatamente fine alla violenza e all’incitamento contro i palestinesi, [e] a cessare tutte le attività di insediamento, appropriazione di terre e annessione nei territori palestinesi occupati, compresa Gerusalemme Est».
La dichiarazione si impegna ad adottare misure restrittive nei confronti dei coloni estremisti violenti e di coloro che sostengono gli insediamenti illegali, nonché misure mirate «contro entità e individui che agiscono contro il principio della risoluzione pacifica della questione palestinese, attraverso la violenza o atti di terrorismo, e in violazione del diritto internazionale». Descrive inoltre l’integrazione regionale e l’indipendenza dello Stato palestinese come «obiettivi interconnessi».
La richiesta di riconoscere lo Stato di Palestina
Il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato prima dell’incontro che il suo Paese riconoscerà lo Stato palestinese durante la riunione dei leader mondiali dell’Assemblea Generale alla fine di settembre.
Il documento è stato pubblicato il secondo giorno della conferenza di New York, durante la quale la Gran Bretagna ha annunciato che riconoscerà lo Stato palestinese a settembre, a meno che Israele non interrompa i combattimenti a Gaza e si impegni in un processo di pace che porti a una soluzione con due Stati. Prevista per due giorni, la riunione è stata prorogata a mercoledì perché circa 50 paesi non hanno ancora preso la parola.
Il rifiuto di Israele e Usa
Il primo ministro Benjamin Netanyahu si oppone alla soluzione dei due Stati e ha respinto l’incontro per motivi nazionalistici e di sicurezza. Anche gli Stati Uniti, stretti alleati di Israele, boicottano l’incontro, definendolo “improduttivo e inopportuno”.
Martedì sera l’ambasciatore israeliano all’ONU Danny Danon ha criticato aspramente i circa 125 paesi che partecipano alla conferenza, affermando che “ci sono quelli che combattono i terroristi e le forze estremiste e poi ci sono quelli che chiudono un occhio o ricorrono all’appeasement”.